6. Saturday Night

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Appena il campanello suonò Jimin si precipitò alla porta per aprirla, trovandosi davanti Jungkook insieme alla signora Jeon, che aveva insistito particolarmente per accompagnare il figlio fino alla porta di casa dell'amico, nonostante le proteste di quest'ultimo.

«Buona sera», esordì allegro Jimin facendo spazio ai due nuovi arrivati per permettere loro di entrare in casa, Jungkook si levò lentamente il cappotto, mentre sua madre si guardava intorno incuriosita e al quanto stupita.

«È molto ordinata, non avrei mai pensato».

Jimin rise a quelle parole e ringraziò mentalmente se stesso per aver obbligato Taehyung ad aiutarlo a pulire casa quella mattina – non sapeva se la signora Jeon fosse venuta o meno, ma in ogni caso era meglio dare una sistemata: l'ultima cosa che voleva era che impedisse a Kookie di uscire con loro perché pensasse che fossero dei maleducati e incivili.

No, l'unico maleducato incivile è quel ragazzo del bar.

«Mamma», rimproverò imbarazzato Jungkook lanciandole un'occhiataccia – si sentiva tremendamente a disagio essere scortato da sua madre all'età di diciotto anni, ma d'altro canto capiva perfettamente perché sua madre fosse così protettiva nei suoi confronti: gli ultimi anni a Busan erano stati un inferno e lei non voleva che lui stesse di nuovo male, ma Jimin era una brava persona, non sarebbe successo nulla.

«Okay, ho capito! Tolgo il disturbo! Grazie per prenderti cura di Kookie, passerò domani mattina a recuperarti».

Jimin rise di nuovo e aprì la porta alla signora Jeon prima che potesse farlo lei, mostrarsi cortese sembrava un bel modo per guadagnare punti e conquistare la sua fiducia.

«Se preferisce lo accompagno io a casa, domani», la signora Jeon ci pensò qualche secondo e quando scorse lo sguardo implorante del figlio decise di acconsentire.

«D'accordo, ti ringrazio molto Jimin – sei davvero un ragazzo d'oro».

Tutto felice per i complimenti ricevuti assicurò la donna che non c'era alcun problema e rimase sulla soglia della porta di casa finché non la vide scendere per la rampa delle scale verso l'uscita. Era una donna davvero particolare e doveva essere una madre fantastica.

«Mi dispiace per mia madre, lei è molto protettiva nei miei confronti», mormorò imbarazzato Jungkook mentre Jimin richiudeva la porta e lo accompagnava nel salotto in cui aveva già disposto delle coperte calde, qualche bibita rigorosamente analcolica – Jimin non sapeva se Kookie bevesse e comunque non voleva che sua madre vedesse alcolici sparsi per la casa se mai fosse entrata in salotto – e il menù di un ristorante d'asporto.

«Quale madre non lo è? La mia e quella di Taehyung i primi tempi volevano che le videochiamassimo almeno una volta al giorno – era veramente stressante, anche perché le nostre giornate erano più o meno sempre le stesse, ma le faceva sentire meglio».

Jungkook annuì fra sé e si chiese da dove venissero lui e l'amico, all'inizio aveva pensato che fossero di Seoul, ma la sera che aveva conosciuto Hoseok, quest'ultimo gli aveva comunicato che Jimin e Taehyung si erano trasferiti lì solo due anni prima – non avevano nessun accento in particolare e questo lo confondeva.

«Jimin, di dove sei esattamente?», sperava con tutto se stesso di non essere stato troppo invadente, ma il sorriso contagioso del maggiore lo rassicurò.

«Busan, come te d'altronde», ammiccò in sua direzione mentre afferrava il cellulare e passava il menù al più piccolo incitandolo a scegliere, ma Kookie era troppo sorpreso per la notizia appresa.

«Davvero? Non si sente molto l'accento ... e anche Taehyung è di Busan?».

«Uhm tendo a coprirlo da quando sono a Seoul – ammise passandosi una mano tra i capelli color confetto – e Taehyung in un certo senso, è nato a Daegu, ma quando aveva due anni i suoi si sono trasferiti a Busan, nella casa di fronte alla mia e le nostre madri sono diventate subito amiche per la pelle, così ... eccoci qui», spiegò in breve il maggiore, mentre il più piccolo annuiva fra sé.

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