Jennifer
Accetto
Quando entro nell'enorme palazzo, sento un peso nello stomaco che a ogni passo sembra aumentare. Che diavolo sto facendo?
Mi passo una mano fra i capelli, all'improvviso esitante.
Sto davvero per accettare una proposta, che implicherà di sposarmi un uomo, che odio?
Mi fermo, in mezzo alla grande entrata, mentre decine di persone mi passano accanto, ignare della battaglia in corso nella mia testa. Una parte di me, vorrebbe correre subito via da questo posto, dimenticarsene e continuare con la mia vita. Ma l'altra parte, quella che mi fa battere freneticamente il cuore, vuole accettare, aiutare mio padre...ma anche aiutare me stessa, e questo mi spaventa.
"Ti vuoi vendere ad un uomo per soldi, ti consideravo meglio di così". Le parole di Aiden mi tornano in mente come un pugno sullo stomaco. Forse ha ragione.
Ma allora, perché sento il dovere di farlo? Ancora ferma a fissare il vuoto, la donna che mi aveva indicato la strada ieri, mi raggiunge con passo svelto.
«Signorina Miller?» chiede guardandomi confusa «si ricorda il mio nome?» alza gli occhi al cielo e io la guardo male, alla faccia dell'accoglienza. «Il signor Dallas l'ha detto che sarebbe tornata», che uomo maledettamente sfrontato e arrogante.
Forza Jennifer, è solo un anno di matrimonio, dopotutto. 365 giorni, cosa saranno mai?
«Lo stesso piano di ieri» borbotta, per poi tornare al suo trono, dal color bianco avorio. Che brutto caratteraccio. Non riesco a capire se sono io ad infastidirla, o se a stargli antipatico è il malefico diavolo, all'ultimo piano. Probabilmente sono io, e forse m'invidia un po'.
Ogni piano mi sembra un passo verso la mia fine, verso le sue grinfie, verso il mio passato. Ancora non ci credo che sto per farlo.
Uscita dall'ascensore faccio un bel respiro e mi avvicino alla donna fuori dall'ufficio, non è la stessa di ieri.
Una donna sui trent'anni, dai corti capelli corvino, con grossi occhiali rosso cremisi e con uno sguardo tagliente, come le sue forbici accanto alla tastiera del computer.
«Salve, so che non ho un appuntamento, ma devo vedere il signor Dallas», sussurro ma con voce sicura.
Lei mi guarda attentamente, per poi spostare lo sguardo sul monitor, in modo svogliato «in questo momento è ad una riunione, ma può aspettarlo qua fuori» mi informa, indicandomi delle poltrone, per poi tornare a guardare lo schermo.
Ringraziandola vado verso le poltroncine vicino alle vetrate, che danno sullo skyline di New York.
Tutto sembra così importante visto da così in alto. Gli alti grattacieli sovrastano la città, mentre più in basso le automobili riempiono le strade, creando una miscela di colori. Intorno, centinaia di persone che camminano velocemente, però troppo lontane, per distinguere le loro caratteristiche.
Amo New York, la sua frenesia, la sua anima e la vastità di persone che riempiono questa magnifica isola. Socchiudo gli occhi, per qualche attimo, ma una voce che ormai è molto familiare mi solletica le orecchie. «Jenny, sei tornata».
Mi volto e lo trovo in piedi, con dei fogli in mano, che mi guarda sorpreso. Che attore, sapeva benissimo che sarei venuta, eppure riesce a fare una faccia stupita. Il fatto che sa sempre tutto su di me, sebbene non ci vediamo da anni, mi infastidisce.
«Possiamo parlare?» gli chiedo e lui annuisce per poi farmi segno di seguirlo, verso il suo ufficio. Una volta entrata resto in disparte e vicino alla porta, mentre lui si appoggia sulla sua lucida scrivania. Mi sembra di vivere un déjà-vu.
«Dimmi tutto» chiede e all'improvviso tutto il discorso che mi ero preparata, sembra dissolversi dalla mia mente, come sabbia tra le dita, tu cerchi di acchiapparla, ma in qualche modo sfugge sembra via.
«Jenny stai bene?» mi chiede e io annuisco, mentre non riesco a smettere di intrecciare le mani dall'agitazione.
«La tua proposta è ancora valida?» gli chiedo con voce agitata, e sull'orlo di una crisi di nervi.
Sollevo lo sguardo e osservo il suo comportamento. Si alza in piedi e mi guarda negli occhi con fare sorpreso, senza però trattenere un leggero sorriso di soddisfazione. «Sì» risponde senza esitare.
Mi ritrovo ad annuire, mentre il panico mi attanaglia «ho cambiato idea...accetto» rispondo, stranamente senza tremare.
Un sorriso malizioso gli illumina il viso, facendo brillare i suoi occhi verdi. «Ma ho delle condizioni» mormoro, prima di farlo parlare.
Lui ritorna serio, nella sua versione di proprietario di un'azienda multimilionaria, senza staccare lo sguardo dal mio. Si liscia la giacca per poi incrociare le braccia al petto, mettendo in risalto i suoi muscoli, che si tendono sotto agli strati della giacca. Resta concentrata.
«Certo, sono curioso di sentirle», mi confida con tono mellifluo. Deglutisco, spostando lo sguardo sul panorama dietro di lui per potermi concentrare. «Voglio farlo bene, voglio che mio padre mi accompagni all'altare anche se è finto, voglio farlo per lui» gli rivelo, soffocando le lacrime che minacciano di uscire.
Non voglio farmi vedere debole da lui, non un'altra volta. Si avvicina a me e io trattengo il respiro, osservando ogni suo minimo movimento. I passi che si avvicinano sembrano quelli di un predatore, che si preparano ad attaccare la sua vittima, lenti e felpati, ma che nascondono potere.
Il mio battito cardiaco aumenta, mentre si ferma davanti a me e mi prende una mano, accarezzandola dolcemente. Cosa sta facendo? Vorrei togliere questo contatto, ma è così calmante la sua carezza, che dopo quello che ho passato in questi giorni è quasi risanante.
«Se è questo che vuoi, lo avrai, ma attirerai la stampa, i giornalisti scaveranno nel tuo passato e tutti sapranno del nostro matrimonio, anche se per noi è finto». Mentre mi avvisa la sua voce è calda, quasi come un abbraccio sulla mia pelle.
Deglutisco ed esitante annuisco, ho già pensato a tutte le sfaccettature di questa mia pericolosa scelta.
«Posso farcela, infondo è solo un anno», un interminabile anno.
Lui sospira profondamente e annuisce, senza staccare il contatto con le nostre mani. Perché non ho ancora interrotto questo contatto?
«Altre condizioni?» mi chiede e io annuisco, per poi rabbrividire dall'imbarazzo. Cioè è sottointesa questa cosa...ma con Matthew Dallas niente è sicuro.
«Niente sesso», chiarisco con un filo di voce. In risposta fa una risatina e si allontana lasciando la mia presa.
«Tranquilla Jenny, non ti avrei comunque toccata, nemmeno con un dito», mi avvisa, e un'improvvisa e strana irritazione inizia a scorrermi nelle vene, fomentando la mia agitazione.
«Bene, chiamami per quando sarà la data» mormoro per poi afferrare la maniglia della porta, pronta a uscire da questa stanza e allontanarmi il più possibile da lui. Se non riesco a stare cinque minuti ora con lui, come farò ad affrontare un anno?
Ma la sua voce mi ferma e io mi volto, incontrando il suo viso «fra due settimane, va bene per te?» un allarme rosso si accende nella mia testa, pietrificandomi all'istante.
«Che cosa?! Pensavo alcuni mesi, non giorni» commento incredula, guardandolo sogghignare. Quanto vorrei togliergli quel sorrisetto. «Devo farlo entro la fine dell'anno, siamo agli inizi di dicembre, perciò due settimane ti andranno bene, giusto?» domanda mentre io non smetto di guardarlo scioccata.
Davvero crede che possa organizzare un matrimonio, in così pochi giorni? Ma soprattutto crede davvero che possa convincere i miei genitori, che ci amiamo in così poco tempo?
Sospiro profondamente e mi ritrovo ad annuire, stringendo forte la maniglia della porta, così tanto da avere le nocche bianche. «Certo, nessun problema», sussurro, per niente d'accordo.
Senza staccare gli occhi da lui, faccio un sorriso tirato «ma tu domani vieni a pranzo dai miei, non accetto un no come risposta», non gli do il tempo di reagire e rispondere, che esco dalla porta, sbattendogliela in faccia. E mentre mi allontano sorrido, immaginandomi la sua espressione.
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MIA PER 365 GIORNI
ChickLitMIA PER 365 GIORNI Tratto dal libro :"sposami". Sapete quando si dice fare il patto col diavolo? Jennifer Miller si ritrova a considerarlo, mentre la sua vita sembra cadere a pezzi. Con molti problemi economici e la terribile malattia del padre, s...