19. Agust D

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N.A: questo capitolo conta 3052 parole, so che è parecchio lungo, ma spero possiate apprezzarlo comunque.

Non me la sono sentita di accorciarlo, cambiarlo o dividerlo.

Sabri.

«Grazie Jimin, non ce l'avrei fatta oggi senza di te».

Minha gli regalò un sorriso colmo di gratitudine e Jimin le sorrise di rimando, sentendosi un po' troppo adulato per così poco – semplicemente era stato al lavoro praticamente tutto il giorno ed era rimasto anche dopo l'orario di chiusura per aiutare il suo capo a pulire e sistemare tutto il locale, così da permettere a Jihoon di tornare a casa prima, poiché i suoi amici erano venuti a trovarlo e non li vedeva da troppo tempo.

«Figurati Noona, tanto non avevo nulla da fare».

Jimin si passò una mano tra i capelli scompigliandoli dolcemente, la ragazza seguì ogni suo movimento ritrovandosi ad arrossire vistosamente. Si era ripromessa che quella sera gli avrebbe parlato e gli avrebbe chiesto di uscire, d'altronde era assurdo continuare a rimandare e quando mai avrebbe avuto di nuovo l'occasione di stare sola con lui?

Data l'ora tarda Minha si era offerta di riaccompagnarlo a casa e Jimin aveva accettato volentieri, poiché le aveva spiegato che la macchina l'aveva il suo amico – si chiedeva perché non ne comprassero un'altra, ma probabilmente non potevano permettersela e così facevano a turno, pensò che fosse una cosa molto dolce.

Una volta finito di sistemare tutto, di aver infilato i giubbotti e dopo aver inserito l'allarme Minha fece segno a Jimin di seguirla nel parcheggio sul retro, dove aveva lasciato l'auto quella mattina.

Il rosa era stranamente silenzioso, lo era stato per tutto il giorno, ma almeno non aveva rotto o rovesciato nulla, ma si vedeva lontano un miglio che ci fosse qualcosa che gli ronzava per la testa.

Appena salirono in auto Minha mise della musica leggera in sottofondo e intavolò una conversazione divertente, cercando di coinvolgerlo il più possibile, mentre sentiva l'ansia pian piano iniziare a salirle: come avrebbe potuto dichiararsi? Non si era mai trovata così tanto in difficoltà, d'altronde non era una brutta ragazza e solitamente erano i ragazzi a fare la prima mossa con lei, ma con Jimin era diverso: non l'aveva mai guardata affascinato – più che altro ammirato e rispettoso, cose che erano pur sempre positive, ma non esattamente quelle che lei desiderava.

Giunsero sotto casa sua velocemente, le strade di Seoul erano meno trafficate del solito e questo era un po' dispiaciuto alla giovane, che avrebbe voluto godere un po' di più della compagnia del suo cameriere preferito.

«Grazie Noona, ci vediamo lunedì», mormorò Jimin mentre apriva la portiera, ma la giovane lo afferrò per un polso con un mezzo sorriso – l'ansia era palpabile.

«Senti Jimin-ah ... volevo chiederti una cosa».

Il ragazzo rimase a fissarla incuriosito, aveva notato come le sue guance si fossero scaldate nonostante il buio dell'abitacolo e si chiedeva perché fosse così agitata. Ultimamente aveva notato come si comportasse sempre in un modo abbastanza strano, ma quando aveva chiesto a Jihoon, lui gli aveva risposto che non ne sapeva niente.

«Ecco, mi chiedevo se una di queste sere ti andasse di uscire insieme».

La ragazza lo aveva detto talmente velocemente, che in un primo momento Jimin pensò di non aver capito bene, ma poi la sua mente registrò meglio le sue parole e si sentì arrossire – non sapeva come reagire, cosa dirle e il disagio iniziava ad invaderlo pian piano.

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