9.

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«Che cazzo ha detto?»

Alzo lo sguardo, spalancando gli occhi, stupita: ad esclusione dell'ultima notte a Barcellona, credo di non aver mai sentito Paolo imprecare, per quanto lui non abbia alzato la voce. Lui, per risposta, mi scruta con occhi indagatori, alla ricerca di una conferma.

Abbasso lo sguardo sulla mia solita cioccolata, percorrendo il profilo del bicchiere con un indice.

«Che negli ultimi mesi sono diventata strana, che studio poco, che rispondo male, che rischio di compromettere la maturità dopo cinque anni... Mia madre si è incazzata, mi ha fatto una testa tanta, ha addirittura chiamato mio padre per dirglielo, come se gliene fregasse qualcosa. Ah, e mi ha anche impedito di mangiare la torta di nocciole che ha preparato, e sa quanto ne sono golosa.»

«Sai che non hanno torto, vero?»

Alzo gli occhi al cielo: «Ma tu perché sei entrato nella mia vita, per farmi le paternali?»

«Perché stavi prendendo a capocciate un muro» mi ricorda in tono cantilenante, accompagnando la frase con dei leggeri movimenti della testa. «Mel, dai, ormai manca poco e niente all'esame, e tra l'altro Rodari è pure membro interno. Devi fartene una ragione o rischi di arrivare davanti alla commissione e sembrare un cerbiatto di fronte a un tir.»

Sbarra gli occhi, punta un poco in avanti la testa e socchiude le labbra, facendomi scoppiare a ridere.

«E dopo?» Incalza. Sbuffo.

«Di sicuro non ingegneria, basta la mamma» taglio corto. «Vorrei fare qualcosa di umanistico, ma temo che il mercato del lavoro dopo sia impietoso.»

«Lo sarà in ogni caso, quindi tanto vale fare qualcosa che ami.»

«Quando fai così il profondo, un pochino sul cazzo mi stai» gli confesso. Lui si stringe nelle spalle.

«E tu? Che farai?»

Sorride, abbassando lo sguardo sul suo cappuccino: «Se ci pensi bene, lo sai.»

«Ah...» lascio il discorso in sospeso ripensando alla sua amata tutor, concentrandomi su un murales che recita "Anche Pix ha finito, 4/7", senza sapere come proseguire per non metterlo in imbarazzo.

A strapparmi dal silenzio, ci pensa Adele.

«Paolo» chiama, il viso animato da qualcosa che non riesco a decifrare, «mi ha chiesto Rodari di chiamare tutti i tuoi compagni di classe a raccolta e di andare in palestra, stesso discorso per noi, Mel» annuncia. Sollevo un sopracciglio.

«In palestra? Rodari?»

Si stringe nelle spalle, sinceramente perplessa: «Così ha detto. Una roba solo per noi, prima della fine dell'intervallo... Pam! Pam, vieni un attimo, per favore...»

Guardo Paolo che, in risposta, scoppia a ridere.

«Ma ti vedessi!» Improvvisa un'odiosa voce leziosa da sfottò, prima di lasciare il bicchiere di cappuccino sul muretto e pinzarmi le guance tra indici e medi. «Vedessi che sorrisino carino carino che ti è venuto!»

Allontano la sua mano con un gesto deciso.

«Piantala!» Strillo, in tempo per vedere un'occhiata furtiva (e palesemente derisoria) di quella stronza di Ester. «Vai a fare le tue cose da prefetto di Hogwarts, ti aspetto in palestra.»

***

«Disponetevi lungo i muri!» Bercia la Orsi con il suo solito tono nervoso. «Lasciate quella parete libera, per il resto addossatevi per bene al muro!»

«Prof, scusi» azzardo, forte del fatto che tanto ormai mia madre è stata allertata e di sicuro non pretenderà un altro colloquio, «ma io credevo che fossimo stati convocati dal professor Rodari.»

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