36. End

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Jimin fissava la sveglia accanto a lui, che segnava le 2.04 del mattino, presto sarebbe suonata e lui avrebbe dovuto svegliare Yoongi e accompagnarlo all'aeroporto.
Non era pronto, non lo era stato due settimane prima, non lo era in quel momento e non lo sarebbe mai stato, ma dopo quella discussione accesa Jimin non aveva avuto il coraggio di separarsi da Yoongi nemmeno per un secondo, ne avrebbero passato di tempo separati, no?
Esattamente tre anni, tre lunghissimi anni e Jimin era sempre più sicuro che non avrebbe portato niente di buono quella distanza.
Yoongi in quel periodo aveva cercato costantemente di rassicurarlo, inoltre gli chiedeva ogni due secondi "scusa" per ciò che avesse detto allo studio e lo aveva coccolato come mai prima d'ora, si erano goduti tanti momenti insieme e la notte, spesso, si erano ritrovati ad avvinghiarsi tra loro e a nascondere all'altro ognuno le proprie lacrime.
Jimin era ancora convinto che Yoongi non lo amasse allo stesso modo, altrimenti sarebbe rimasto, no?
Sapeva che fosse un pensiero egoista, ma Yoongi si era sbagliato quella volta: a parti invertite Yoongi non avrebbe dovuto appoggiarlo, perché lui non sarebbe mai partito senza di lui, non l'avrebbe mai abbandonato perché per Jimin quel ragazzo era come ossigeno.
Nuove lacrime si formarono agli angoli dei suoi occhi e lui cercò di ricacciarle indietro, ma come poteva fingere di stare bene quando dentro si sentiva lacerare in continuazione?
Perché aveva preso quella decisione?
Era stato egoista Yoongi a voler seguire il suo sogno indipendentemente da lui o era Jimin ad essere egoista e a volerlo tenere al suo fianco?

«Jiminie».

Il sussurrò di Yoongi lo fece rabbrividire e cercò di nascondere le lacrime, sorridendo leggermente e voltandosi verso di lui per incrociare gli occhi piccoli e scuri del ragazzo che amava.

«Non piangere piccolo».

Jimin annuì, ma nel frattempo le lacrime continuavano a scorrere sulle sue guance: lo avrebbe perso, era sempre più sicuro che una volta in America la loro relazione sarebbe andata in frantumi nel giro di poco e nonostante questa consapevolezza, non riusciva a lasciarlo andare libero da quel peso – doveva solo trovare il coraggio di lasciarlo, ma Jimin era solo un codardo, un fottuto codardo innamorato e non l'avrebbe mai fatto a costo di soffrirne in seguito.

«Andrà bene, ci sentiremo tutti i giorni e vedrai che questo periodo passerà velocemente».

Il rosa voleva solo sentirsi dire che non se ne sarebbe andato, voleva solo avere la certezza che lui sarebbe rimasto per sempre con lui, ma Yoongi aveva deciso e niente e nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea e forse era quello che faceva maledettamente male.
Non era abbastanza.
Non era una motivazione abbastanza valida per restare.
Per amarlo.

«Sai anche tu che andrà male», mormorò con un mezzo sorriso in volto, come se ormai avesse accettato il destino che gli aspettava e a Yoongi si strinse il cuore – non voleva lasciare Jimin, era l'ultima cosa che desiderasse fare, eppure dai suoi gesti e dalle sue decisioni sembrava tutt'altro.

«Io ti amo, penso che questo possa bastare per resistere», mormorò avvicinando il volto a quello del rosa, che in quel momento avrebbe voluto mettersi a ridere per la stronzata che aveva appena detto.
Non bastava amarsi per far durare una relazione.
Non bastava affatto! Per far andare bene le cose bisognava essere in due a volerlo, bisognava metterci impegno e costanza – una telefonata al giorno, ben presto sarebbe diventata una a settimana e poi una al mese e poi neanche quella ... era tutto così assurdo, Jimin non riusciva a capacitarsene.

«Pensi che non basti, vero?».

Yoongi aveva intuito cosa passasse per la testa del ragazzo e si odiava, perché una piccola parte di lui la pensava allo stesso modo, ma avrebbero dovuto volerlo entrambi e tutto sarebbe andato per il meglio.

«Penso che sarà difficile Yoongi».

Jimin non aveva voglia di litigare, non in quel momento, non quando fra meno di cinque ore avrebbe dovuto salutarlo per un lasso di tempo abbastanza lungo – voleva solo stare con lui e dimenticarsi di tutto il resto, dimenticare che fuori c'era un mondo che li attendeva e un dannatissimo volo a portarglielo via.

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