CAPITOLO 2

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Matthew

L'eredità

Le mani mi tremano dal nervoso, perciò le nascondo sotto alla scrivania, sperando di non farlo notare. Dieci giorni fa ho sotterrato mio zio Richard, l'unica persona che mi abbia mai amato e a cui sia mai interessava la mia vita. E ora sono in questo dannato ufficio, che sembra essere uscito dalla peggiore serie tv sugli avvocati, per aprire il suo testamento.

Ma l'unica cosa che vorrei fare è rifugiarmi nel mio studio per poter annegare nel lavoro, perché al momento la realtà è più soffocante. 

Una fitta al cuore mi fa mancare il respiro, come se qualcuno mi tenesse una mano intorno al collo stringendo sempre di più. Mi mancherà quel vecchio bastardo.

Il notaio entra silenzioso nella stanza per poi sedersi nella poltrona marrone davanti a me. Mi soffermo a guardare l'uomo di mezz'età e con i capelli radi, che si sistema i grossi occhiali per poi alzare finalmente lo sguardo su di me.

«Mi scusi per il ritardo signore Dallas», mormora per poi allungare la mano piena di rughe e di macchie della pelle. In risposta la stringo forte, cercando di non far notare il mio disagio.

«Suo zio era una persona meravigliosa e davvero unica, le faccio ancora le condoglianze», sussurra, ricordandomi di quando mi aveva chiamato qualche giorno fa.

Lo ringrazio facendo un assenso con il viso e accennando un sorriso educato. Spero che sia una cosa veloce, penso, sedendomi meglio sulla scomoda poltrona di pelle, che scrocchia sotto al mio peso.

«Devo avvisarla che suo zio aveva modificato l'eredità due mesi fa, e le clausole che ha aggiunto sono particolari. In trent'anni di carriera non mi è mai successa una cosa simile», ammette e noto una certa ironia nel suo sguardo, che sparisce appena nota il mio. Questa sua premessa non mi piace per niente. Deglutisce e poi si schiarisce la voce posandosi la mano a pugno davanti alla bocca.

«Bene cominciamo, questa è per lei, deve leggerla prima del testamento», mormora per poi porgermi una busta giallastra, chiusa con della ceralacca rossa.

Proprio da lui. Era una sua tradizione, odiava scrivere email, a dire il vero odiava qualsiasi interazione con l'informatica. Perciò ogni volta comunicava con le lettere, anche per le informazioni più importanti. E ogni volta, accendeva una candela e poi riempiva l'aria con quell'inconfondibile profumo di cera.

Da piccolo lo guardavo incantato mentre toglieva il timbro, rivelando il sigillo con le sue iniziali. R.D.

Un'altra fitta. Con il dito sfioro il rilievo delle sue iniziali, sentendo ogni scanalatura. Mi sembra quasi di sentire il suo profumo impregnato nella carta.

Stringo i denti e finalmente spacco il sigillo, aprendo la busta, per poi tirare fuori la lettera. La prima cosa che noto è la sua grafia, che come sempre è nitida e leggibile, sebbene in un fitto corsivo. E poi noto la data in cui l'ha scritta, tre giorni prima di andarsene.

Butto giù il magone e mi costringo a leggere.

Figliolo, ormai posso chiamarti così, no? Ti ho

cresciuto, ti ho formato e ti ho amato così tanto. Ma in

questa lettera non voglio essere smielato. Non so quando

me ne andrò, ma la malattia prosegue e ho un brutto presentimento.

Perciò mi sono detto, perché non sistemare tutto anche

da morto?

Matthew tu sei un uomo brillante, intelligente e sei il

migliore imprenditore che io conosca. Dopotutto ti ho

MIA PER 365 GIORNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora