Capitolo 39 - Casa e sogni-

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Mercoledì 15.36

Da quando siamo nella Maneskin house passiamo insieme praticamente 24 ore al giorno. E' divertente perchè siamo 4 ragazzi con diverse passioni in comune, anche se a volte qualche bisticcio ci scappa. Thomas, quando non è al telefono con Anna, sta spesso sul divano a giocare alla playstation, ogni tanto ci sfidiamo e ogni tanto si aggiunge, non sempre con buoni risultati, anche Vic! Ethan è quello più solitario: quando abbiamo dei tempi morti o si mette in giardino a leggere o sparisce in camera. Vic e io siamo quasi sempre insieme, che sia in piscina, a prendere il sole o a a cazzeggiare per casa. Usciamo relativamente poco, qualche volta siamo andati ad un pub qui vicino, dove ci sono delle buone birre, anche se la cucina è altoatesina e, con il caldo di questi ultimi giorni, un po' troppo pesante. Leo e io andiamo a fare la spesa: gli altri non sono per nulla interessati alla cosa, se non quando si tratta di andare in cucina a mangiare! Ethan, Leo e io siamo gli chef di casa, ognuno ha una specialità o comunque qualcosa che gli riesce meglio, mentre Vic e Thomas sono proprio negati e, dato che ci teniamo alla nostra incolumità, non li facciamo proprio avvicinare ai fornelli. In generale cerchiamo di tenere un profilo basso, farci vedere poco in giro, in modo da non attirare in questo paese orde di fans scatenate e, anche se è già capitato che qualcuno ci abbia trovati, per ora la voce non è troppo circolata e siamo piuttosto tranquilli. Anche perchè dobbiamo concentrarci, dobbiamo tirare fuori il più possibile: poi faremo una scrematura di quello che funziona e di quello che si può archiviare, magari per riprenderlo in futuro. A volte troviamo qualcosa che ci esalta e cominciamo a costruire un pezzo che ci sembra fantastico: lo riproviamo il giorno dopo e non ci piace più, non sentiamo quel trasporto che invece deve rinnovarsi ogni volta che si riascolta una canzone. Deve esserci un'energia infinita in una canzone dei Maneskin: tipo quella delle pile a lunga durata che sembrano non finire mai. Io sono quello che tiene più alta la concentrazione e che ogni tanto bacchetta gli altri, quando cominciano a cazzeggiare troppo in sala prove. 


Mercoledì 15.40

Il bello di questa grande casa è che contiene tutto ciò che serve, non solo per vivere ma anche per continuare a seguire i nostri sogni: c'è un grande giardino curato, una bella piscina, un salone grande e accogliente e poi la sala prove, che non è una cosa molto comune da trovare in una casa di campagna. Finora nessuno dei nostri amici è venuto qui: abbiamo avuto un paio di visite veloci dei parenti ma nulla di più. Ce lo ha sconsigliato anche Martha, per non farci perdere la concentrazione. Lei stessa è venuta solo due o tre volte mentre ci accompagna sempre quando abbiamo degli impegni fuori, anche se è una cosa saltuaria: un'intervista, un servizio fotografico per una rivista per cui abbiamo fatto una toccata e fuga di un giorno a Roma. Mi manca Roma, specie in questo periodo: la primavera. L'aria tiepida, le giornate che si allungano, tutti i posti dove si può fare un giro per godersi il tepore e per ammirarne la bellezza classica ma mai scontata. Ci sono momenti in cui essere così lontano dalla vita di prima fa effetto: come se fossi salito su quel treno in corsa, quello che si dice passi una sola volta nella vita. E adesso mi ritrovi a cercare di esplorarne le carrozze, ad ambientarmi: mi piace, mi esalta ma, in certi momenti, è impossibile non avere un po' di nostalgia. Roma è casa, è dove batte un pezzo del mio cuore, dove sono cresciuto e dove ho cominciato a correre per poterlo prendere, quel treno. In questi momenti nostalgici, anche le parole che scrivo sono diverse, più riflessive, più intime. Passo dall'italiano, all'inglese, a volte mescolo anche le due lingue, magari uso l'una per la parte più rock del pezzo e l'altra per quella più melodica. Ho un quaderno su cui abbozzo i testi o comunque scrivo frasi e cose che mi vengono in mente, così da fissarle e poterle poi elaborare, con calma, a mente più fredda.


Mercoledì 23.39

Ammetto che mi manchi Bea. Non mi basta qualche messaggio su whatsapp per sentirti vicina. Mi fai sorridere perché hai la fissa dei vocali e, a volte, ne mandi alcuni che sembrano infiniti: ma sono divertenti, hai sempre quella tua voce pulita e gioiosa. Mi racconti cosa fai, chi incontri, cosa sta succedendo in queste giornate per te così dense. Si sente la gioia, non lasci spazi alla malinconia. E non mi dici mai che ti manco. Io di solito ti rispondo nelle ore in cui sei a lezione, per cui difficilmente ci incrociamo davvero. Mi mandi anche foto e video, mi fai vedere dove sei, cosa fai, cosa e chi ti circonda. Come sempre trasmetti entusiasmo e voglia di spaccare tutto.   Ho messo il peluche a forma di unicorno sul comodino, cosa per cui sono stato preso per il culo amaramente dai ragazzi. E mi sono portato dietro anche il tuo barattolo, quello dei foglietti colorati, dove scrivevi le cose belle delle tue giornate. Quando mi metto a letto e sento che Leo, nel letto poco distante dal mio, sta dormendo, apro il barattolo e ne pesco uno: è il mio modo di sentirti vicina e di sorridere per le tue gioie. Poi lo ripiego e lo metto via. Così poi mi addormento più sereno e ogni tanto capita che io ti sogni.

Giovedì 8.18

Sento suonare la sveglia del cellulare e , mio malgrado, apro gli occhi. Intravedo Leo che mi guarda e ride, sdraiato a pancia in giù sul suo letto. Con gli occhi semichiusi gli chiedo -cosa cazzo stai a guardà, Lellino? E cosa cazzo c'hai da ride soprattutto!- con la voce ancora impastata dal sonno. Lui, cercando di fare il serio, risponde che parlavo nel sonno, che ho nominato Bea un paio di volte, insieme a frasi sconnesse. E che, quando l'ho nominata, stavo sorridendo come un ebete tanto che mi ha fatto anche un video. Si avvicina col cellulare in mano e me lo fa vedere: in effetti l'espressione che ha la mia faccia è abbastanza ridicola. Si sente vagamente dall'audio che ho chiamato Bea almeno una volta. Lo minaccio perché lo faccia sparire e che non gli passi per la testa di pubblicarlo su Istagram! Lui si riprende il telefono e va verso il bagno. Mentre sono li, seduto sul mio letto, cerco di ricordare il sogno: è una bella giornata di sole e c'è una bella piazza, rotonda, grande, dove si affacciano dei palazzi antichi, alcuni di mattoni rossi. Ad un certo punto, una figura quasi angelica attraversa la piazza in bicicletta: indossa un abito bianco in stile antico, forse di pizzo e sembra quasi volare. Posso vederla solo da dietro e l'attenzione si posa immediatamente sui lunghi ricci rossi, che brillano sotto il sole. All'improvviso lei si gira ed il sorriso di Bea illumina ancora di più quella piazza.



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