Sempre qui

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Mike non si era fatto vivo per tre giorni consecutivi.
Maya mi aveva raccontato che aveva bussato ogni tanto alla porta di casa quando io ero in turno.
Chiedeva se stessi bene o a che ora fossi nel locale, per poi non farsi mai vedere.
Ero seriamente preoccupata per lui, nascondeva qualcosa di più grande di lui e forse anche di me.

Quel pomeriggio avevo deciso di indossare il mio cappotto nuovo per andare a fare compere, giusto per pensare.
Non mi è mai piaciuto lo shopping, o queste cose qui ma quel pomeriggio scelsi di andare a stare sola con me e i miei pensieri.

Mi chiusi la porta alle spalle e sentii dei passi per le scale.
《Mike, non saluti?》mi girai di scatto.
Lui non diede segni di aver sentito.
《Mike, stai bene?》
In quel momento aprì la porta come se non avessi parlato.
《Potresti rispondere.》 gli afferrai il giubbotto con la fantasia militare.

《Dopotutto è buona educazione salutare la tua vicina di casa.》
《Lasciami stare, Megan. Sta lontana da me.》 si girò e non avrei mai voluto osservare meglio il suo viso.
Aveva sangue ovunque.
《Oh merda.》 accarezzai il suo volto per capire quanto gravi fossero i tagli.
《Che cazzo hai combinato Mike.》

《Niente. Niente. Tornatene a casa.》 stava per chiudere la porta ma misi un piede dentro sperando che non facesse forza, così da non dover convivere senza una gamba.
《Fammi entrare, solo per disinfettare.》
《Non ho bisogno del tuo aiuto.》
《Non dire stronzate e apri questa maledetta porta.》

《Va via. Dico sul serio, Megan.》
《Non mi hai ancora convinto.》
《Vai via, cazzo. Va via.》 urlò facendo forza contro la porta.
《Vuoi staccarmi un piede? Così si tratta chi ti vuole dare una mano? Sai cosa? Vaffanculo. Mike, sei un tale idiota. Avrei dovuto ascoltare Maya.》 urlai sul pianerottolo di casa sua.

《Maya? Cosa ti ha detto?》
《Non ha detto nulla. Lascia che ti curi, solo questa volta.》mi strofinai il viso con una mano.
《Entra.》 mi fece spazio.

《So che non mi dirai cosa hai combinato, ma ti prego, non farlo più.》 dissi pulendo con del cotone il taglio sulla guancia.
《Ho la maglia sporca.》 mi guardò.
《Pensiamo alla tua faccia prima. Dopo ti cambierai.》
《Mi stai facendo male.》
《Non eri un tipo tosto te?》 tamponai con il disinfettante.

《Credo di aver finito. Cambiati ora.》
Si tolse la maglia e rimasi stranita dal fatto che sotto a quell'indumento non si celasse un fisico scolpito di tutto punto.
Non aveva gli addominali, ma non era neanche grasso. Si può dire che avesse la pancetta da birra. Sorrisi a quel pensiero e lui mi notò.

《Cosa vuoi ora? Un autografo? Una foto insieme?》
《Da te? Neanche per sogno. Piuttosto, hai della birra?》
《È nel frigo.》 Pancetta da birra, ci avrei scommesso.
Mi alzai e ne presi due, gliene porsi una.
《È già aperta.》 lo informai.
Lui fece un cenno con la testa.

《A casa mia è buona educazione dire grazie.》lo rimproverai stravaccandomi.
《A casa mia no. Anzi è proprio da maleducati.》 si sedette sul divano e mi guardò sorridere.
《Smettila di osservarmi. 》
Lui roteò gli occhi e poi tornò a guardare un punto fisso.

《Devi restare qui?》
《Devo rispondere? Non voglio che tu faccia delle cazzate. Si sente quando rompi le cose. A proposito, quella di ieri, che cornice era? Una foto di famiglia?》
《Non ho più una famiglia.》
Ah, merda.
《Tutti hanno una famiglia, Mike.》
Lui stette zitto e alzò un sopracciglio.
《Sì, cioè. Puoi trovare una famiglia anche nei posti più inaspettati, tipo negli amici o nei vicini di casa. Non che mi consideri tua sorella, ora come ora.》 parlai a raffica.
《Ma quanto cazzo parli?》 si alzò stanco e girovagò per il salotto, mi alzai decisa a seguirlo.

《E così ti chiami Micheal John Bird. Sembra un nome d'artista, un pittore. Un cantante, forse. Suoni?》 notai il pianoforte.
《A volte, non sempre. E il mio nome è Mike, solo Mike per te.》
《Chi ti chiamava Micheal? La tua fidanzatina? Scommetto che l'hai fatta scappare.》

Mike
E invece era mia madre a chiamarmi in quel modo.
Preferii non dirglielo per non metterla a disagio.
Cercai invece di non farle notare che quella frase mi aveva scosso.
《Fammi sentire qualcosa.》
《Eh?》 la guardai.
Nessuno mi aveva sentito suonare, tanto meno cantare.
《Fammi sentire qualcosa..》 disse scandendo bene tutte le parole.

《Ho capito, ma no.》
《Scommetto che sei bravo.》
《Probabile, ma no. Nessuno mi ha mai ascoltato.》
《Sono qui per questo. Dai Mike qualcosa! O preferisci John. Alla fine non è neanche male come nome.》
《Starai zitta?》
《Forse, tu prova.》 si accomodò sulla poltrona di fianco al divano e mise il viso fra le mani.

Cantai un pezzo a caso accompagnato dal pianoforte, mi sentii in estremo imbarazzo.
Ma c'era quel legame fra noi, capii che non dovevo sentirmi a disagio con lei.
Poi però Megan mi guardava e mi osservava davvero, come solo mia madre faceva. Come se non esistesse altro che il suo piccolo pianista.
Come mi chiamava lei.

Andiamo piccolo pianista, stasera al concerto andrai benissimo.》 diceva sempre per incoraggiarmi a dare il meglio di me.

Quando finii restai con gli occhi chiusi per qualche secondo e Megan aspettò che li riaprissi per fare un piccolo applauso silenzioso.
《Cazzo, sei bravissimo Mike.》 si alzò.
《Era solo una cosa che ho buttato giù qualche giorno fa.》

Se solo le avessi detto che in quella canzone parlavo di lei sarei sembrato un completo idiota, le dissi che era per una persona con la quale avevo un certo legame, non un legame stabile.

《Dove stavi andando? Quando, sì insomma quando mi hai fermato.》
《Sei per caso imbarazzato dalla mia presenza? È rossore quello che vedo?》
《No, zitta. Dove stavi andando?》
《A fare un giro.》 alzò le spalle.
《Forse dovrei andare a casa, Maya tornerà fra poco e se non mi trova crederà che mi sia uccisa.》 Dopo aver detto quella parola sbarrò gli occhi e poi guardò dritto nei miei.
Aveva notato che avevo cambiato radilcamente espressione.

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