Epilogue

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Narrator's POV

7 Anni dopo.

Cammino distrattamente per le strade strette e sterrate del parco in cui ho passato buona parte della mia adolescenza,guardandomi intorno con interesse.

Mi perdo ad osservare i bambini che giocano spensierati,e mi domando come sarà il loro futuro.

Chissà se saranno felici,o se vivranno una vita difficile.

Sembra tutto così semplice,per loro,mentre si rincorrono ridendo e scherzando.

Chiudo gli occhi,ispirando a fondo l'odore di aghi di pino che impregna tutto il parco,riportando alla mente fin troppi ricordi.

Per un attimo,mi sembra di essere ricapultata nel passato,come se sette anni distanti da casa non fossero bastati a cancellare tutto quanto.

Mi siedo sul prato,portandomi una mano sul viso,e non posso fare a meno di pensare a quanto stancante sia stata questa giornata.

Ho preso un aereo di prima mattina,e sono tornata qui.

Sono tornata nell'unico posto in cui mi sia davvero sentita a casa ,nonostante tutti i bei momenti passati a New York.

Questa mattina ho bussato alla porta di Beatrice,ed ero a dir poco terrorizzata.

Cosa sarebbe successo,se avessi trovato un'altra persona?
Cosa sarebbe successo,se lei fosse cambiata totalmente,fino a diventare irriconoscibile?

Ma soprattutto,cosa sarebbe successo,se si fosse dimenticata di me?

È per questo,che a volte i ritorni sono molto peggio degli addii.

Quando parti devi lasciare tutto quello che hai di più importante,ma quando torni,rischi di trovarlo cambiato per sempre.

Però lei non lo era.
Lei era rimasta Beatrice,con i lunghi capelli ricci e indomabili raccolti in una cipolla disordinata.

Sembrava m più matura,senza dubbio,ma la cosa che più mi ha stupita è stato il suo sguardo.

Sembrava quasi triste,o forse sospettoso,e se fosse stato per quello non l'avrei mai riconosciuta.

Ha pianto,di nuovo,ed ho pianto anche io.
Tantissimo,come se le lacrime non fossero destinate a finire.

Per un attimo ci ho sperato,sapete?

Ho davvero sperato che sarebbe potuto tornare tutto alla normalità,per quanto assurdo.

Poi però,una ragazza dai capelli castani e due grandi occhioni azzurri,è comparsa sulla soglia,affiancando la mia migliore amica.

L'ha guardata con fare incuriosito,e le ha domandato chi fossi.

In quel momento,ho capito quanto le cose fossero cambiate.

Sarei dovuta essere io ,quella al suo fianco,a domandarle chi fosse la sua nuova amica.

Dovrebbe essere lei,l'estranea,non io.

Eppure cosa potevo pretendere?Di rimanere la sua priorità,dopo tutti questi anni?

Beatrice ha risposto,e le sue parole mi hanno fatto male da morire.

Lacey,ha risposto.

Lacey,ero questo io per lei,giusto?
Un nome,nient'altro che un nome,quando anni prima mi avrebbe presentata come la sua migliore amica,sfoggiando un grande sorriso.

Ma non sono io,adesso.
Non sono io la sua priorità.

Le ho detto che sarei rimasta in città per un po',ma comincio a pensare che tornare sia stata una brutta mossa.

Lei ha detto che le ero mancata,che mi voleva bene.
Io le avrei voluto rispondere che era ancora la persona più importante della mia vita,ma infondo,che importanza avrebbe avuto?

Sono passati sette anni,e ci sono così tante cose che non so di lei,ormai.

Mi accascio contro il tronco di un albero,respirando a fatica,cercando in ogni modo di non farmi sopraffare dalle emozioni.

Reagisci da venticinquenne,non hai più diciotto anni,cretina.

Poi qualcosa mi cade addosso,facendomi sussultare.

Apro gli occhi di scatto,pensando a chissà quale disastro,quando mi ritrovo un camioncino di plastica colorato di rosso sulla gamba,come se fosse stato lanciato.

Mi guardo intorno,incuriosita,e capisco la fonte di quel colpo quando vedo una bambina dai capelli castani correre nella mia direzione,ridendo.

Si inginocchia ai miei piedi,raccogliendo il giocattolo dalle mie gambe.

Poi mi rivolge un'occhiata allegra,a cui io rispondo con un sorriso.

"Non è colpa mia,signora,ha voluto lui venire qui."

Si giustifica la bimba,alzando le spalle,indicando con il ditino paffuto il giocattolo rosso.

Ridacchio,alzando un pollice.

"È molto bello il tuo camion,tesoro."

Mi complimento,sorridendole,al che gli occhi della bimba si illuminano.

"Grazie.
Lo sai,zio Tommaso dice che è da maschio,ma a me piace lo stesso."

Mi informa,sedendosi al mio fianco,e io scuoto la testa,divertita.

"Dovresti dire a zio Tommaso che i giocattoli sono per tutti quanti."

Le suggerisco,alzando le spalle,per poi rivolgere l'attenzione al display del mio cellulare,che segna la presenza di un nuovo messaggio.

Sto per sbloccarlo,quando una voce attira la mia attenzione e quella della bimba al mio fianco.

"Lacey!Smettila di dare fastidio alle persone!"

Mi volto,indispettita,e sto per ribattere che non sto infastidendo proprio nessuno,quando capisco che la voce non stava richiamando me.

La bambina,infatti,scuote le spalle,ridendo.
Seguo la direzione del suo sguardo,e incontro la figura di una ragazza,che avrà solo qualche anno più di me,che si avvicina con passo svelto.

"Scusami,questa bambina è una peste."

Esclama la ragazza,sorridendomi,e io non posso fare a meno di notare quanto il suo viso somigli a quello della piccola bimba.

"Ma figurati,io e Lacey stavamo avendo una conversazione tra ragazze."

Rispondo,ammiccando in direzione della bimba,che sorride annuendo vigorosamente.

"Beh,spero abbiate parlato anche di quanto sia importante lavarsi,dato che oggi il bagno non se lo vuole fare proprio.
Dovrò corromperla con qualcuno dei suoi stupidi cetriolini sottaceto."

Ridacchia la ragazza dagli occhi verdi,rimproverando la figlia,e io sorrido a mia volta,cercando in ogni modo di non pensare a quanto lui amasse quei disgustosi cetriolini.

Sono passati anni,eppure certe cose le ricordo come se fosse ieri.

Non un messaggio,non una chiamata,e non posso che ammettere quanto abbia fatto male.

Ma d'altronde cosa mi aspettavo?La colpa è stata mia,soprattutto.

"In queste cose è cocciuta come suo padre.
Sai,quando abbiamo dovuto scegliere il suo nome,è stato irremovibile,e io non ho avuto margine di scelta."

Ride,senza che io abbia commentato la sua affermazione precedente,e quelle parole mi mettono allerta.

Sgrano appena gli occhi,mentre nella mia testa cominciano a susseguirsi domande senza senso,accompagnate da un accelerazione insensata dei battiti cardiaci.

"Io..come si chiama suo padre?"

Domando,con le gambe che tremano e la voce spezzata.

La ragazza mi guarda,incuriosita e preoccupata,per poi rispondere con una scrollata di spalle.

"Michele."

Sex On Fire||Mike BirdDove le storie prendono vita. Scoprilo ora