15. Bunny Smile

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Taehyung appena uscito dall'università aveva deciso di non voler tornare a casa, d'altronde sapeva che Jimin fino all'ora di cena non si sarebbe fatto vedere a causa del turno al bar e lui di starsene solo e soletto non gli andava, così prese a camminare lentamente per la città ammirando come il sole giocava con il suo riflesso nelle vetrate degli edifici.

Se avesse portato con sé la macchina fotografica si sarebbe fermato a catturare quei piccoli attimi, ma quella mattina aveva dovuto portare tutto il materiale per il progetto di disegno artistico e non aveva voluto caricarsi di più prendendo dietro anche la fotocamera e rischiare di romperla nel tragitto.

Pensando ciò gli venne in mente Kookie, quel ragazzino dal sorriso contagioso, che la sera prima lo aveva tenuto sveglio fino alla tre per parlare di fumetti e manga – si chiedeva se avesse qualche amico a scuola, ma più lo conosceva, più gli dava l'idea di essere molto solo e ciò lo faceva sentire un po' male: Jungkook era un ragazzo d'oro, chiunque lo tenesse lontano era solo un coglione.

Taehyung non vede l'ora che arrivasse sabato, aveva già pensato più o meno a tutto per il loro appuntamento, anche se non sapeva se potesse definirlo veramente così.

Buttò un'occhiata all'orologio da polso e si accorse che erano solamente le cinque e un quarto del pomeriggio e decise di andare nell'unico posto che gli venne in mente in quel momento.

Non fu facile arrivarci, Taehyung c'era stato solo tre volte in due anni e tutte e tre le volte c'era stato con lui Jimin, che sapeva a memoria quella strada – non si sorprese di dover chiedere indicazioni un paio di volte e l'ultima di queste, fu una bambina di circa dieci anni a rispondergli sorridente.

Grazie alle sue indicazioni molto più che precise, finalmente Tae giunse a destinazione e sorrise felice nel constatare che il parcheggio era pieno di macchine, di conseguenza c'erano ancora lezioni.

Salì le scale lentamente, aprì la porta dell'entrata e venne accolto da Mija con un sorriso cortese da dietro il bancone di quella che doveva essere una specie di reception.

«Buona sera, posso aiutarti?», chiese la giovane mentre lo studiava incuriosita – era sicura di averlo già visto da qualche parte, ma non si ricordava dove.

«Uhm volevo chiederle se sapesse se Jeon Jungkook fosse qui», rispose con un sorriso dolce sul volto, mentre si guardava intorno incuriosito: la scuola di danza era stata rinnovata in quei due anni ed ora era molto più luminosa e popolata. La prima volta che aveva accompagnato Jimin per iscriversi le pareti erano di un grigio sporco, non c'erano sedie dove attendere la fine delle lezioni e c'era un forte odore di chiuso e sudore, invece ora era tutto tenuto alla perfezione, pulito e profumato – cosa che non guastava affatto.

«Uhm intende il gruppo di Seongwoo? Sì, sono nella sala prove in fondo a destra».

Taehyung annuì e ringraziò la segretaria prima di avviarsi velocemente verso la sala indicata, nel percorso incrociò un gruppo di bambini rumorosi, che si prendevano in giro mentre si dirigevano a lezione e il giovane sorrise dolcemente alla loro vista – gli ricordavano Jimin a quell'età.

Finalmente giunse di fronte alla sala desiderata, ma invece di entrare si appoggiò alla parete affianco e prese a girare sui vari social dal cellulare, d'altronde non voleva disturbare le prove e non sapeva che scusa utilizzare per giustificare la sua presenza lì a tutto il gruppo di danza di Jimin e Jungkook.

Per sua fortuna non dovette attendere molto, poiché essendo quasi le sei di sera Seongwoo decise di lasciare andare i ragazzi. Tae si raddrizzò con la schiena e attese di vedere spuntare Jungkook da un secondo all'altro, ma del ragazzino non c'era traccia – in compenso quasi tutti i ragazzi del gruppo lo salutarono sorpresi e Seongwoo si fermò qualche secondo per chiedergli come andasse l'università e tutto il resto: era un tipo simpatico e gentile, Jimin ne parlava sempre bene. Prima della sua partenza era stato Hoseok a tenere insieme il gruppo, Tae sapeva che il suo Hyung conosceva Seongwoo da anni e quando aveva dovuto andare in America era stato felice di lasciare tutto nelle sue mani.

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