CAPITOLO 20

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Capodanno pt.1

Matthew

«Cosa vorresti fare?» le chiedo con curiosità. Non ci parliamo dalla mattina del quasi bacio, e la cosa mi sta pesando come un elefante sul petto. Solo perché ho quasi rovinato tutto, non vuol dire che dobbiamo passare l'intero anno ad ignorarci.

E poi dopotutto siamo ancora in "luna di miele" perciò perché non fare qualcosa per la fine dell'anno?

«Non ho idee» risponde senza nemmeno sollevare lo sguardo su di me. Invece rimane concentrata a leggere il libro che tiene fra le mani. I suoi occhi oscillano a destra e sinistra acchiappando ogni parola sulla pagina di carta, ingiallita dal tempo, con un'attenzione a dir poco invidiabile.

Effettivamente, dovrei ritrovare io una certa concentrazione, visto che non riesco a staccare gli occhi da lei.

Si ritrova tutta appallottolata sulla mia poltrona del soggiorno, con la coperta di un bianco candido, che anche se la temperatura della stanza è decisamente alta, non sembra darle fastidio, anzi, più passa il tempo, più il tessuto sembra inglobarla.

I suoi capelli scuri come l'ebano, sembrano brillare sotto la luce del sole, creando un contrasto affascinante con il plaid.

Alcune ciocche più audaci le solleticano le guance, me ne accorgo dal modo in cui spesso soffia sulle suddette ciocche, muovendo in modo a dir poco particolare il suo naso, troppo impegnata anche solo per poter usare una mano.

Quanto vorrei avvicinarmi ora, per potergli spostare i capelli dietro all'orecchio, lasciandogli una dolce carezza. Ma sarebbe un gesto fin troppo intimo e precoce, dopo la mia bravata dell'altro giorno.

«Mi stai ascoltando?» provo a chiedere, più divertito che irritato per la sua totale indifferenza.

«Hai ragione facciamo come vuoi tu» sussurra, per poi voltare una pagina con un semplice movimento.

Dovrei offendermi, eppure eccomi e sorridere come uno scemo.

«Quindi è aggiudicato, allo scoccare all'alba del primo dell'anno, saltiamo giù da un aereo per fare paracadutismo, sono così contento di questa scelta e che tu abbia deciso di affrontare la tua fobia dell'altezza», commento, pronto ad aspettare una sua reazione, che non tarda ad arrivare anche se lentamente.

«Cosa hai detto?» domanda, e finalmente dopo quasi un'ora da quando siamo in questa stanza i suoi occhi incontrano i miei. Ed ora me ne pento. Sono troppo disturbanti.

«Che hai accettato di fare paracadutismo, sono molto felice», commento, sfidandola con lo sguardo.

La vedo deglutire, mentre la sua mente analizza le mie parole con attenzione. Immagino che stia valutando se ammettere che non mi stava ascoltando per nulla o il cercare una scusa plausibile per cambiare il mio piano malefico.

La vedo inserire il segnalibro in stoffa rossa, con un'attenzione quasi maniacale, facendolo aderire bene tra le pagine. Per poi chiudere l'intero libro, appoggiandolo sul mobiletto davanti a sé.

«Sai ora che ci penso, forse è un'idea troppo azzardata, non credi?» mormora, con una nonchalance ammirabile. Mi appoggio contro il divano, lasciando che la morbidezza della stoffa mi avvolga, mentre mi trattengo dal ridere. «Sicura? Mi sembravi abbastanza convinta», mento cercando di tenere la mia messinscena ancora per un po'.

«Sì credo di non sentirmela...dai smettila, so che mi stai prendendo in giro» borbotta all'improvviso indispettita. «Lo so non ti stavo ascoltando, ma ero così concentrata», mormora con voce drammatica.

Ridacchio, godendomi le sue scuse. Però devo dargli atto del fatto che ha ammesso la verità, prima di far sfociare tutto in dialoghi patetici.

«Va bene, ma ora che ho la tua attenzione, almeno per qualche attimo, cosa vorresti fare domani sera?» le chiedo per l'ennesima volta, sperando di ricevere una risposta, o almeno qualche idea. Tutto quello che mi è venuto in mente, mi è sembrato talmente ridicolo, per lei. Una cena? Troppo semplice. Un viaggio? Troppo intimo per il nostro rapporto, già altalenante.

«Davvero non saprei...» mormora con tono imbarazzato, ora non riesce nemmeno a parlarmi?

Invece di fare passi avanti, mi sembra di tornare sempre indietro. Come giocare a Monopoli, ma invece di andare sulle altre caselle, ti ritrovi perennemente nella casella del via, incapace di andare avanti.

«Cosa fai di solito?» le chiedo, improvvisamente curioso del suo passato senza me. Lei sospira e solleva lo sguardo, come se ci stesse pensando attentamente, mentre con le mani si stringe le gambe al petto, facendo svolazzare la coperta attorno a lei.

«Lo scorso anno, l'ho festeggiato insieme a Tess e...» improvvisamente si ferma, ed è facile capire che la persona sospesa nel vuoto, si tratta del suo uomo, di quello che ancora occupa il suo cuore.

«Mentre negli anni scorsi, prima che mio padre si ammalasse guardavamo sempre in televisione la sfera che scendeva a Times Square, è sempre stata una nostra tradizione», sussurra con una certa malinconia sia nella voce che negli occhi.

Di colpo un'idea m'illumina la mente, mentre la mia fantasia mi procura delle probabili reazioni di Jennifer. Vogli vedere quel sorriso, non quello che gli spunta quando vuole essere gentile con qualcuno, o quando mi dà il buongiorno.

No, voglio vedere quel raro sorriso, che ho avuto la fortuna di vedere solo qualche volta. Quando persino gli occhi sembrano risplendere di luce propria.

Da quando faccio questi pensieri?

Ho bisogno davvero di uscire da qui e di allontanarmi da questo posto. Allontanarmi da lei.

«Matt non voglio fare nulla di troppo complicato...ma se tu vuoi festeggiare, sei libero di farlo anche senza di me» mormora all'improvviso per poi alzarsi dalla poltrona, afferrando di nuovo il libro nelle sue mani.

«Ci vediamo a cena», mi avvisa per poi sparire su per le scale, lasciando dietro di lei solo il rumore dei suoi passi sulle.

Guardo l'orologio per l'ennesima volta, per poi spostare lo sguardo sulle scale. È in ritardo.

Gli avevo detto di raggiungermi nella sala alle 19.00 in punto, vestita elegante. Lei invece di confermare, aveva cercato in ogni modo di indagare sulla serata, senza però riuscire ad estorcermi nemmeno una parola. I suoi occhioni da cerbiatta mi avevano implorato pieni di curiosità ed eccitazione. E io avevo quasi ceduto...

Sono quasi tentato di salire al primo piano, per poter bussare alla porta, quando però dei ticchetti attirano la mia attenzione. Sollevo lo sguardo notando che dalle scale riesco solo a notare i suoi piedi, coperti da delle decolleté nere, che gli slanciano la caviglia olivastra. Ma man mano che scende gradino per gradino riesco a scorgere delle lunghe gambe che riflettono la luce proveniente dal salotto. Poi del tessuto nero che stringe le sue curve, una scollatura che mostra in modo morbido il suo seno e infine il suo viso, incorniciato da dei lunghi capelli scuri.

«Lo so, sono in ritardo, ma ho avuto difficoltà ad allacciare il vestito» mormora indicando distrattamente la sua schiena.

«Potevi chiamarmi, ti avrei aiutato», azzardo con tono frizzante, godendomi solo per qualche istante la sua faccia sorpresa e in allerta, per poi sciogliersi in un sorriso di circostanza. Probabilmente la sua mente come la mia, sta ripensando a quel momento del vestito da sposa, perciò pur di evitare altre circostanze di quel tipo.

«Tranquillo ho risolto, allora dove andiamo?» chiede con curiosità stringendo forte tra le sue mani una borsetta nera con dettagli in oro.

Finisce gli ultimi gradini arrivando finalmente davanti a me. Grazie ai tacchi molto alti, riesce ad arrivare alla mia altezza, sfidandomi silenziosamente con i suoi occhi da cerbiatta.

«Possibile che non sai il significato di sorpresa?» le chiedo sarcastico e senza che possa controllarmi il mio dito gli sfiora il naso, in un dolce gesto. Il tempo si ferma per qualche attimo, dove entrambi i nostri corpi si irrigidiscono, i suoi occhi si sbarrano, pronti ad aspettarsi qualsiasi cosa...ma poi io mi allontano di qualche passo.

«Allora andiamo, oppure no?».

***

MIA PER 365 GIORNIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora