CAPITOLO 36

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La festa di beneficenza pt.1

Jennifer

Stasera c'è la festa di beneficenza e la voglia di andarci è praticamente pari a zero, soprattutto per il fatto che devo andarci con Matt. Ormai è quasi un mese, che lo evito sia al lavoro che a casa, e quando cerca di tirare in ballo la situazione, in qualche modo riesco sempre a fuggire. Tranne ora.

Sono sul divano in salotto con Romeo sulle gambe e sto controllando gli ultimi clienti dell'azienda, quando sento la sua presenza alle mie spalle.

«Possiamo parlare?» mi chiede, ma io lo ignoro continuando a leggere la stessa riga, a ripetizione. «Jenny, io ti ho chiesto scusa tante volte e non so più cosa fare» mormora, e la sua voce è uno strazio per le mie orecchie. Ma sono stanca di sentirmi in colpa perché non voglio rivolgergli la parola.

Mi volto nervosa verso di lui e lo guardo negli occhi «è questo il punto, non mi devi chiedere scusa, mi devi lasciare solo in pace, finché siamo nel privato possiamo anche non fingere» sibilo lanciandogli un'occhiataccia furente. Perché la cicatrice è ancora fresca e brucia, continuando a ricordarmi quanto lui mi faccia sempre male.

Si passa una mano fra i capelli e mi guarda confuso «se davvero non t'importa nulla, allora perché c'è l'hai con me? Perché mi eviti? Se davvero non ti importa...perché non mi parli?».

Inspiro profondamente e poso Romeo per terra prima di alzarmi afferrando i fogli che ho lasciato accanto a me, prima di affrontarlo dopo troppi giorni.

«Matt forse dovresti fartela a te stesso la domanda, visto che non hai retto il senso di colpa, ubriacandoti e rendendoti uno straccio» lo incolpo, vedendo un lampo di tristezza nei suoi occhi. Sbuffo e abbandono le braccia lungo il corpo «abbiamo di nuovo attraversato quella linea, perciò per ora, è meglio se stiamo lontani» concludo.

Mi giro su me stessa, pronta a scappare, ma lui mi afferra il braccio, impedendomi di fuggire. Faccio un bel respiro e mi trattengo dal non urlare, anche perché sarebbe inutile.

«Sarebbe una cosa così terribile se succedesse qualcosa tra di noi? Pensavo che ormai fossimo arrivati ad una svolta, io e te Jenny siamo...» esita e il mio cuore per un attimo smette di battere, e mille domande si insinuano nella mia mente.

Non è l'atto in sé che mi preoccupa, ma il dopo, cosa succederebbe dopo? Diventerebbe una storia di sesso o una notte e via? Ma più importante, dopo i trecentosessantacinque giorni, cosa accadrebbe?

«Io e te non siamo assolutamente nulla» sussurro finendo la sua frase. Sussulta e annulla il nostro contatto indietreggiando come colpito al petto.

«Ho capito, quando sarai pronta ad affrontare una conversazione, fammelo sapere» dice a denti stretti, per poi voltarmi le spalle rifugiandosi nel suo ufficio.
Ancora arrabbiata salgo le scale facendo rimbombare ogni mio passo, e poi entro nella mia stanza. Mi appoggio contro la porta e sospiro, mentre una lacrima solitaria cede al mio controllo scorrendo sulla mia guancia.

Ma il mio cellulare vibrare nella tasca dei pantaloni, mi risveglia dai pensieri. «Ehi tesoro» la voce di Tess mi rilassa all'istante e un sorriso mi spunta sul volto. «Ehi» sussurro triste, per poi avvicinarmi al letto, notando solo ora che posata sopra c'è una scatola celeste, con sopra un fiocco oro.

«Anche per me è un piacere sentirti» commenta lei, notando il mio tono poco accondiscendente.

«Scusa, ho appena discusso con Matt» ammetto, per poi sfilare il nastro con cura, come se avessi paura di romperlo.

«Che cosa ti ha detto ancora quel bastardo?» chiede arrabbiata, e per poco non rido al pensiero di quando gli ho raccontato di Carrie, da uomo bellissimo e affascinante, con cui dovevo andare a letto, è diventato un bastardo senza cuore.

«Niente per cui dargli importanza» farfuglio e metto il vivavoce appoggiando il cellulare sul letto, per aprire finalmente la scatola. Trovo un biglietto dalla carta satinata:

Per la mia Jenny, stasera sarai la mia principessa.

Al pensiero della nostra conversazione il mio cuore si stringe, perché quando sono arrabbiata con lui, alla fine fa gesti del genere? Sposto la carta velina dal colore giallastro e noto un tessuto argentato sul fondo della scatola.

Tess continua a parlare ma io la ignoro, mentre tiro su il vestito di una stoffa morbida e liscia.

Delle spalline fini reggono il vestito incrociandosi dietro e lasciando la schiena quasi totalmente nuda. Sposto lo sguardo sulla lunghezza, arriva più o meno fino al ginocchio, con un piccolo spacco sul lato sinistro. Infine come ciliegina sulla torta, annessa c'è una leggera cintura da mettere sotto al seno, pieno di pietruzze trasparenti ma leggermente perlate.

«Mi ha regalato un vestito!» farfuglio e Tess smette di parlare per qualche secondo.

«Chi?» chiede leggermente alterata, probabilmente per il fatto che non la stessi minimamente ascoltando.

«Matt, mi ha regalato un vestito per stasera» la informo, ancora incantata dallo spettacolare abito di sartoria. Ed ancora una volta ha fatto centro.

«Non metterlo!» mi ordina con tono secco.

Trattengo una smorfia, mentre guardo il vestito con dispiacere «e perché mai? È così bello», chiedo ingenua, per poi posarmi il tessuto addosso, guardandomi allo stesso tempo nello specchio di fronte.

«Perché se lo fai, è come se gli facessi capire che lo hai perdonato, e che può tranquillamente riprovare a infilarsi nelle tue mutandine!» esclama infastidita. Per poi continuare con le sue ragioni, ma io non la sento.

Scuoto la testa esasperata e mi sposto nel guardaroba portandola con me.

«Vedi troppi film Tess...è solo un vestito! E poi non ho nient'altro da mettermi per un ballo, e l'abito da sposa non mi sembra il caso», commento e la sento sbuffare. «Fai come vuoi, io ti ho avvisata, ma in ogni caso dopo esigo una foto!» ordina di nuovo, e io sorrido, contenta della mia vittoria.

Dopo aver infilato il vestito, mi godo per qualche secondo la sensazione soffice e morbida contro la mia pelle. Come se fosse una dolce carezza o meglio ancora una seconda pelle.

Infilo i sandali bianchi e alti, che ho trovato nell'armadio, con dei lacci che richiamano le spalline intrecciate dietro alla schiena.

Per finire, indosso la cintura che subito valorizza il tutto, catturando affamata tutta la luce per poi farla risplendere per tutta la stanza.

Lascio i miei capelli sciolti, con dei boccoli che cadono leggeri sulle spalle fino ad arrivare al seno. Poi faccio un trucco leggero sugli occhi, ma aggiungo un rossetto rosso, che accentua il tutto. Non mi riconosco, osservo il mio riflesso e non mi sento più me stessa.

Sono cambiata tantissimo in così poco tempo, e la cosa non mi spaventa. Non sembro più una normale ragazza di ventiquattro anni, ora sono una moglie trofeo, una di quelle donne, che io tanto criticavo.

Scuoto la testa, sperando di eliminare questi pensieri così veri, e faccio una foto con la linguaccia per Tess, prima di uscire dalla stanza.

Il silenzio governa il corridoio vuoto, mi chiedo se Matt mi stia aspettando al piano di sotto o se è ancora nella sua camera a prepararsi.

«Buonasera signora Dallas» sobbalzo dallo spavento, e mi guardo intorno, per poi incrociare gli occhi dolci di una donna di mezz'età un po' minuta, la nuova Frederick.

«Scusi non volevo spaventarla» si affretta a dire con apprensione nella voce. Sorrido, e mi avvicino osservandola con un sorriso sul volto «stai tranquilla Joyce, ero sovrappensiero, come ti stai trovando qui?» gli chiedo e lei arrossisce leggermente.

«Bene signora Dallas» si affetta a rispondere, rispondendo al mio sorriso. Sospiro e le poso una mano sulla spalla «per favore chiamami Jennifer» le chiedo gentilmente. Ancora qual nome mi fa sussultare, e credo proprio che non riuscirò ad abituarmi entro l'anno.

Ma lei scuote la testa «preferisco continuare a chiamarla signora Dallas, se non la disturba ovviamente» mormora con tono dolce. Annuisco pronta a non controbattere e mi sposto facendola passare «buona serata Joyce», sussurro. «Buona serata signora Dallas», per poi sparire lungo il corridoio.

MIA PER 365 GIORNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora