15. "Canzoni notturne"

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«Hai preso tutto?» si informa per l'ennesima volta mia mamma: alzo gli occhi al cielo, quasi dispiaciuta che oggi abbia deciso di lasciare le vesti da ingegnere per accompagnarmi al pullman.

«Sì, te l'ho detto.»

Sebbene sia spesso fredda, diventa iperprotettiva appena lascio il nido per un tempo più lungo di mezza giornata.

«Mi dispiace che non sia potuto venire Valerio» mi confessa con aria triste «Avrebbe potuto salutarti.»

«Mamma, sto via tre giorni» minimizzo «Non parto per fare il Medico Senza Frontiere.»

«Dai Luisa, smetti di preoccuparti» scherza la mamma di Ester «Torneranno tutte intere.»

«Ma dico, il fidanzato avrebbe potuto fare un salto a salutarla, dai!»

Dispiace anche a me che Valerio non ci sia, non posso negarmelo: soprattutto perché, in quest'ultimo periodo, i viaggi mentali verso Rodari non hanno voluto saperne di diminuire, e vederlo mi avrebbe aiutata di sicuro a ritrovare un po' di stabilità mentale prima di stare tre giorni a stretto contatto con il mio professore. A maggior ragione dopo che stanotte ho sognato di saltargli addosso nel retro del laboratorio di chimica.

«Oh, finalmente» commenta mia mamma con leggera seccatura «Per poco il tuo professorino non arrivava in ritardo.»

Alzo un sopracciglio: «"Professorino"?»

Mamma ride.

«Credi che non abbia notato che è subito diventato il tuo preferito?»

Mi sento avvampare: mannaggia alle mamme, ci conoscono troppo bene!

«Non ti do torto, è giovanile, simpatico e un bell'ometto» ammette senza malizia «Ai colloqui poi mi sembrava colpito in positivo da te, quindi capisco che ti sia simpatico.»

Abbasso lo sguardo, riflettendo sulle sue parole: in effetti è probabile che mi attragga così tanto solo perché è diverso dai soliti docenti e mi ha colpita per questo, niente di più.

Mi azzardo ad alzare lo sguardo verso di lui, fortificata da quel pensiero.

E capisco che tutta la costruzione mentale che ho elaborato un minuto prima è una grande, gigantesca, strepitosa cazzata.

«Scusate il ritardo» annuncia, scendendo da una bicicletta rossa «Purtroppo la moto stamattina ha avuto la brillante idea di abbandonarmi e ho fatto tardi» minimizza.

I colori del mattino evidenziano la lieve abbronzatura che ha iniziato a colorargli il viso, esaltata anche dalla maglia di lino tinta sabbia; la pedalata gli ha conferito un velo di sudore a imperlargli la fronte e un leggero ansito nella voce; i capelli, rispetto all'inizio del quadrimestre, si sono allungati e hanno iniziato a formare dei piccoli ricci scuri e la barba, ormai onnipresente a ornargli il viso, è curata e sistemata. Tutte minuzie e futilità che ne esaltano il fascino, e mi fanno sentire sempre più attratta da lui.

«Alla buonora, Andrea» lo riprende la mia professoressa d'inglese, incaricata di vegliare sull'altra classe che verrà a Verona con noi «Fai l'appello, almeno partiamo.»

«Dici che ci sono già tutti?» scherza lui, beccandosi un'occhiata truce in risposta «Va bene, va bene, alzate la mano quando vi chiamo... Baglioni! Check.»

Mi incanto a osservarlo, ormai corroborata dall'esperienza in classe e conscia che nessuno noterà quanto sia rapita dai suoi gesti svelti e precisi e dalla sua voce serena.

«Cammareri!»

Alzo la mano rapida, beccandomi un sorriso in risposta che mi fa sussultare: sbaglio, o alle altre non ha riservato lo stesso "trattamento"?

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