CAPITOLO 6

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Jennifer

La scelta

«Sei sicuro di non poter venire alla cena?» chiedo ad Aiden, mentre parcheggio davanti alla casa dei miei genitori.

«Perdonami piccola, George mi ha aggiunto altre due ore, magari posso conoscerli la settimana prossima, possiamo invitarli a casa nostra», propone e l'ansia che mi era salita per tutto il viaggio, all'improvviso sparisce, facendomi finalmente respirare. Sorrido e smetto di ascoltarlo, il sollievo è come una ventata di aria fresca in una giornata afosa d'estate.

«Certo, poi organizziamo», lo saluto velocemente, e chiudo la chiamata. Spengo l'auto, slaccio la cintura e mi appoggio al sedile respirando profondamente, preparandomi come ogni settimana a vedere mio padre diverso, debole e malato...l'idea già mi uccide.

Mi osservo nello specchietto retrovisore, controllando la mia espressione e piantandoci un bel sorriso d'apparenza. Deve vedermi felice, anche se non lo sono. Un bel sorriso. Cerco il lucida labbra nella borsa, ma la prima cosa che afferro e un foglietto. Abbasso lo sguardo e noto l'assegno di Matthew. Io non l'ho preso, com'è possibile che sia qui?

Gli ultimi attimi di oggi, mentre eravamo davanti alla porta...ero così concentrata sulla sua vicinanza che non ho guardato le sue mani, bensì i suoi occhi. E mentre mi distraeva con il suo fottuto magnetismo è riuscito ad infilarlo nella borsa.

Riguardo l'assegno, ventimila dollari è una cifra assurda. Non posso accettarli e ora dovrò incontrarlo di nuovo, per restituirglielo. Puoi stracciarlo...

Un problema alla volta.

Prendo coraggio e scendo dall'auto, attraverso il piccolo giardino dall'erba giallastra e dai fiori appassiti, per poi citofonare.

Una volta questa casa era bellissima, mio padre e mia madre amavano prendersi cura del giardino e dei fiori, mentre ora questo posto sembra quasi, che stia morendo insieme a lui.

All'improvviso, un senso di colpa mi colpisce in pieno petto. Oggi avevo l'opportunità per salvare mio padre, proprio davanti a me, ma accecata dall'orgoglio e dal mio egoismo, non ho pensato alla vita di mio padre, che con l'aiuto di Matthew Dallas, potrebbe allungarsi ancora per un po'.

L'idea di tornare subito in quel ufficio e accettare la proposta, mi coglie all'improvviso, ma la porta davanti a me si apre e mia madre mi invita ad entrare, interrompendo i miei pensieri.

Indossa una tuta blu, i capelli biondi legati in una coda di cavallo e il viso sciupato e pieno di rughe.

L'abbraccio e trattengo le lacrime. Ancora per un po', devo resistere. «Ciao mamma», sussurro e lei mi accarezza dolcemente la schiena.

«È bello rivederti Jennifer», guarda la porta ancora aperta alle mie spalle, e fa una smorfia. «Ancora nessuno che riesce a sopportarti?» mi chiede sarcastica, mentre io mi mordo il labbro. «No, sono troppo pretenziosa» rispondo, restando al gioco.

«Sì, sei proprio una zitella», la voce di mio fratello Chad alle mie spalle mi coglie di sorpresa, e voltandomi mi getto fra le sue braccia. Lui mi solleva in aria e mi fa girare, facendomi urlare «pensavo fossi ancora Los Angeles», mormoro sorpresa e il suo sorriso sparisce a sentire quelle parole.

«Sì, ma poi ho saputo di papà e sono tornato». Annuisco e gli lascio un bacio sulla guancia, per poi indietreggiare «a proposito, vado a salutarlo».

Con passi esitanti mi dirigo verso il salotto, e da lontano noto già la sua testa, ormai bianca ma rada, spuntare dalla sua amata poltrona verde, mentre in sottofondo sento il rumore di una partita di football. Tolgo una lacrima dalla guancia e respiro profondamente, prima di avvicinarmi a lui. «Ciao papà», sussurro smielata. A sentire la mia voce si volta e il mio cuore si spezza.

MIA PER 365 GIORNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora