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«Professoressa Orsi?» Domando, incerta. La mia presto ex insegnante di inglese mi sorride, all'apparenza sincera.

«Cammareri! Che bella sorpresa! Qual buon vento? Prego, siediti, siediti pure!» Mi invita, senza darmi tempo di rispondere. «È andato bene l'orale? Mi hanno detto che agli scritti ti sei rifatta abbastanza, rispetto all'ultimo periodo dell'anno. Meno male! Comunque, come mai qua?» ribadisce. Mi siedo e, senza volerlo, abbasso lo sguardo.

«Cammareri, è successo qualcosa?» insiste, all'improvviso apprensiva, preoccupata. Alzo lo sguardo, mi rialzo in piedi e prendo fiato, guardandola dritta negli occhi scuri.

«Volevo chiederle scusa» esordisco, diretta. «Nell'ultimo periodo sono stata un'emerita... Idiota.» concludo, senza riuscire a trovare sinonimi meno crudi e altrettanto onesti. «Le ho riversato addosso una serie di frustrazioni e... Cose che erano solo nella mia testa...»

"Grande proprietà di linguaggio per essere una neo diplomata, Mel" mi rimprovero a mente: la Orsi, comunque, non sembra farci caso.

Sorride, comprensiva.

«Se ti dicessi che non è vero, mentirei» ammette, accomodandosi e ribadendo di sedermi a mia volta con un cenno. «Mi sono accorta che hai iniziato a non studiare sistematicamente inglese, a guardarmi storto nei corridoi, a fare domande frivole, pensavo "Ma dai, la Cammareri, sempre così diligente e a modino adesso è così, ma che le è successo?". E...»

Esita, forse soppesando se concludere la frase o meno.

«Ho immaginato ci fosse in mezzo la questione "professor Rodari".» sputa infine, palesemente malvolentieri. Storco le labbra in una smorfia di disappunto.

«Quindi era anche arrivata nel corpo docenti.»

«La scuola è una piccola città, Cammareri» conferma, per poi trasformarsi in complice. «Non per essere sessista, ma ti lascio immaginare gli uomini quanto l'hanno preso in giro. Tutte frasi nel pieno del rispetto del tuo ruolo di studentessa e soprattutto di minorenne, sia chiaro, ma sai com'è il chiacchiericcio...»

«Prof, non si preoccupi, non ho paura di sentirmi dire chissà che» la rassicuro, mettendo le mani avanti come a bloccare il discorso. «Solo che non immaginavo che fosse così tanto di pubblico dominio.»

«Perché voi studenti non credete che noi professori siamo qualcosa oltre la facciata dietro la cattedra. È normale, anch'io da studentessa la vivevo così.»

«Comunque sia, non voglio rubarle troppo tempo» taglio corto, palesemente a disagio. «Volevo davvero, chiederle scusa. Sono stata...»

«Ho una curiosità» mi interrompe, brusca.

«Prego.»

«Premesso che se entro troppo nel merito dei fatti tuoi puoi zittirmi, ormai l'orale l'hai dato e io non sono in commissione, ma abbiamo ipotizzato che la tua attrazione verso il professor Rodari abbia avuto origine prima dell'inizio dell'anno scolastico. Sbaglio?»

Rispondo con un verso che non vuol dire nulla e che lei interpreta come una conferma.

«Perché hai iniziato a vedermi come una nemica a metà secondo quadrimestre?»

È curiosa. Nulla più. È evidente che la sua sia genuina, sincera curiosità priva di interessi nascosti.

Sono più stupita da quello che dalla domanda in sé.

«Perché...»

E a pensarci bene, la risposta è imbarazzante, tanto che non so nemmeno come spiegargliela.

«Perché ti sono arrivate delle voci per cui io avessi una cotta per lui durante la gita a Barcellona» indovina. Per quanto tenti di mantenere uno sguardo neutro, gli occhi le scintillano di soddisfazione.

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