VeNtIdUeSiMo CaPiToLo

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La marcata spossatezza che mi ha colpito dopo il prelievo di midollo osseo era anomala per una ragazza della mia età e in salute come me, per questo i dottor Ingalls, il medico che ha praticato il prelievo, mi ha voluto ricoverare per tenermi sotto osservazione per altre ventiquattr'ore. Ma alla fine il mio stato era solo legato allo stress, e la perdita di quel liquido prezioso per il mio organismo avevo solo contribuito a rendermi più spossata del previsto.

Ne ho approfittato per passare più tempo con la piccola Veronica. Le ho letto le fiabe e sono riuscita anche a darle delle piccole lezioni private grazie anche alla complicità di mia madre che mi portava piccoli libri che sperava potessero interessarle. In questo modo mi sono accorta del grande istinto materno che la contraddistingue, e nonostante ne sono compiaciuta per Veronica, ne sono rimasta confusa; come può una donna dolce e materna come lei aver abbandonato una bambina di dieci anni? Non riesco a spiegarmelo, e mi fa star male non potermi dare una risposta. In realtà è una domanda che mi sono sempre chiesta in questi dieci anni, ma non potendo ricevere alcuna risposta mi sono cullata nell'illusione che mia madre fosse una donna troppo presa da se stessa per pensare a me, o addirittura che non le andassi bene come figlia. Adesso che vedo la possibilità di ricevere finalmente una risposta vera ed esauriente mi sento destabilizzata.

Durante questa prima giornata dopo la trasfusione ho potuto essere testimone della ripresa fisica di Veronica. Il dottore aveva accennato al fatto che un paziente della sua età ha una ripresa straordinariamente veloce in confronto ad un'adulta, ma assistervi è un vero e proprio miracolo. Le occhiaie scure sotto gli occhi le sono quasi del tutto sparite, come per magia, e la luce in quelle iridi azzurre si è riaccesa forte e vivace. Ha ricominciato a mangiare con più appetito la sera stessa, si vede a colpo d'occhio che sta enormemente meglio. Sto scoppiando dalla gioia per lei.

Andrea sta accompagnando Logan e me di nuovo a casa, cioè, nella loro villa qui a New York, e ne sono stranamente felice, l'ambiente ospedaliero mette un po' di depressione. Mi immagino la piccola Veronica come deve starci, se io sono scappata dopo solo una giornata chissà cosa pensa una bambina di appena sei anni a stare tutto il santo giorno, e per diversi giorni, rinchiusa tra quelle mura.

Entro in casa insieme a Logan, che non mi ha lasciata andare un solo istante, mentre Andrea ritorna subito in ospedale; adesso che Veronica si sta riprendendo entrambi vogliono stare con lei tutto il tempo possibile. Logan continua a starmi appiccicato, sembra che abbia paura che possa farmi male. Penso che se non fosse stato per l'orario del passo non me lo sarei scollato di dosso nemmeno all'ospedale.

"Vuoi andare a stenderti sul letto un pochino?" mi chiede premuroso.

Non riesco a rimanere seria mentre lo guardo. "Stai scherzando? Mi sono appena alzata da un letto e mi vuoi subito rispedire in un altro?"

Scoppia a ridere di gusto, e io lo imito, divertita.

Dopo una tazza di tè servita dalla cameriera decidiamo di riposarci un po' davanti alla televisione, comodamente seduti sul divano. Sprofondo un po' tra i cuscini, ma non sono morbidi come il divano di Logan, e non riesco a trovare subito la giusta posizione.

"Ah... a seconda di come mi muovo mi fa ancora male la puntura," affermo in modo lamentoso massaggiandomi il fondo schiena.

"Non ti dico quello che sembri in questo momento, non voglio che mi sputi in un occhio." Confessa ridacchiando.

Rimango immobile con la mano sul mio fondoschiena e a bocca aperta. "Logan!" squittisco indignata. Ma come potevo aspettarmi, lui scoppia di nuovo a ridere e ricomincia a girare canale.

Sono irrequieta sul divano, continuando a cambiare posizione senza sosta. Forse, stanco del mio continuo movimento, di colpo afferra le mie caviglie e si porta le mie gambe sulle sue, levandomi le scarpe. "Logan, ma che fai?"

Il Cuore ha le sue RegoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora