●Capitolo 43

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Matisse1' pov
Uscimmo di casa, pronti per partire e trovammo...Diana, Aida e Lydia.

Ero stupita.

Li guardai interrogativamente.

"Greg mi aveva detto che 11 partita per la Francia e io volevo venire con te, quindi..."disse Diana "E dato che tu ci tieni anche a loro, li ho invitati. Non ti da fastidio vero?"

Scossi la testa.

E l'abbraccia. "Ti voglio bene."sussurai.

Le aveva capito di che cosa avevo bisogno senza che io glielo dicessi. Aveva capito che avevo bisogno di lei, di loro.

Lei in risposta mi strinse piu' forte.
Non c'era bisogno di parole. Lei mi voleva bene, cosi' tanto che mi avrebbe dato la sua vita, per salvare la mia. E io avrei fatto lo stesso.

"Daii partiamo!!" strillai io.
La mia voce era uscita cosi' acuta e stridula che fece morire dalle risate tutti.

E mi gustai questo momento. Perche' forse sara' l'ultimo.

Ho sempre pensato che avevo solo mio fratello e Diana. Mi sono sbagliata. Almeno ora.

Adesso ho loro. Sono la mia famiglia. Una seconda famiglia che non ho mai chiesto, ma che mi e' stato dato.

Mi sento fortunata. O forse lo sono.

Li strinsi tutti forte a me. Non volevo lasciarli. Ma devo.

Cercai di trattenere le lacrime. Dio, quant'era difficile.

Volevo piangere, sfogarmi, ma sorrisi.
Volevo che loro mi vedessero sorridente, piuttosto che con le lacrime.

Francia, Parigi. La citta' dell'amore.
Ma per me e' la citta' della morte. Della mia morte.

Dovrei smetterla di pensare a 'ste cose depressive, ma non ne posso fare a meno.

La mia mente viaggia da solo, pensa da solo.

Non sono pessimista come sembro, ma sono solo realista.

Perche' per quanto io voglio credere al fatto che non moriro'...

Moriro'.

Questa parola continua a rimbombare nella mia mente senza sosta. Crudelmente.

Ma sorridevo. Sono cosi' brava a fingere che ormai tutti credevano che ero felice.

Ma purtroppo non e' cosi'.

La felicita' nom dura per sempre per mia sfortuna.

Tutto ha una fine.
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Arrivammo a Parigi.
Diana era supereccitata, perche' ha sempre voluta visitarla. E ora finalmente ne ha la possibilita'.

Parigi e' cosi' diversa da Phoenix.

Ha un'aria cosi' tranquilla, abituaria.
Sembra che in questa citta', proceda sempre con un ritmo cosi' tranquillo.

Surreale e inquietante.

La Torre Eiffel vista dalle foto, non e' paragonabile a quella vista dalla realta'.

Cosi' altezzosa.

Misi le cuffiette, perche' non avevo voglia di parlare con nessuno, nel tragitto aereoporto-hotel. Greg, il mio generoso cavaliere, mi fece accocolare su di lui.

Mi addormentai, sognando lui. Gli suoi occhi, le sue la labbra, il suo viso.

Cosi' tranquillo e angelico.

Lui era mio, per ora.

Arrivammo in hotel e io e Greg avremmo una singola camera. Quindi dormiremmi insieme.

A quel pensiero diventai rossa come un pomodorino carino.

Il tempo passo' in fretta, e dopo che avevamo fatto il giro per la citta', ci ritirammo tutti nelle rispettive camere.

E no, non ero pronta a stare nello stesso letto con Greg, nella citta' dell'amore, in un hotel.

Capiteee? Potrei morire ora.

Andai alla finestra e poco dopo lui mi raggiunse.

Si sedette sulla panca vicino a me e guardammo silenziosamente le stelle.

Le stelle sono cosi' lontani, distanti, ma sembrano cosi' vicini. Cosi' luccicanti. Cosi' perfetti. Irrangiungibili.

"Tutto bene?"chiese lui.

Io annuii.

"Che bel cielo vero?"

"Si"risposi.

"Sai ogni volta che guardo le stelle, penso sempre a mia madre." mi confesso'.

"Anche mia madre e' morta. A quanto pare abbiamo una cosa in comune."

Lui annuii'. "Com'e' morta tua madre?"

Quella domanda cosi' innocente, mi fece ascattare sull'attenti, come ai vecchi tempi. Stavo per rispondergli male ma lui aggiunse: "Sempre se vuoi dirmelo."

Mi calmai all'istante.

"Non sono...pronta per parlarne."

"Tranquilla...che tipo era tua madre?"

Sorrisi.
"Era una donna bellissima,forte, gentile e altruista. E a volte testarda. "

"Testarda come te?" chiese scherzosamente.
"Io non sono testarda." replicai mettendo il broncio.
"Invece si'."

"Ti sbagli."
Mi sorrise di scherno.

"E tu sei egocentrico."

"Non ho mai detto di non esserlo." rispose lui.

Gli fece la linguaccia.
Brutto babbano.

Senza preavviso mi bacio'.
L'aria scherzosa che c'era poco fa venne sostituita da un'aria eccitante.

Le nostre bocche si cercavano disperatamente, le nostre lingue danzavano insieme.

Ben presto le nostre magliette volarono via, e rimenemmo solo noi, e i nostri corpi uniti.

Capii che non avrei fatto piu' a meno di lui. Ormai lui era diventata la mia droga.

Vietato annegare (Sospesa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora