CAPITOLO 55

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Scusate per il ritardo, prometto che cercherò di recuperare in questi giorni. La parte due di questo capitolo arriverà presto. Grazie per avermi aspettato.

La punizione? Pt.1

Jennifer

«JENNIFER!».

La sua voce all'entrata mi raggiunge come un boato che preannuncia una devastazione.

7 minuti e 40 secondi. Il mio nodo dev'essere stato davvero efficiente, anche se sono stata distratta dalla sua bocca, cosa che però mi ha dato l'occasione di legarlo, senza che se ne accorgesse. Sinceramente non pensavo che il mio piano funzionasse così bene, pensavo che se ne accorgesse, per poi portarmi fuori dall'auto in braccio. Invece...

Sento i suoi passi pesanti salire su per le scale, mentre tremo pronta ad affrontarlo.

E dopo 1 minuto e 25 secondi ecco che la porta della biblioteca si spalanca, così ferocemente che le cerniere stridono così forte che ho paura che si rompano, sganciandosi dal telaio.

«Hai bisogno?» chiedo, cercando di mantenere una calma che non ho. Sono sul divano, con le gambe accavallate, ancora vestita come prima, e con il primo libro che ho afferrato aperto sulle mie gambe, su una pagina casuale.

Il suo petto si alza frenetico allargando la sua camicia sgualcita e il suo sguardo è un misto di rabbia e lussuria, che sembra distruggere tutte le mie fondamenta e il mio autocontrollo.

So a cosa porta e non vedo l'ora.

«Bisogno?! Tu...tu ora pagherai le conseguenze delle tue azioni» minaccia, ma il piccante del suo tono, fa vacillare la sua rabbia.

Stringo di più le gambe e deglutisco, mentre mi trattengo dal raggiungerlo, voglio giocare ancora un po'.

«Azioni? Davvero caro, non riesco a capire di cosa stai parlando» obbietto, spostandomi una ciocca ribelle dietro all'orecchio. Lui ringhia e proprio come un predatore si avvicina lentamente e analizzando le prossime mosse della sua preda.

Ma oggi non sarò il dolce agnellino, (lo sei mai stata?) oggi siamo sullo stesso livello.

«Cara, vuoi che ti rinfresco la memoria?» chiede tirando fuori la cravatta rossa, completamente sgualcita, dalla tasca dei pantaloni. Trattengo un sorriso e mi mordo il labbro, osservando i suoi smeraldi scintillanti.

«Ah per quello? Era uno scherzo innocente...» mento e la sua mascella scatta, mentre mi fulmina con quelli che lui chiama occhi, e che io chiamo: ultima invenzione per il controllo e l'ipnosi della mente. Non sono una complottista, ma devo ammettere a me stessa che non è normale il potere che ha su di me.

«Scherzo innocente certo... tu non sai cosa ti aspetti, alzati Jennifer dobbiamo andare in un posto» mormora con tono basso, anche se le sue parole mi arrivano addosso come un fuoco lento, che brucia silenziosamente ma inesorabile, consumando ogni mia certezza.

«Vorrei ricordati che tu hai detto che questo posto è il mio "luogo sicuro", non puoi dirmi ne farmi nulla», farfuglio ma il suo sguardo serio e focoso mi fa vacillare. Cazzo.

«Jennifer...non me ne frega nulla, ora vieni con me o giuro che ti prendo a forza» sibila e il veleno impregna le sue parole.

In risposta mi metto più comoda sul divano, alzando le gambe e piegandole sotto di me, silenziosa ma concisa. Lui si avvicina ancora di più e si china su di me.

«Hai giocato con il fuoco e ora devi affrontare le conseguenze Jenny», mi avvisa con il viso a pochi centimetri dal mio.

«Non credi di essere un po' permaloso? Se è quel periodo del mese posso capirlo e darti spazio tesoro» mormoro ma prima che possa fare altro o continuare con il mio stupido gioco, lui mi afferra e mi butta sulla sua spalla facendo cadere il libro dal busto, che con un rumore sordo cade sul pavimento mezzo aperto.

Perché sempre così devo finire? A testa giù e sulla sua spalla?

«Te lo ripeto non sono un sacco di patate!» mi lamento, muovendo freneticamente le gambe, che però lui ferma con l'altro braccio.

«Il solito tiranno!» urlo indignata, infastidita dal suo silenzio.

Urlo di disperazione, mentre lui scende giù per le scale torna verso l'auto dal quale siamo usciti poco fa e dal quale noto già William alla guida. Sempre queste situazioni imbarazzanti.

Mi fa scendere ed entrare nell'abitacolo attento a non farmi battere la testa contro alla carrozzeria, per poi farmi sprofondare sul sedile.

«Andiamo via di già?» chiedo cercando di agguantare il suo sguardo. Fa scattare la mandibola e tira su il divisorio, senza prima dare il permesso a William per partire.

Ora inizio ad avere paura. Leggermente.

Effettivamente è la prima volta che lo sfido a questo punto.

Mi aveva avvisato, attenta a giocare con il fuoco o ti brucerai.

Ma sto bruciando lentamente da quando l'ho rincontrato, senza vedere il pericolo, osservando le fiamme e crogiolandomi nel calore.

Si volta e quello che trovo nei suoi occhi, mi fa mancare il fiato. Desiderio, rabbia e un divertimento oscuro che ancora non comprendo.

«Cosa ne farai di me?» gli chiedo appoggiandomi contro al sedile e accavallando le gambe, cercando di mostrare un certo controllo all'esterno, mentre dentro di me sto implodendo.

Con non so quale forza mi sto trattenendo dal l'avvicinarmi e saltargli addosso come poco fa.

Si morde il labbro e riesco a notare i suoi incisivi affondare in quella bocca carnosa, per poi lasciarlo andare, umido e arrossato.

Ci studiamo a vicenda, in una tortura infinita, pronto a vedere chi sarà il primo a cedere.

«Tu non puoi nemmeno immaginare cosa ti aspetta», minaccia di nuovo. Eppure invece che amara, mi arriva dolce e piccante.

Cedo per prima, mi avvicino lentamente e lo affianco appoggiandomi contro di lui.

«Sempre così serioso signor Dallas, dovrebbe sorridere di più», sussurro per poi accarezzargli la guancia leggermente ispida dalla barba di qualche giorno.

Voltando leggermente la testa afferra il mio dito nella sua bocca per poi mordicchiarmi il polpastrello.

«Non è così facile quando tua moglie ti fa perdere la ragione» sussurra e qualcosa si smuove in me, come ogni volta che mi chiama moglie.

So che è una cosa stupida, ma ogni volta il mio cuore inizia a fare una capriola mortale nel mio petto e un chicco di speranza si aggiunge ai miei sogni, che molto presto si infrangeranno come vetro sotto un martello.

Però ho deciso che non penserò al countdown, non penserò a come mi distruggerà la separazione, o a come sarà la mia vita senza la sua presenza.

Ho deciso che mi godrò ogni attimo, ogni bacio, ogni carezza, ogni cosa che deciderà di darmi. Perché la vita è breve, il tempo con lui è breve, e non voglio sprecare nemmeno un secondo a piangere o a deprimermi.

«Addirittura perdere la ragione?» gli domando canzonante per poi perdere il naso contro il suo collo, perdendomi nel suo profumo e nel suo calore.

«Mi stai prendendo in giro? No perché non stai migliorando la tua posizione in questo momento» mi avverte e la sua mano scivola sulla mia coscia per poi entrare sotto al tessuto, accarezzandomi la pelle dolcemente.

«Se si tratta di una posizione, posso rimediare» mormoro e in poche mosse mi rimetto a cavalcioni su di lui, come prima. Ringhia contro la mia pelle, per poi stringermi a sé in una morsa letale e dolce.

«La mia rovina», mormora per poi baciarmi affogando in me. In una lotta di lingue e ansiti, le sue carezze si fanno spazio sul mio corpo. Inizio a strusciarmi contro di lui, sentendo la sue erezione contro la mia, ma prima che possa fare altro, lui mi fa scendere dalle sue cosce e mi sdraia sui sedili, facendomi mancare il fiato.

Dalla sua tasca tira fuori la famosa cravatta rossa, stropicciata e in un groviglio, provocandomi un sorriso beffardo sul viso.

«Cos'è vuoi legarmi? Tutto qui?» lo sfido. Ridacchio per poi trattenere una risata mordendomi il labbro.

«Chiudi gli occhi» dice, senza remore e con tono fermo.

MIA PER 365 GIORNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora