CAPITOLO 25

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3...2...1

Jennifer

Lui ride di nuovo, mentre la sua mano destra scivola lungo la mia schiena, fin troppo veloce per permettermi di assimilare a pieno il tocco, sfiora con le dita il gluteo, senza restarci e poi scende sulla mia coscia. Si ferma e la sua mano si aggrappa alla mia pelle nuda, per poi sollevarmi la gamba, facendomi fare una specie di casquè. Con la testa all'indietro a causa della schiena inarcata, incontro i suoi occhi, rendendomi conto di essere completamente alla sua mercè. Mi osserva attentamente, concentrandomi sul mio petto, per poi scendere verso l'orlo del vestito, dove il vestito sembra essersi sollevato leggermente, per colpa della sua mossa di danza. Con altrettanta velocità mi riporta contro al suo petto, e la sua mano si ferma proprio sopra al mio fondo schiena. Lasciandomi in questo limbo di perdizione, dove non so se volerlo o respingerlo. Mi trovo intrappolata in un vortice di incertezze, incapace di scegliere tra il desiderio e la paura di ciò che potrebbe accadere.

Dannazione, quest'uomo sa come far andare fuori di testa una donna.

«E il tuo desiderio per l'anno prossimo?» mi chiede, mentre la mia testa non smette di girare. Sussulto, colta dalla domanda. Il mio pensiero va a mio padre. Me lo immagino sulla sua poltrona vecchia e rossa, mentre attentamente osserva la televisione, come abbiamo sempre fatto a Capodanno. Ricordo che quando mi veniva sonno per colpa dell'ora, lui mi abbracciava e mi diceva che presto sarebbe arrivata la parte più bella. E quando poi si avverava, incantata rimanevo a guardare i fuochi d'artificio, con lui affianco a me che mi stringeva forte.

Le lacrime che minacciano di uscire, le ricaccio indietro, sbattendo freneticamente gli occhi. Che lui possa stare meglio, è questo quello che desidero.

«Se ora te lo dicessi, non sarebbe più un segreto», rispondo e lui si ritrova ad annuire. «Va bene...allora non ti confesserò il mio», sussurra, e dal suo tono noto qualche allusione, che hanno la meglio su di me, risvegliando la mia curiosità.

«Davvero? Nemmeno un indizio?» propongo, sperando di ricevere qualche briciola. Lui scuote la testa e scoppia a ridere, per poi mordersi il labbro inferiore. Un brivido mi riscuote, ricordandomi quanto era morbido nella mia morsa, e del quasi inudibile gemito che gli era uscito dalla bocca, quando avevo ricominciato a baciarlo.

Delle urla più alte del solito ci risvegliano dal momento, portando a guardarci intorno. Mancano meno di tre minuti.

«Vieni» m'invita, tirandomi per il braccio. Mi porta verso il parapetto e mi appoggia contro, mettendosi alle mie spalle.

«Ti tengo io» sussurra dolcemente, mettendomi le braccia intorno al busto e stringendomi nella sua morsa. «Sicuro? Non è che vuoi buttarmi giù» gli chiedo e lui ride contro la mia schiena, marchiando il suo addome nella mia pelle.

«Seriamente? Ti ho portato fino a qui, in questo posto magico e tu credi che voglia farti del male?». La sua voce dolce e armoniosa, mi entra nella pelle come artigli, lasciandomi il segno.

È vero, lui ha fatto tutto questo per me. Solo per me. Per rendermi felice. Una donna che si è ritrovato ad avere come moglie.

Anche se non era una delle promesse che ha giurato di mantenere. Nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di sostenerci l'un l'altro tutti i giorni della nostra vita...

Non di rendermi felice, non di ascoltarmi o di regalarmi questo. New York ai nostri piedi, allo scoccare dell'anno nuovo.

Volto la testa verso di lui incontrando i suoi occhi, che come due fari verdi attirano tutta la mia attenzione, guidandomi in questa navigazione turbolenta.

«Grazie ancora per tutto questo», sussurro «non sai quanto mi hai resa felice questa sera, non dovevi». Poi mi sollevo leggermente e gli lascio un dolce bacio sulla guancia. Contro il mio corpo sembra irrigidirsi per qualche attimo, che sarebbe risultato impercettibile, se non fossi così in tensione anch'io.

«10...9...8...» sposto lo sguardo sull'enorme palla gigante, che lentamente inizia a scendere, seguendo il countdown. È così luminosa e brillante, attirando tutti gli sguardi agognati.

«3...2...1». Urla generali riempiono l'aria mentre in contemporanea i fuochi d'artificio riempiono il cielo con il loro colori brillanti. Rosso, giallo, arancione, mentre il rumore dei botti sembra risuonarmi in tutto il corpo.

«Auguri Jenny», sussurra lui alle mie spalle. Mi volto di nuovo a guardarlo con il cuore in gola, mentre lui sembra stringermi ancora più forte.

«Auguri Matt», mormoro con tono flebile.

I suoi occhi si spostano sulle mie labbra, e la bolla che si era creata ore fa sembra ritornare a coprirci, lasciando tutto il resto fuori e ovattato. Sono pronta... sono pronta per ribaciarlo. O almeno credo. Ma cazzo se lo voglio.

Il suo viso si china, e sento già il calore delle sue labbra, solo qualche millimetro ancora.

Quando all'improvviso si allontana e cambia direzione, lasciandomi un bacio sulla fronte. La bolla scoppia come un palloncino che si scontra con un ago. E cavolo se fa male.

Come ritornata alla realtà mi stacco da lui e mi riavvicino al tavolo, abbandonandomi sulla mia sedia. Afferro il calice e mando giù quel poco vino che avevo lasciato. Altro, ne ho bisogno altro per poter dimenticare la mia umiliazione, per poter dimenticare che ancora una volta stavo per fidarmi di lui. Per volere lui. Per poi come al solito essere rifiutata.

Matthew

La osservo dormire nel letto che le ho lasciato, senza riuscire a staccargli gli occhi ormai da una decina di minuti. È sotto il piumone, sdraiata sul lato destro, dove un braccio spunta fuori dalle coperte. Osservo la mia camicia che gli ho prestato, che stropicciata gli copre il busto e sorrido.

Appena è uscita dal bagno con addosso quella camicia, per poco non l'ho presa tra le mie braccia per poi sbatterla contro la parete. Era così irresistibile che per controllarmi gli ho detto che sarei stato in terrazzo ancora un po'.

Quando sono tornato lei già dormiva, comprensivo dopo tutto quello che ha bevuto.

Dopo lo scoccare della mezzanotte qualcosa è cambiato, e come in una favola l'incantesimo si è infranto, facendoci allontanare. Si è tirata indietro, ignorandomi per il resto della notte, senza riuscire nemmeno a guardarmi negli occhi.

Mi sdraio accanto a lei facendo attenzione a non toccarla ne a svegliarla. Forse quello che ho fatto oggi non dovrebbe più capitare. Forse stargli così non dovrebbe più capitare.

Forse perdermi nelle sue labbra non dovrebbe più capitare.

Peccato che non faccio mai quello che è giusto.

MIA PER 365 GIORNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora