Sempre tu

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"Non ho paura di quello che sento, ma di quello che non riesco a sentire più."




《Arrivo, arrivo.》 gridai per poi andare alla porta.
《Mike, che...》 lo guardai, il suo viso era messo peggio di una settimana fa, aveva le mani sporche di sangue e rotte.

《Curami.》disse quasi implorandomi.
《Entra, entra.》 ero del tutto scossa nel vederlo così, lo feci accomodare senza fare domande.
《Io, pensavo di morire stasera.》 confessò.
《Cosa hai combinato, Micheal John.》 mi divertivo nel chiamarlo Micheal, lui non ci faceva neanche caso.

《Niente. Niente. Dov'è il bagno?》 chiese guardandosi attorno.
《Vieni.》 mi seguii e una volta in bagno si lavò le mani, si sedette sulla tavoletta del water chiusa e aspettò che lo medicassi, non ho ancora capito se le ferite, o l'anima.

《Fa così male.》mi sfiorò la gamba causandomi dei brividi lungo tutta la schiena.
《Lo so, Mike. Ho quasi finito.》 tamponai piano il suo sopracciglio.
《Verrà un livido grosso come la Torre Eiffel.》
《Rincuorante.》 ritornò con il suo tono acido.

《Ora deduco che te ne uscirai dicendo -È meglio che vada.- Già, vai.》 tornai anche io con la mia voglia di essere stronza e lo sfidai.
《Non avevo intenzione di dirtelo.》
《Ah, allora è meglio che tu vada.》 gli sorrisi, sapevo che avrebbe fatto così.

Passarono quattro giorni e me lo ritrovai di fronte, al locale.
《Da un pò che non vieni.》 sollevai le sopracciglia.
《Lasciami stare, Megan.》 prese il telefono e restò nella stessa posizione per almeno trenta minuti.
Lo vidi alzarsi in fretta e uscire dal locale.

Mi tolsi il grembiule, il mio turno era finito da ormai venti minuti.
《Mike, Mike.》 lui camminò più veloce, lo raggiunsi e gli afferrai il braccio.
《Cosa non ti è chiaro nella frase Lasciami stare, Megan?》
《Micheal John, dove scappi?》 chiesi ignorando la sua frase.

《Non posso dirtelo.》
《Allora sarà una sorpresa per me. Vengo con te. Non mi importa, shh.  Stai controbattendo? Zitto.》 parlai a vanvera.
《Sali, muoviti però, non ho tempo da perdere.》
Feci come mi disse e poi salì anche lui a bordo della sua macchina rossa.

《Ma questo non è?...》si lo era, era proprio un luogo macabro.
Dove si lottava, su un ring. La gente scommetteva su di te, sulla tua forza, sulle tue capacità.
Non mi sarei mai spinta così oltre.
《Devi combattere?》 gli afferrai di nuovo il braccio.
《Meg, senti. Io faccio questo per vivere, non ho un altro passatempo.》 disse con aria sufficiente.

《Non puoi giocare alla Play? Come tutti i rincoglioniti della tua età?》
《No, non mi piace quella roba lì.》
《Questa è sicuramente meglio, hai ragione.》 annuii.
Lui sbuffò e mi prese la mano in modo aggressivo facendosi spazio fra la gente per entrare.

《Alla mia destra, direttamente da Las Vegas, Miumi Kahi! 》 urlò il presentatore, un ragazzo dalla statura gigantesca fece la sua entrata in scena.
《Alla mia sinistra abbiamo Mike Bird!》 urlò ancora e la folla si alzò sentendo il suo nome.

Lo scrutavo in ogni piccolo movimento, volevo assicurarmi che stesse bene, e che fosse davvero lui.
Lo stesso che una settimana e mezzo prima mi aveva cantato una canzone, che parlava evidentemente di me.
Era così celestiale mentre suonava e ora, ora lottava contro un minotauro o chissà cosa, sperando di vincere.

《Il vincitore indiscusso della lotta è.... il nostro mitico Mike Bird. Sempre tu, Mike, sempre tu.》gli alzò il braccio destro e si congratulò con lui stringendolo in un abbraccio.
Lui corse giù dal ring e scelsi di seguirlo.
Tutti gli uomini presenti mi guardavano con aria interrogativa, altri cercavano di persuadermi.

《Mike!》 sussurrai appena arrivai più vicino a lui.
《Meg... torniamo a casa.》
《Aspetta, vieni qui.》 cercai un fazzoletto nella borsa.
Glielo appoggiai sul labbro inferiore e notai che aveva un grosso livido sul torace.
《Merda, Mike. Perché lo fai? Fermo. 》 gli toccai il petto e lui si mosse sotto le mie mani.

《Fa male, nel caso non te ne fossi accorta.》si infilò la maglia.
《Stasera guido io, però domani mi devi accompagnare al locale.》 dissi uscendo da quel lurido luogo.

《Guidare la mia macchina? Sei impazzita?》
《Non voglio morire, non sono ancora pronta.》
《So benissimo guidare.》
《Mike... resto qui se guiderai tu.》
《Allora guido io.》 mi fece l'occhiolino tenendosi ancora il fazzoletto sul labbro.

Alzai un sopracciglio.
《Vaffanculo.》 si rassegnò salendo.
《Era per me, vero?》 dissi dopo dieci minuti passati in silenzio.
《La canzone parlava di me?》
Lui non rispose, guardai alla mia destra. Teneva gli occhi chiusi e le mani unite.
Erano sporche di sangue come qualche sera prima.
Gli accarezzai il braccio sperando che non sentisse il mio tocco, lui sobbalzò.

《Cosa hai combinato, Micheal John? Ce l'hai una famiglia che ci tiene a te? Certo che l'hai. E allora perchè non vai da loro?》 sussurrai.
Speravo non sentisse.
《Tanto neanche mi senti.》

Mike
Invece la sentivo.
Non ce l'avevo più una famiglia, non avevo più una casa. Mi era rimasto solo questo strano rapporto con lei.
Non combattevo per essere forte. Combattevo per sentirmi forte.
Il concetto era diverso.

Volevo difenderlo, quella notte. Ma ero impotente.
《Siamo arrivati.》 si sciolse la cintura e tolse anche la mia.
《Mike, vieni.》 mi incoraggiò.
Aprii lentamente gli occhi e la guardai.

Era così bella.
Una ciocca di capelli scuri le ricadeva sul viso e gli occhi verdi al buio brillavano. Era come se ballassero quando la luce andava via.
《Micheal, dobbiamo scendere dalla macchina.》 sorrise e si allontanò scendendo.

Salii le scale seguendola e arrivato fuori alla porta aspettai prima di aprirla.
《Dormi con me.》 dissi pentendomene subito.
《Eh?》
《No, niente. Una stupidaggine.》
《Sì, dormo con te.》

Aprii velocemente la porta e lasciai che entrasse per prima.
La vedevo con il suo telefono in mano intenta nello scrivere un messaggio, forse a Maya.

《Questa è la mia stanza. 》 le feci vedere la mia piccola e modesta camera.
《Okay.. posso prendere un pigiama a casa mia?》
《No, aspetta eh..》 frugai nel cassetto e presi la maglietta più lunga che avevo.
《Tieni, e se vuoi ho dei pantaloncini, ma credo che ti arrivino ai piedi.》 ero davvero imbarazzato? Oh merda.

《No, vabene così. Grazie Micheal.》mi sorrise debolmente e andò nel bagno di fianco.
Tornò con la mia maglietta addosso e stava meglio a lei che a me, ma non glielo dissi.
Non le dissi neanche quanto era bella, mentre dormiva affianco a me, con il respiro pesante.

La mattina dopo non le dissi che per quella sera gli incubi non mi avevano disturbato.
Non le dissi neanche che era stata  la prima notte nella quale avevo dormito, invece di spostare scatoloni per tenermi occupato.

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