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Mi sento meglio.

Ho ancora le viscere ritorte, mi sono fermata più volte durante il racconto perché mi si strozzava la voce, Paolo mi ha dovuto dare un fazzoletto e aspettare più di una pausa, ma sento comunque il mio stomaco più leggero.

«Ma adesso devi spiegarmi qualcosa tu» lo invito, rizzandomi sullo schienale e fissandolo in faccia: in risposta, lui si sistema gli occhiali e ricambia il mio sguardo con serenità.

«Com'è che a scuola ve la siete data tutti?»

Prende fiato.

«È questione di piccolezze: per quanto magari a volte foste nello stesso corridoio e tu facessi finta di niente, si vedeva che, ad esempio, tiravi su la schiena e ti irrigidivi. Ogni volta che andavi da lui gli sorridevi, ma non era un sorriso di cortesia, era aperto, sincero. E in generale, quando eri nei suoi dintorni, gli sgambettavi intorno come un pulcino davanti a mamma papera.»

Rido: «Mamma papera...»

Paolo, in risposta, azzarda la peggior imitazione di Paperino immaginabile: «"Cammareri, non hai studiato per niente oggi!"» prova a dire con un risultato tanto catastrofico e comico da beccarsi un risolino anche da parte del portiere.

«Devo imparare a non farmi sgamare» ammetto, sospirando seccata. Paolo fa spallucce.

«Tanto quando si tratta di sentimenti non si riesce mai a dissimulare granché. Te l'ho detto, non era un fatto di gesti plateali, quanto di minuzie... Di energia, ecco» conclude schioccando le dita. «Del resto, l'amore è ciò che muove il sole e l'altre stelle.»

Sbuffo, capricciosa: «Ti prego, non citare nulla di legato alla letteratura, almeno stasera.»

Tace per qualche istante, poi sorride.

«Mettiamola così, allora» annuncia, ispirato, «l'amore è come una scoreggia: per quanto possa essere silenziosa, la avvertono tutti, quella degli altri fa schifo e si nota subito chi l'ha fatta. E se devi sforzarti, è probabile che sia cacca.»

Rido ancora: «Stasera sei davvero poetico!»

Riprendo fiato un momento: mi sembra di non ridere così da mesi.

«Andrea... Il professor Rodari credeva che mi fossi innamorata di te, però» dico, senza pensarci troppo. Paolo ridacchia.

«Non era il solo, sai? Il tuo compagno con i capelli un po' più lunghi, di cui mi sfugge il nome...»

«Nicola?»

«Nicola, sì, mi ha chiesto papale papale se avessimo una storia più o meno seria.»

Sollevo un sopracciglio: «Nicola ti ha chiesto se avessimo una storia?» ripeto a pappagallo, incredula. Lui, dal canto suo, sembra imbarazzarsi un poco.

«Ok, in realtà mi ha chiesto se fossi riuscito a portarti a letto.»

«Immagino benissimo i toni: "Oh, ma te la sei schiacciata?"» lo scimmiotto.

Nicola ci aveva provato con me in prima superiore: eravamo anche usciti un paio di volte, per una manciata di ore al sabato pomeriggio in gelateria, ma non era scattato nulla da ambo le parti ed eravamo diventati semplici amici. Immaginavo che comunque lui covasse un vecchio rancore per non aver ricevuto neanche un mezzo bacio.

«Pressoché» conferma lui. Poi ridacchia.

«Che strano» esordisce, guardando per aria, «le ragazze hanno intuito che ti piacesse il professore, i ragazzi hanno supposto che ci fosse qualcosa tra noi.»

«Anche Ester diceva lo stesso.»

Mi rendo conto solo ora che mi dà più fastidio nominare quella che pensavo fosse la mia migliore amica che Andrea.

«Ester è la rossa?»

«Lei.»

Paolo prende fiato.

«Mel, non voglio essere stronzo, ma credo che in certe situazioni sia meglio una sincerità totale rispetto al tacere. Non sopporto l'omertà, l'ipocrisia, chi mi nasconde le cose...»

«Vieni al punto.»

«Non l'ha mai pensato davvero» sputa. «Stasera si è complimentata con me, e alla mia domanda sul perché di questa frase mi ha detto che stavo funzionando da alibi per farti parlare del prof senza che te ne accorgessi.»

Sospira con aria grave.

«Mi dispiace, in effetti avrei dovuto dirti la verità, ma non ce l'ho fatta.»

«Non darti colpe che non hai» lo rassicuro con convinzione. «Hai ragione, non ti avrei mai dato ascolto, perciò non sarebbe servito a niente.»

Sospiro.

«Quella grandissima stronza...»

Osservo la porta dell'albergo senza vederla davvero, cercando di metabolizzare quella sgradevole valanga di emozioni che mi è piombata addosso: mi ingobbisco, rido senza ragione, sospiro, non so neanche io cosa mi frulli per la testa.

Paolo, in risposta, mi stringe le spalle.

«If I lay face down on the ground...»

Ammetto che non avrei mai immaginato che potesse avere una voce così carezzevole.

«Would you walk all over me?»

Si alza in piedi, sistema alla bene e meglio la maglietta e lega in fretta i capelli in una coda disordinata, continuando a mugolare il motivetto a bocca chiusa: un brano leggero, calmo, senza variazioni di ritmo. Poi mi porge la mano, senza riuscire a trattenere un risolino divertito.

«Ti va di ballare?»

Ridacchio, stupita.

«Paolo, sei serio?»

«Ho forse la faccia di uno che sta scherzando?»

Scrollo la testa, senza smettere di sbalordirmi di fronte alle idee deliranti di quello che, a quanto pare, è rimasto il mio unico amico sincero.

«Tu sei fuori di testa.»

Ciononostante, dopo essermi guardata intorno e aver constatato che il portiere ha rimesso il naso nel suo libro, mi alzo e stringo la sua mano.

In risposta, Paolo mi attira a sé, mi stringe poco sopra i fianchi e mi bacia la fronte, lieve.

«When you fall and you can't find your way, push your hand up to the sky...» prosegue, iniziando a muoversi piano. «I will run just to be by your side, don't you ever bat an eye.»

Mi fa fare una giravolta senza senso, che non c'entra nulla con il brano che sta cantando, tanto che ridiamo entrambi.

«Now don't drown in your tears, babe... Push your head towards the air...»

Mi accarezza dietro la nuca, mentre io tuffo il viso nell'incavo del suo collo, respirando il suo gradevole bagnoschiuma al muschio.

«I will always be there

Mi guarda di sbieco, e sorride.

«Ho sempre sognato una sorella, sai?»

«Se ci vedesse qualcun altro non credo che penserebbe a un rapporto fraterno» constato. Paolo fa spallucce, senza sciogliere il nostro abbraccio.

«Anch'io, se vedessi due come noi, penserei lo stesso. Però...»

Esita, cercando le parole migliori per esprimersi.

«In effetti è qualcosa di raro. Ben venga che l'ho trovato a diciott'anni.»

Alzo la testa di scatto, allertata da un sesto senso ormai troppo familiare, mentre l'aura di calma e serenità che è riuscito a creare Paolo svanisce.

HamartiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora