Cielo aveva visto quasi tutto nella sua vita, ed erano poche le cose che potevano sorprenderla. Sapeva che la gente a volte fa cose senza senso, e conosceva bene una certa mania che molti di noi abbiamo di ripetere, più e più volte, gli errori che ci fanno male. Ma a Cielo non andavano giù le incoerenze; e che Rama, il ragazzo dolce e sensibile, che sognava solo di poter studiare e dare un'educazione alla sua sorellina, avesse sabotato il suo proprio sogno il primo giorno di scuola, la riteneva un'incoerenza. C'era qualcosa di strano, e Cielo non poteva scoprirlo, ma sapeva che, quando la sua intuizione si metteva allerta, rare volte si sbagliava.
Era molto tardi per essere sveglia, ma quei pensieri non la lasciavano dormire, e si alzò per bere un bicchiere d'acqua. Nella stanza, al buio, sentì dei passi che risuonavano e l'inconfondibile tintinnio delle chiavi che Justina portava appese intorno alla vita. Vide la sua silhouette e quella di Bartolomeo che avanzavano come un fulmine verso il settore dei ragazzi. Poiché temette che fosse accaduto qualcosa di grave, cercò di seguirli, ma notò che avevano chiuso a chiave la porta che conduceva alle camere. Allora uscì in giardino e cercò di entrare attraverso una delle finestre delle camere. Anche quelle erano bloccate. Tuttavia, poté vedere da lì che nessuno era nel suo letto. Ciò la preoccupò ancora di più. Rientrò nella stanza proprio nel momento in cui Bartolomeo ritornava e, senza accorgersi della sua presenza, salì le scale. In quel preciso momento lei avrebbe potuto chiamarlo per chiedergli se fosse successo qualcosa, ma per qualche ragione il suo intuito le disse che fosse meglio non farlo, che vedesse con i suoi occhi cosa stava succedendo.
Notò che don Barto non aveva chiuso a chiave la porto che conduceva al cortile coperto. Una volta arrivata lì si stranì ancora di più nello scoprire che non c'era nessuno. Né nel giardino, né nelle stanze. Nessuno. Solo vuoto e silenzio. Restò ancora per alcuni minuti ad aspettare, fino a quando le parve di udire un urlo di Justina, debole. «Silenzio mortuario!», credette di sentirle dire.
Justina scattò fuori, velocemente, senza vedere Cielo, la quale camminò assorta fino alla fioriera che nascondeva la levetta. La azionò con una certa facilità, e dopo aver sentito un leggero click, la parete tornò a muoversi, fino a lasciare aperta la fessura. Ciò che vide aveva l'aspetto di un incubo assurdo: un posto pieno di macchine da cucire, tavoli da falegnameria, un forno per cuocere la ceramica, enormi carrelli di fili, stoffe, segatura, pezzi di legno dappertutto, pitture, molte teste di bambole di ceramica e vecchie macchinine inermi. E in mezzo a quegli oggetti, tutti i ragazzi con i loro volti esausti e afflitti, lavorando senza fermarsi, però già senza forza.
Cielo cercò di trarre una spiegazione a ciò che stavano facendo. Qualcosa di così assurdo e completamente inusuale a quell'ora della notte doveva avere qualche spiegazione logica. E dato che non riusciva a trovare una risposta nella sua mente, iniziò a fare domande in modo disordinato, una dietro l'altra. I ragazzi balbettavano ed erano riluttanti nel parlare. Improvvisavano argomenti.
-Ci hanno portati qui Justina e don Barto per...- iniziò Monito, ma si fermò quando Tacho gli stinse il braccio e gli fece un leggero gesto per tacere.
Cielo gli chiese, li pregò che le spiegassero quale fosse il motivo che li teneva svegli, in quel posto.
-Cosa vuoi sapere, Cielo?- disse Rama, abbattuto.
-Cos'è questo posto segreto? Cosa ci fate qui, e a quest'ora, con tutti quei cosi, cos'è quello che fate? Dalle vostre facce, capisco che non è niente di buono...
-Non è bello, ma nemmeno brutto...- esitò Tacho, cercando un modo di nascondere la verità.
-Voglio la storia corta!- urlò Cielo disposta ad arrivare alla verità.
-E' il laboratorio dei giocattoli- disse finalmente Rama, già stanco di mentire.
-Qui ci fanno lavorare- completò la confessione Mar.
Bartolomeo aveva cercato invano di dormire. Sebbene i mocciosi erano in trappola di nuovo, si sentiva come un giocoliere cinese che faceva girare troppi piatti alla volta. La Fondazione e i suoi segreti, la cameriera arrivista che risultò essere Angeles Inchausti alias Cielo Magico, la stupidina che non si sposava e inoltre adesso era tipo una mummia a causa dell'incidente, Thiaguito che si ostinava a rimanere e inoltre era evidente che si stava prendendo una terribile cotta per la rognosa di Marianella... erano troppi problemi per un solo uomo. Quando finalmente era sul punto di addormentarsi, ancora una volta quei rumori metallici lo svegliarono. Di notte quei rumori risultavano essere spettrali, inquietanti. Erano quasi le cinque di mattina e si rese conto che non sarebbe stato in grado di addormentarsi, scese in cucina a mangiare qualcosa e scendendo vide Justina, che stava attraversando la stanza come una freccia, e gli risultò molto sospettoso l'atteggiamento di lei. La seguì ed entrò in cucina proprio mentre lei finiva di entrare nella botola nascosta nel vecchio camino.
«Justina Medarda García con segreti?!», disse a sé stesso Bartolomeo, e non potendo credere ai suoi occhi, accese la luce e cercò di aprire la botola che si era già chiusa.
Justina ricorse veloce i tunnel intricati fino ad arrivare alla falsa porta di pietra che nascondeva il seminterrato in cui viveva Luz, e entrò molto preoccupata. Che Luz la chiamasse a quell'ora della notte non era un buon segno.
-Mi sentivo molto male, mami...- si scusò debolmente la piccola nel vederla.
In effetti, stava volando di febbre. Justina non ebbe bisogno di un termometro per sapere che aveva almeno trentanove gradi. Aveva studiato i rudimenti della professione d'infermiera per essere preparata per quelle occasioni, allora la fece aprire la bocca e vide che aveva delle enormi placche bianche. Un'angina pectoris, diagnosticò afflitta; peccato, non aveva nel suo armadietto i faramci necessari. Fece sì che la piccola si tappasse bene e le chiese di non muoversi, lei sarebbe andata a cercare gli antibiotici di cui aveva bisogno. Ma quando tornò ad aprire la falsa porta, si scontrò con Bartolomeo, che la guardava con espressione cupa. Justina non riuscì nemmeno a nascondere ciò che aveva alle sue spalle, lui aveva già visto tutto: quel seminterrato assurdo, ambientato come un café concert, e la piccola bambina, con la febbre, nel suo letto.
-What the hell is this?! [Cosa diavolo è questo?]- poté solo esclamare lui, e Justina chinò il capo.
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P.S. Sto traducendo degli Off di Casi Angeles, in pratica sono delle frasi tratte dai Gran Rex e dalla serie. Spero possano interessarvi e piacervi. La storia è "Off Casi Angeles"
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Mi piacerebbe sapere cosa pensate del capitolo. Alla prossima! :)
-Non so se può interessare a qualcuno, ma ho tantissime foto, che una volta "collezionavo" [fino a qualche tempo fa la gente, anche io, scambiava queste foto con altre; alcune erano introvabili e non si potevano scambiare lol], dei Teen Angels|Casi Angeles. Devo eliminarle e liberare delle chiavi usb e invece di gettarle come se niente fosse, sto creando dei pack per regalarle. Se andate nel mio profilo, la storia si chiama "Foto Teen Angels". Se vi interessano potete scaricare il pack contenente delle foto.
Ah, se vi interessa qualche foto in particolare, potete dirmelo.
Come ad esempio, potreste farvi un giro dal mio vecchio profilo facebook: Chììna Suarez LoveDedicado•Premetto che molte foto le regalai tempo fa in una pagina, e una ragazza l'ha eliminata e quindi queste foto non posso più recuperarle.
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Casi Angeles - La Isla de Eudamon [ITALIANO]
FanfictionTraduzione [mia] del libro "La Isla de Eudamon" - Leandro Calderone. Il libro narra i fatti successi nella prima serie di Casi Angeles. - - [twitter: mesrandjlaw | instagram: mesr_ ] - - Una notte di febbraio del 1854 tre...