10.

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Dieci.

Pigio F5 sulla tastiera per aggiornare la pagina, incredula, ma quello splendido numero a due cifre non ne vuole sapere di sparire dal mio registro elettronico: è lì, verde su bianco, reale, leggibile e bellissimo.

«Mamma!» mi viene spontaneo urlare, quasi isterica. «Mamma, ti prego, corri!»

Quando le mostro la pagina mi rivolge un'occhiata scherzosa: «Dimmi la verità, l'hai corrotto?»

La guardo di sbieco, fintamente seccata, anche se lo sguardo le fa tradire quanto sia fiera del mio risultato: «No, mi dispiace, me lo sono sudato con tanto amore.»

«Be', mi sono accorta che Rodari è di manica larga, però... un dieci...»

«Non l'ha mai dato»ammetto, sempre più orgogliosa.

Mi fermo a rifletterci su un attimo.

Non ha mai dato un dieci a nessuno dei miei compagni, tranne che a me.

«Direi di festeggiare in maniera degna» mamma si batte i palmi sulle cosce, carica. «Vado a preparare l'impasto per la pizza.»

Mi stampa un bacio in fronte, complimentandosi per il mio risultato, mentre io ho ancora il cervello perso nelle mie elucubrazioni.

Andrea mi ha dato dieci, con ogni probabilità (ma che dico, di sicuro!) il primo del mio liceo: possibile che ci sia una ragione, che in fondo, anche se quella dannata cattedra ci separa, io possa piacergli, possa ricambiare quello che provo io?

Rimugino alla svelta, mentre il mio cervello inizia a macchinare soluzioni possibili: rivedo tutte le volte in cui Andrea si è fermato a chiacchierare conme, in cui mi ha offerto le sigarette, quando mi ha stretto la mano...

Quando mi ha baciata.

È impossibile che sia solo frutto del caso.

Il mio cervello macina come non mai: prendo il cellulare, inizio a scrivere un messaggio per dare la notizia alle mie compagne ma ritratto subito, temendo sia che possano subodorare qualcosa, sia che possano tentare di smontare i miei desideri, due scenari opposti ma parimenti terribili.

Tiro due somme: grossomodo, ormai sono innamorata di Andrea da più di sei mesi e non ho mai agito di persona. Se le cose stanno come immagino, considerato che ho davanti solo un quadrimestre, è il caso che io mi decida ad agire.

Il problema è il come.

In classe non posso certo sbilanciarmi e rischiare di metterlo nei guai facendogli palesare una preferenza nei miei confronti, né far capire ai miei compagni che tra me e lui c'è qualcosa di più forte del semplice rapporto tra studentessa e insegnante; il mio liceo, per quanto pieno di aule sovraccariche, è una realtà piccola dove chicchessia può mormorare e mettere a repentaglio tutto, e di sicuro non posso convivere con il peso di una carriera rovinata; presentarmi in aula professori con mille scuse insospettirebbe tutti, inclusa quella stronza della Orsi; non posso chiedere un aiuto alle mie amiche, perché di sicuro mi remerebbero contro in tutti i modi e proverebbero a spedirmi ancora di più tra le braccia di Paolo, e neanche lui può aiutarmi in alcun modo.

Ma dove sono finite quelle belle realtà dove professore e alunna possono stare beati a fare l'amore nella palestra della scuola?

Mi torco una ciocca con un dito; poi, non riuscendo a venire a capo di nulla, apro il libro di letteratura latina e sfoglio pagine a caso, come se potesse arrivarmi un'idea mistica dai nostri poetici progenitori.

Mi soffermo sulla pagina dedicata al celebre Carme 85 di Catullo, rileggo quel distico e vengo investita da un'idea di una banalità tale da fare il giro e diventare geniale.

Centinaia, migliaia di anni di arte insegnano che l'amore ha permesso di creare le opere più amate e celebri di ogni tempo, lo descrive come motore universale e ci riporta secoli di coppie e amori trasformati in immortalità. Tre quarti della poesia che abbiamo studiato con Andrea parla di amore, di muse, di desiderio, e se la studiamo e amiamo ancora adesso, la sola ragione possibile è che in quelle parole ci ritroviamo ancora.

Io una poesia non l'ho mai scritta, né voglio provarci: davanti a un professore di italiano e latino rischierei di ritrovarla sulla cattedra il mattino successivo con segni a penna rossa che demolirebbero le mie intenzioni e la mia autostima. Una lettera potrebbe essere un'idea intelligente, ma potrà mai avere il tempo di leggerla per intero, un insegnante impegnato come lui? E poi significherebbe sbugiardarmi subito, mentre a me piace di più l'idea che lo indovini e che, appena capita la mia identità, sia lui a fare il primo passo.

Per non parlare delfatto che non avrei la più pallida idea sul modo di fargliela averesenza che se ne accorga il resto dei miei compagni, del corpodocenti...

Però...

Apro il terzo cassetto del mio comodino e ne estraggo un taccuino nuovo, con la copertina rigida color grigio metallizzato, chiusa da un sottile laccio elastico: è piccolo, tascabile, perfetto da nascondere nello zaino e abbastanza sottile da poter essere infilato in una cassetta della posta. Lo apro con delicatezza, gustando il leggero scricchiolio delle pagine che vengono spiegate per la prima volta, prendo una matita dall'astuccio, scrivo la data di oggi e cedo alla tentazione di buttare giù qualche riga.

"Ciao,

spero tu possa perdonare questo azzardo di confidenza, ma non mi sembri unapersona che ama i convenevoli o le formalità: per questa stessa ragione, non voglio perdermi in giri di parole inutili e vengo al sodo, per quanto brutale e diretto sia.

Provo attrazione nei tuoi confronti da più o meno quando ti ho conosciuto.

Sono consapevole del fatto che la mia scelta lessicale sia parecchio asciutta e brutale per parlare d'amore, ma non me ne sono venute di migliori: posso dirti, senza perdermi in iperboli e miele, che la mia necessità di dirtelo nasce da ciò che sono quando sono con te. Mi fai tremare le gambe come se avessi dodici anni, hai scardinato delle convinzioni che credevo incrollabili... E insomma, non è cosa da poco.

Ti chiedo un favore: di non fare troppa menzione di questa lettera in giro, ma se intuisci chi sono, parlane direttamente con me.

Mi faccio da parte e ti aspetto."

Voglio essere onesta con voi: non so che dire in questa nota dell'autrice, ma mi dispiaceva restare in silenzio

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Voglio essere onesta con voi: non so che dire in questa nota dell'autrice, ma mi dispiaceva restare in silenzio. Questi capitoli mi sono terribilmente indigesti, vorrei saltare ai nodi più sugosi della storia, ma capite bene che i tempi narrativi non me lo permettono... Uffa!

(il bello è che un paio di giorni fa ho pensato "Questo lo scrivo nelle note di mercoledì"... Vattelapesca a cosa stessi pensando, mannaggia)

Comunque sia, spero che stavolta gli spazi siano corretti, a una prima occhiata sembra di sì e spero che questo simpatico birbaccione di Wattpad non faccia scherzetti... Mi raccomando, sotto con le critiche!

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