CAPITOLO 5

27.9K 900 43
                                    

Jennifer

La proposta

Guardo il fatiscente palazzo di vetro e deglutisco, posso farcela, infondo devo solo prendere i soldi per la mia auto e poi andarmene, senza più voltarmi indietro.

Il cuore mi rimbomba nelle orecchie e lo stomaco si chiude in una morsa, mentre lentamente mi avvicino alla reception.

L'atrio in cui mi trovo è molto grande e l'effetto che provo appena entro è di una strana freddezza. C'è fin troppa perfezione, forse sono le pareti bianche oppure il comportamento così silenzioso e frigido dei dipendenti. Osservo il pavimento in marmo su cui i miei stivali tacchettano, anch'esso di un bianco quasi accecante, però con delle bellissime venature di un grigio chiaro, che però dona a questo posto una certa profondità.

Costerà tantissimo, quasi vorrei camminare più lentamente per non rovinarlo. Tutto in questo posto dice ricchezza, dai giganteschi lampadari, ai divani in pelle, per non parlare del bancone gigantesco della reception anch'esso in marmo però scuro. Sono così abbagliata da questo posto che mi rendo conto all'ultimo che ho qualcuno davanti.

Una donna dai cappelli biondissimi tirati un una coda di cavallo, in un tailleur anche questo di un'accecante bianco.

Intercetta il mio sguardo e mi accoglie con un sorriso, appena accennato «cosa posso fare per lei?» mi chiede e io non esito a parlare. Dopotutto mi sono ripetuta questa frase un centinaio di volte in auto. Mi sono anche già preparata il dialogo che farò con Matthew, conciso e veloce. Perché altrimenti so già che potrei confondermi o dimenticarmi l'obbiettivo primario.

Sono un po' psicopatica? Forse.

«Devo incontrare Matthew Dallas, mi ha chiesto di venire qui».

Il suo sorriso di benvenuto si trasforma in una smorfia che occupa il suo viso, ma solo per qualche secondo, prima di ritornare impeccabile. Che cosa ho detto di male?

Si mette gli occhiali, per poi guardare il registro davanti a sé, schioccando la lingua prima di parlare.

«Lei è Jennifer giusto?» annuisco sorpresa dal fatto di essere nell'agenda, sapeva che sarei venuta, il solito altezzoso.

«Prenda l'ascensore, fino all'ultimo piano, poi chieda pure alla segretaria che troverà fuori dalla porta» mi informa per poi indicarmi l'ascensore, tornando subito al suo lavoro, ignorandomi, come se non fossi mai esistita.

Ancora confusa dallo strano incontro mi dirigo verso l'ascensore. La mia mano trema mentre premo la freccetta verso l'alto. E se va tutto male? Se questa è solo una trappola? Forse leggo troppi gialli, devo calmarmi.

Schiaccio il numero cinquanta e mentre le porte dell'ascensore si chiudono mi sento come se il mondo esterno si allontanasse lentamente, lasciandomi in questa bolla di attesa.

Mi poso una mano sul cuore, e mentre i numeri continuano a salire, insieme sale anche la mia ansia e la mia paura.

Perché anche se non lo ammetterò mai ad alta voce, quell'uomo ha uno strano potere su di me, e questo non mi piace per niente.

Dopo qualche minuto e cinquanta piani, mi ritrovo in cima alla torre, aspettando di vedere il drago e sperando di uscirne viva.

Quando mi avvicino alla segretaria stranamente dai capelli scuri e con un abito nero, noto che mi guarda dalla testa ai piedi e poi mi fa un sorriso forzato. Certo che qui sono tutte molto simpatiche. In risposta mi indica la porta in fondo al corridoio con la mano, senza nemmeno guardarmi negli occhi «vada pure, è libero in questo momento» mi informa, per poi tornare a guardare lo schermo del computer che riversa sul suo viso una luce bianca, anche lei come se all'improvviso non esistessi più.

MIA PER 365 GIORNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora