Capitolo 25 -Ultima sera-

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Domenica 01.24

Abbiamo camminato ancora per un paio d'ore, in una Roma che il sabato sera resta sveglia, coi motorini che sfrecciano sui sanpietrini e le coppie che passeggiano. Ci siamo nascosti tra di loro, mano nella mano, raccontandoci cose a caso, ridendo spesso per le mie battute del cazzo o per la mia parlata romana, che di solito con Bea non uso, anche se poi sembra apprezzare. Siamo saliti fino al Gianicolo e ci siamo seduti sul muretto a guardare la città, una placida distesa di luci, oltre gli alberi. Ci siamo fatti scattare una foto da due ragazze giapponesi che stavano passando li vicino: prima ne abbiamo fatta una seria e poi una in cui tiriamo fuori la lingua, uno verso l'altra, ma senza baciarci. Mentre passeggiavamo, sono entrato da un cingalese che conosco, che ha un mini market sempre aperto, e ho preso una bottiglia di spumante, quello pessimo, che mi ricorda le sbronze con gli amici. Ho tenuto la bottiglia semi infilata nei pantaloni e Bea ha fatto più di una battutina su questo mio evidente attributo: le ho risposto strizzandole l'occhio e dicendole che, appena torniamo a casa, le dimostro che madre natura è già stata abbastanza generosa. Ha riso talmente tanto che le sono venute le lacrime agli occhi. Apro lo spumante ed esce parecchia schiuma, che scende anche lungo il collo della bottiglia. Bevo il primo sorso a canna e poi levo un po' della schiuma che c'è intorno. Mentre la lecco via Bea mi sta guardando e vedo chiarissima quella scintilla nel suo sguardo. Sto per passarle la bottiglia ma poi cambio idea, faccio un altro sorso e mi avvicino a lei: baciandola, faccio scivolare un po' di spumante dalla mia bocca alla sua. Non se lo aspettava e quindi dello spumante le finisce lungo il collo: le viene di nuovo da ridere ma quando, senza lasciarle il tempo di respirare, comincio a leccarglielo, asciugandola dallo spumante, torna subito seria. Smetto per un attimo e respiro l'odore dolce della sua pelle. -Mi piace il tuo odore, Bea- le sussurro vicinissimo all'orecchio. Non risponde, ma sospira. A me viene un'irresistibile voglia di farle un succhiotto: proprio tra collo ed orecchio prendo tra le labbra la sua pelle, tenendola stretta, mentre sento le mani di Bea che mi accarezzano la testa. Sento ridacchiare dietro di noi e mi accorgo che le giapponesi di prima ci stanno guardando e ci sorridono, facendo si si con la testa. -Ce stanno a benedì, Bea- le dico, ironico. Bea, ridacchia e risponde -Ci facciamo fare una foto così?!-

Domenica 2.30

Abbiamo preso un taxi e siamo tornati al bed and breakfast di Bea: alla fine non le ho detto di avere la casa libera. Lei comunque domani mattina deve lasciare la stanza, quindi doveva comunque venire qui a prendere le sua cose. Resto seminascosto mentre Bea cerca la chiave del portone ed entra, controllando che non ci sia nessuno in giro. Poi mi fa segno di seguirla ed entro anche io. Salendo le scale verso la sua camera mi scappa di dirle -Hai proprio un bel culo- e con una mano le dò una palpata. Bea si gira di scatto con una smorfia ironica e io continuo: -E se non ce la facessi ad aspettare fino a su?- e la stringo a me. -Allora facciamolo qui- risponde seria, prendendomi in contropiede. -Penso che aspetterò altri 4 gradini- rispondo ridacchiando e la spingo su per le scale, tenendole le mani sul sedere. Bea apre la porta della stanza, cercando di fare piano, per non svegliare i vicini di stanza, ed entriamo. C'è una luce rimasta accesa sul comodino e ci accorgiamo che uno dei due lettini, che avevamo unito ieri sera, è occupato da una ragazza che sta dormendo. Bea si gira a guardarmi e io alzo le spalle: non è proprio il fine serata che avevo immaginato. Dalla sua espressione si capisce che è delusa quanto me, ma è tardi, tra poche ore Bea deve fare il ceck out e non avrebbe senso andare via adesso. Per farla sorridere, gesticolando, le faccio segno che se vuole facciamo una cosa a 3: mi fulmina con lo sguardo e io, piegando la testa di lato, le sorrido sornione. Ovviamente scherzavo! Scherzavo?

Domenica 9.27

Abbiamo dormito, abbracciati stretti nel lettino: non posso certo dire sia stata una delle migliori notti della mia vita. Avere Bea così vicina e non poter fare altro che cercare di controllare la voglia di saltarle addosso, mi ha fatto fare degli strani sogni. Ricordo dei gatti che prima facevano le fusa e poi improvvisamente sembravano aggressivi e mi soffiavano contro. Quando apro gli occhi, Bea si sta stiracchiando: è così bella, anche appena sveglia. Mi accorgo che nel lettino di fianco non c'è più nessuno: la sua amica, una mora, ricciolina e con dei grandi occhiali, ci sta guardando e dalla faccia si capisce che è perplessa. Mi rendo conto di essere seminudo e anche Bea non ha addosso quasi nulla, quindi cerco di sistemare il lenzuolo in modo da coprirci un po' e poi mi presento -Piacere, Damiano David- dico con tono finto ufficiale. L'amica di Bea si mette a ridere, agita la testa e fa roteare i ricci. Viene da ridere anche a me, data la situazione surreale. La ricciolina si avvicina, mi tende la mano e si presenta, con lo stesso tono "ufficiale" -Piacere, Federica. Comunque signor David, so chi sei. Certo non mi sarei aspettata di trovarti nella mia camera. E soprattutto non a letto con un'altra!-. Poi si gira, va verso il bagno e si chiude la porta dietro. Guardo Bea che, nel frattempo, si è tirata su ed infilata una felpa -Sfacciata la tua amica eh?!-

Domenica 11.40

Bea, Federica e io abbiamo lasciato la stanza: stavolta la signora del bed and breakfast mi ha beccato, mentre cercavo di dileguarmi, sgattaiolando dal cortile. Quando mi ha visto si è rabbuiata ed ero pronto al peggio ma poi ha avuto un ripensamento. Mi ha guardato bene e mi ha fatto un sorriso a mille denti. -Ma tu... tu.. sei Damiano!- ed è venuta verso di me, facendo per abbracciarmi. Considerata la situazione ho ricambiato l'abbraccio, sperando che bastasse a farmela passare liscia. -Oddio, il tremendissimo è qui, non posso crederci. Quando lo dico a mia sorella....- prosegue la signora mentre mi guarda soddisfatt,a come se avesse appena scoperto di avere vinto chissà cosa. -Piacere signora, rispondo sorridendo-Non mi presento, visto che mi conosce già!- La signora apre le braccia come dire: ma è ovvio. -Io sono una mammaskin!- Mi giro verso Bea e Federica e ripeto -Lei è una mammaskin!-.

Rockstar (This is not music /This is life/This is what i live for)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora