Capitolo 22 -Chiuso fuori-

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Sabato 2.24

Mi hanno riaccompagnato sotto casa e, davanti al portone, finisco l'ultima sigaretta. La stanchezza comincia a farsi sentire: sono un animale notturno e, in condizioni normali, potrei fare altro per tutta la notte ma la fase post concerto è diversa. Quando l'adrenalina scema e il livello torna normale, mi sento sempre svuotato, stanco e ho voglia di stare solo. A volte mi viene voglia di scrivere: non sarebbe la prima volta che compongo il testo di una canzone subito dopo un concerto. Stasera non ho voglia di nulla, solo di buttarmi a letto e svenire fino a domani. Abbiamo quasi due giorni liberi che ormai è una cosa davvero rara. Ce li meritiamo, comunque, dato che siamo in giro per l'Italia da mesi, tra firmacopie, ospitate, servizi fotografici e le date del tour. Butto il mozzicone per terra e lo schiaccio col piede. Cerco le chiavi nella tasca ma non ci sono: dove cazzo le avrò lasciate? Poi penso che non ce le avevo dietro dato che ieri mi sono fermato a dormire da Vic. Adesso mi tocca citofonare. Mio padre è in viaggio, motivo per cui non era al concerto: chissà se la sua compagna è qui, dato che, quando lui è via per lavoro, di solito torna a casa sua. Provo? Chiamo Vic? Il broth è dalla sua ragazza, dall'altra parte di Roma: anche se avesse le chiavi farlo venire fin qui a quest'ora sarebbe da coglioni. Decido di citofonare ma nessuno risponde. Tutto quello che ho bevuto stasera e la cannetta che ci siamo fatti con gli amici fuori dal locale non contribuiscono alla mia lucidità. E adesso cosa faccio?

In tasca ho il cellulare e cerco il numero di Bea: la chiamo. Mentre vedo partire la chiamata penso che mi manderà a cagare. E' scappata via dal locale senza salutarmi anche se non so perché. Non le ho dato retta dopo che siamo usciti dal bagno, ma c'era talmente tanta gente e dovevo salutare tutti. Se mi avessero visto con lei, poi, avrebbero cominciato a fare i cretini, specie il gruppo dei miei amici e non mi andava di coinvolgerla. Il suo telefono suona, ma non risponde nessuno. Penso che stia dormendo, magari lo avrà messo in modalità silenziosa. Quando sto per riattaccare sento la voce di Bea che risponde -Dam? Sei tu?- Sentire la sua voce mi dà uno strano senso di tenerezza. -Ciao Bea- rispondo, sospirando. -Tutto bene? E' successo qualcosa?- adesso sembra preoccupata. In effetti sono le 2 e mezza di notte, sono chiuso fuori di casa, brillo e stanchissimo. -No, no tranquilla, tutto bene. Scusa se ti chiamo a quest'ora ...- Non mi lascia finire di parlare e risponde subito -Ma no, figurati, Non stavo mica dormendo, sai? Pensavo- Chissà cosa stavi pensando Bea. Anche io sto pensando. Penso che dovresti essere qui, che mi è rimasta sulla lingua la voglia di te. -Pensavi a me?- le chiedo ironico. Lei sta zitta per qualche secondo. -Bea... -

Sabato 3.14

Il taxy mi lascia di fronte ad una palazzina sgangherata, in una via dietro la stazione Termini. Ha l'aria di un palazzo che ha visto tempi migliori e che è caduto in disgrazia: il rosso della facciata è pesantemente scrostato. Faccio uno squillo a Bea: è il segnale perché venga ad aprirmi dato che a quest'ora l'albergo, o quello che è, è già chiuso. Aspetto qualche minuto e poi il portone di legno si apre e vedo spuntare i capelli rossi di Bea e il suo sorriso. E' avvolta da una mega felpona bordeaux e mi fa segno prima di raggiungerla e poi di fare silenzio. Mi tiene aperto il portone e io entro, piegandomi perché è decisamente basso. La guardo farmi strada attraverso un cortile con dei resti di colonne di marmo e poi infilarsi in una porticina e salire un piano di scale. La seguo e arriviamo ad un pianerottolo su cui affacciano delle porte: una è socchiusa e lei apre quella. L'interno è una stanza piccola, con un pavimento di graniglia un po' sconnesso e due lettini di ferro, una piccola scrivania di legno e una grande finestra che affaccia sul cortile che abbiamo attraversato poco fa. Bea chiude al porta e gira la chiave mentre io mi siedo su uno dei letti e ci saltello sopra, come per provarlo. Lei mi guarda stupita e ride. Non pensare male Bea, era un gioco, non stavo prendendo le misure per altro... Si toglie la maxi felpa e sotto ha una t shirt dei Maneskin, con una foto mia e dei ragazzi. Mi viene troppo da ridere a vedermi stampato sulla pancia di Bea. -Bel cappello- dico indicando la foto in cui lo indosso. Lei si guarda e capisce perché sto ridendo. Poi torna con lo sguardo su di me e serissima mi dice, con un tono risentito -Sai che al firmacopie di Locate non me l'hai voluta autografare? Sei stato proprio s-t-r-o-n-z-o- e scandisce bene la parola, come se avessi difficoltà a capire. -Cazzo, Bea, davvero? Non me lo ricordo... Però è Martha che non vuole, sai? Ci ha fatto il lavaggio del cervello sulle cose che non dobbiamo fare- cerco di giustificarmi, perché mi spiace che ci sia rimasta male. In effetti fosse stato per me lo avrei fatto, ma abbiamo regole ferree sulle cose che possono interferire col merchandising ufficiale. E davvero non ricordavo che ci fossimo già incontrati prima. -La prima volta che ci siamo incontrati è stato al firmacopie di Milano, a dicembre. Ero così emozionata sai? Qualche giorno prima ero andata a comprare il cd senza sapere che ci sareste stati voi a firmarli li, alla libreria in Duomo. La cassiera mi ha dato il pass e me lo ha spiegato: non ci potevo credere! - mentre me lo racconta viene a sedersi vicino a me. -Poi sono venuta anche a Locate, quando avevo la maglietta in mano e ti ho chiesto guardandoti negli occhi se me la firmavi...- Mi fa sentire in colpa, lo ammetto. Ho firmato qualunque cosa e a lei ho dovuto dire di no. -Mi spiace Bea, davvero. Posso sempre rimediare, se hai un pennarello, però- le rispondo sorridendo. Bea mi da una spinta inaspettata con la mano e mi fa cadere di lato sul letto, mentre risponde -Certo! Viaggio sempre con un pennarello in borsa, nel caso incontrassi qualche stronzo che vuole farmi l'autografo!- Poi si lascia cadere di lato anche lei e ci troviamo con le bocche vicinissime.

Sento il tuo profumo, sento il richiamo di quella bocca socchiusa che non sa se parlarmi o baciarmi e non posso resistere. Insinuo la lingua tra le tue labbra, senza lasciarti il tempo di prendere fiato. Ti stringo in un abbraccio forte, sento il calore del tuo corpo un po' teso, gioco con la tua lingua mentre penso che stavolta non mi scapperai. Non busserà nessuno alla porta. E questa maglietta con sopra la mia faccia puoi lasciarla scivolare via e lasciarti coprire solo dalla mia pelle.

Rockstar (This is not music /This is life/This is what i live for)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora