13- Hopeless

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C'è un tipo di incubo che mi ha sempre terrorizzata a morte.
Un tipo di incubo oltre alla caduta nel vuoto, oltre al bruciare nelle fiamme e oltre anche all'essere inseguita da demoni, un incubo talmente terrificante da farmi gelare il sangue al pensiero ogni notte.

La paralisi nel sonno.
Un tipo di incubo dal quale non ci si risveglia, un incubo in cui si fa ditutto per correre ma si rimane paralizzati, un incubo fuori dai sogni, un incubo ad occhi aperti, quel momento in cui pur essendo svegli, pur ragionando, non si riesce a muoversi, si fa fatica a respirare e ogni tentativo di muoversi è assolutamente inutile.

Ho sempre avuto paura di questo incubo, sono sempre stata terrorizzata dal pensiero di non poter far niente, di non potermi muovere di non poter agire.
E ora sono finita nel mio peggior incubo.

"Nick, aiutalo, aiutami, fai qualcosa" Dico cadendo sulle mie ginocchia sul pavimento sporco del bagno del locale al fianco di Calum il quale con gli occhi ribaltati all'indietro rimane immobile con il braccio destro ancora disteso mentre nel suo sangue continua a circolare quel veleno.
"Oh sì, ora esco e vado a chiamare qualcuno... ah già, sono morto nessuno mi vede e nessuno mi sente" Dice con il solito noto sarcastico ed io punto lo sguardo sul ragazzo accanto a me immobile mentre comincio a sentire gli occhi pizzicare.

"Ha bisogno di aiuto, perché rimane immobile? Potrebbe morire" Dico allungando una mano verso il corpo del ragazzo ed attraversandolo come aria impossibilitata dal poterlo scuotere per risvegliarlo.
"Wow, allargheremmo il club dei ragazzi morti senza speranze, entusiasmante no?" Chiede lui prendendomi in giro ed io guardo Calum sentendo alcune lacrime rigarmi il volto.

è colpa mia, è tutta colpa mia.
Lui ha iniziato a fare questo per colpa mia, io l'ho spinto a provare quelle maledette pasticche, io l'ho portato fino a qui, io l'ho buttato in questo burrone senza fondo.
E sempre io non riesco neanche ad aiutarlo.

"Calum" Dico in un sussurro cercando di portare una mano sulla sua guancia ma non riuscendo a sentire niente, non riuscendo a sentire il suo calore, la leggera ruvidità della sua appena accennata barba, niente, non sento niente, sono completamente inutile.
Mi alzo di scatto attraversando Nick il quale alza gli occhi al cielo mentre io attraverso come se fosse fatto di aria, il muro del bagno ritrovandomi nel locale con le luci al neon di prima, mi guardo attorno cercando qualcuno in grado di aiutarmi, chiunque.

Cerco di fermare alcune spogliarelliste le quali mi attraversano velocemente, cerco di toccare qualche ragazzo ma niente, non esisto, non sono qui.
"Non ti vedono dolcezza, smettila di essere così patetica" Dice Nick alle mie spalle con una voce annoiata mentre osserva il seno prosperoso di una ragazza dai lunghi capelli verdi.
Non mi arrendo continuando a guardarmi attorno fino ad individuare nella folla una chioma di un colore strano, una chioma viola.

"Michael" Sussurro spalancando gli occhi nel notare a pochi metri da me il ragazzo con la sua giacca degli Snake con altri vestiti come lui seduti ad un tavolo davanti al palco con i pali.
Non perdo altro tempo prima di correre verso di lui e fermarmi proprio davanti a lui mentre lo noto con uno strano sorriso sulle labbra mentre parla con i suoi amici e con un uomo vestito diverso da loro, più grande, vestito meglio, con un orologio costoso.

"Mi posso fidare di voi?" Chiede l'uomo e Michael allarga il suo sorriso, non un sorriso amichevole, un sorriso strano, scuoto la testa prima di cercare di afferrare la sua mano.
"Michael, c'è Calum svenuto in bagno, Michael, aiutami, devi aiutarlo, potrebbe sentirsi male, Michael" Urlo ma il ragazzo mi ignora completamente.
"Signore, siamo i migliori in zona" Dice un ragazzo dai capelli tendenti al bianco accanto a Michael.
"Michael, guardami, sono io, devi salvare Calum , devi fare qualcosa" Urlo ancora più forte ma ancora una volta vengo ignorata.
"Ma siete molto giovani" Risponde l'uomo e Michael ride prima di allungare la sua mano verso il giacchetto e estrarre un oggetto che mi fa indietreggiare con gli occhi sbarrati.

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