Tacho era consapevole che la sua miglior virtù era la sua tenacia. Sapeva che non era intelligente né molto abile, ma quelle carenze le compensava con la tenacia. Per questo decise di insistere con Jazmin, nonostante lei continuasse a rifiutarlo. Se il problema era che lui non era un gitano, allora sarebbe stato un gitano.
Era agosto, e nei giorni più freddi dell'inverno si gelava il cortile coperto; di fronte a questo panorama, Cielo aveva messo dei riscaldatori nelle stanze dei ragazzi. Jazmin rientrò gelata dalla strada, dov'era stata con alcuni dei ragazzi e Justina a fare i rumeni, e corse a riscaldarsi nella sua camera calda. Entrando trovò un sentiero di petali rossi e bianchi che conducevano verso un telo rosso, posto nell'apertura che separava entrambe le camere; si udiva una chitarra suonare accordi di flamenco. Molto curiosa, Jazmin si avvicinò verso il telo rosso, ma si spaventò quando si accese una luce dall'altra parte che rivelò una figura in controluce, allo stesso tempo esplose a tutto volume una musica di flamenco.
L'ombra spostò il telo e sbucò Tacho. Aveva dei pantaloni neri molto attillati, stivali bianchi, una camicia di colore rosso fuoco, lucida, aperta sul petto, su cui si poggiava un rosario di plastica bianco. Portava i capelli tirati, legati dietro, delle basette dipinte sulle guance, un cappello nero con nappe, e una rosa rossa tra le labbra: era un perfetto stereotipo di gitano. Con affettazione, si tolse la rosa dalla bocca e iniziò a ballare quello che lui immaginava fosse flamenco, cantando con la sua voce impostata sulle note della canzone che suonava. Con atteggiamento di un duro gitano, ballò cantando intorno a Jazmin, che lo guardava tra sorpresa e affascinata. Tacho finì la sua canzone, si inginocchiò davanti a lei e declamò:
-Oh, mia rosa dell'Alhambra, rosa di Moreria... Farò quello che tu mi dirai, purché tu sia mia.
E rimase in silenzio, agitato, in attesa della reazione di Jazmin. Lei iniziò a ridere a crepapelle, e certamente quella non era la reazione che si aspettava Tacho.
-Sono stato bravo?
-Sei stato molto divertente.
-Ti ho conquistato, o no?
-Molto divertente- ripeté lei.
-Lo vedi che posso essere un gitano?
-No...- disse lei ridendo -Non sarai mai un gitano.
-Perché no?- disse lui, arrabbiandosi già e alzandosi in piedi -Cosa mi manca per essere un gitano?
-Essere nato gitano- disse lei -E comunque mi è piaciuto- aggiunse sorridendo, lusingata.
-Beh, posso essere il tuo finto gitano.
-No, Tacho- disse Jazmin, rimettendo la solita distanza tra di loro.
-Smettila con questa sciocchezza dell'essere o non essere gitano!- protestò lui.
-Non rompere!- concluse lei la conversazione, minacciò di andarsene, ma prima gli assicurò: -Mi sposerò con un gitano, un vero gitano!
Ma Tacho era tenace. Allora, se si trattava di dover essere un vero gitano, sarebbe stato gitano, e perciò, senza perdere tempo, impulsivamente, si diresse al sud della città , nel quartiere dei tablao°, dove c'era una piccola comunità gitana. Entrò in un tablao vuoto, eccetto per un vecchio che beveva una tazza di un liquido verde chiaro.
-E' chiuso- disse esiguo l'uomo, senza guardarlo.
-Lei è il proprietario? Ho bisogno di parlare con un gitano.
Il vecchio lo guardò stranito, ma non rispose. Tacho si avvicinò, deciso.
-Lei sembra molto gitano. Ho bisogno di chiederle un favore- e, impudente, prese una sedia e si sedette accanto al vecchio che lo guardava inespressivo -Guardi, io non sono gitano...- iniziò Tacho.
-Si vede- disse il vecchio, con un'inflessione della voce che indicava che Tacho gli stava già simpatico.
-Quindi...- continuò Tacho -Non sono gitano per niente, ma mi sono innamorato di Jazmin, gitana, bellissima, bellissima e gitana...
-Logico.
-E lei non vuole essere la mia fidanzata perché non sono gitano.
-Logico- ripeté il vecchio.
-Allora... quello che voglio chiederle è... Lei che è molto gitano e che deve sapere tutto sui gitani... Potrà mai una gitana sposarsi con un pasano?
-Paesano- corresse il vecchio, e aggiunse -No, se vuole continuare ad essere una gitana...
-Ahà...- disse Tacho -E come posso fare per convertirmi?
-Convertirti?
-Sì, al gitanesimo.
Il vecchio fece una risata così acuta che spaventò un po' Tacho.
-Essere gitano non è una religione, paesano- disse il vecchio -E' un'identità, lo si ha nel sangue, è un'eredità. Nasci gitano e muori gitano. Nasci paesano e muori paesano.
-Non si può fare niente?- disse Tacho, senza speranza.
-Se la ami davvero, puoi provare a diventare degno del cuore di una gitana. Puoi convertirti in un gitano più gitano dei gitani. Puoi imparare la nostra cultura, la nostra musica, le nostre tradizioni. Ma ti ci vorrebbe tutta la vita, e anche allora, il tuo sangue non sarebbe gitano.
-Ma sarei più gitano di adesso, giusto?- disse Tacho, vedendo una luce di speranza.
-In quale comunità vive la tua gitana?- chiese con interesse il vecchio -Ce ne sono alcune che sono meno ortodosse di altre.
-No, non vive in nessuna comunità. E' una ragazza orfana che vive nella Fondazione in cui vivo io.
-Quale fondazione?
-La Fondazione BB- rispose Tacho.
Il vecchio spalancò gli occhi, e poi gli disse di andare via.
Tacho ritornò alla Fondazione frustrato, ma non sconfitto. Avrebbe trovato una svolta a quella impossibilità e sarebbe diventato un gitano.
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NB: Tablao, sono dei locali dove si balla il flamenco. Sono, in pratica, dei palcoscenici.
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Mi piacerebbe sapere cosa pensate del capitolo. Alla prossima! :)
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Casi Angeles - La Isla de Eudamon [ITALIANO]
FanfictionTraduzione [mia] del libro "La Isla de Eudamon" - Leandro Calderone. Il libro narra i fatti successi nella prima serie di Casi Angeles. - - [twitter: mesrandjlaw | instagram: mesr_ ] - - Una notte di febbraio del 1854 tre...