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È passata una settima e in questi preciso momento sto preparando le mie valige.

In questi ultimi giorni ho litigato spesso con i miei genitori, meno male che dovevo passare al meglio quel poco tempo che mi rimaneva prima di venir rinchiusa in collegio.

Tralasciando ciò che è successo di giorno, la notte sono sempre uscita per gareggiare a qualche corsa clandestina.

Prendevo la mia Lamborghini bianca e sfrecciavo lungo quelle strade illuminate solo dalla luna e dalle stelle, è questa la vita che voglio.

-sei pronta?- chiede mia madre, piombando all'improvviso nella mia stanza.
-quasi!- le rispondo.

-senti Mad...- la interrompo.
-mamma so cosa vuoi dirmi. È una settimana intera che lo ripeti, tutto questo è solo per il mio bene. Ho capito!- proferisco io con tono scocciato.

Non ne posso più di sentire sempre le stesse cose, non sono una bambina piccola che non capisce e ha bisogno di più spiegazioni.

-non era quello che ti volevo dire!-
-ah si?- la guardo poco convinta.
-Madison...- incomincia ma viene interrotta dal mio cellulare, che incomincia a squillare.

Sullo schermo appare "numero sconosciuto". Decido di rispondere.

Inizio chiamata:
-pronto! Chi parla?-

-slave, siamo la segreteria del Miami Hight College-

Grande ci mancavano anche loro adesso.

-pronto? Pronto? C'è nessuno?-

-eh si! Si, sono qui!-

-mi scusi posso sapere con chi parlo?-

-mah... se è stata lei a chiamare come fa a non sapere con chi parla, mi può spiegare sta cosa?- urlo.

Mia madre mi sfila il telefono dalle mani e lo attacca al suo orecchio.

-mi scusi, mia figlia è un po' scontrosa questi giorni, comunque io sono la Signora Beer mia figlia è Madison Beer, ha bisogno di qualcosa?-

-domani quando arriverete passate presso la segreteria-

-ok, grazie!-

-si figuri!-
Fine chiamata.

Mi fissa con sguardo rimproverante.
-non è colpa mia se sono fatta così- cerco di giustificarmi.
-certo che però potevi risponderle in un modo più cortese-
-ma non sapeva nemmeno con chi parlava. Tu ti metti a telefonare la gente senza sapere con chi parlerai? Non credo- urlo.
-mia cara signorina cerca di moderare i toni con me, sono tua madre-
-mamma smettila di fare la parte del genitore severo, non serve a niente. Non riuscirai a farmi cambiare in qualche giorno e non ci riusciranno neanche loro- mi riferisco al collegio.
Se ne va, senza dire niente.

Questa sera non ho cenato non avevo fame.

Adesso sono sul letto, a fissare un punto indeterminato del soffitto.
Sono sopraffatta da mille pensieri tutti riguardanti quella prigione in cui insegnano.

Verso le 4:00 del mattino riesco a chiudere occhio solo che dopo due ore mi sveglio.

Decido di prepararmi.

Vado in bagno e faccio una doccia veloce, indosso delle calze a rete rosse, dei pantaloni neri e una maglietta corta nera.

Diciamo che preferisco vestirmi così che con quei pantaloni con quei fiocchi enormi

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Diciamo che preferisco vestirmi così che con quei pantaloni con quei fiocchi enormi.

Scendo in cucina per fare colazione, subito dopo risalgo a lavarmi i denti e a sistemare i capelli.

Li raccolgo in uno chignon, non tanto curato, che però da il suo tocco finale.

Dopo neanche dieci minuti arriva mio padre che mi aiuta con le valigie.

Caricano tutto nell'auto di mio padre e partiamo.

Ovviamente mia madre ha qualcosa da ridire sul mio look.
-certo Madison che potevi impegnarti un po' sul tuo aspetto-
-che vuoi dire?-
-che potevi indossare qualcosa di diverso-
-mamma te l'ho già detto, non fingerò di essere un'altra persona solo per piacere alla gente- lei rimane zitta.

Per il resto del viaggio nessuno osa spiccicare una parola.
Io ho passato la maggior parte del tempo ad ascoltare musica con gli auricolari.

Appena giungiamo a destinazione, ci dirigiamo subito verso la segreteria come ci era stato ordinato.
Bussiamo alla porta e dall'interno si sente una voce stridula.
-avanti-

Entriamo e i miei genitori inizia a parlare con la segretaria che mi consegna le chiavi della camera: è la 267.

Una volta finito, saluto i miei e mi dirigo verso la stanza.
Apro e dentro trovo già le mie compagne, le mie compagne che litigano, però.
-io voglio questo-
-no lo prendo io-

Stanno veramente litigando per un letto?
Non si sono nemmeno accorte della mia presenza.

Con tutta serenità appoggio le mie cose sul letto per il quale stavano litigando.

-ehyyyy!- esclamano contemporaneamente.
-quello è il mio letto!- continuano sempre insieme.
-no è il mio, no il mio-
-basta- grido.
-ci sono le mie cose e quindi è mio, basta discutere- non sopporto la gente che litiga per cose così sciocche.

Iniziano a far scorrere i loro sguardi sui due letti rimasti e:
-quello è mio- indicano lo stesso letto.
-non ci posso credere- insinuo io.
-adesso basta, sono qua da meno di 5 minuti e già non vi sopporto. Tu vai lì e tu lì, problema risolto-

Una di loro mi guarda male.

Sistemo i vestiti nell'armadio e decido di uscire, qui l'aria si sta facendo pesante.

Metto il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloni, gli auricolari nelle orecchie e mi dirigo fuori dalla camera.

Cammino lungo i corridoi pesando che dovrò sopportare quelle due per un anno intero.

Dopo svariate canzoni mi rilasso e senza accorgermene vado a sbattere contro qualcuno.
-sta attento, oh!-
-stai attenta te- risponde di rimando.

Questa voce mi è famigliare, aspetta un attimo questo è il ragazzo della biblioteca.

-ah, ma ciao!- dice, vedendomi.
-ciao- dico fredda e seccata dal fatto che l'ho rincontrato.
-certo che vuoi ammazzarmi, eh-
-la prossima guarda dove metti i piedi-
-adesso sarebbe colpa mia?-

-E di chi vuoi che sia se ti rispondo in quel modo, del pavimento che si è ripiegato per farti inciampare?-

-hai un bel caratterino, vedo!-
-eh già- affermo con tanta fierezza.
-quanta modestia!-
-lo so, ho un carattere stupendo- dico con una punta di sarcasmo.

E continuiamo così per non so quanto tempo, ancora però non ci siamo alzati.

-senti ora io vado!-
-aspetta!-
-cosa?- non ce la faccio più.
-calmati, ohi. Non sei mica come la prima volta che ti ho incontrata-
-quella non ero io!- dico abbassando lo sguardo.
-comunque, posso sapere il tuo nome?-

Mi spunta un sorriso sul volto, ma non per quello che ha detto.

-se ci tieni così tanto a saperlo perché non lo scopri da solo- dico andandomene.

Con la coda dell'occhio riesco a vedere che fa un sorriso, che la caccia alla scoperta del nome abbia inizio!

Ecco il secondo capitolo di Bad Girl.
Spero sia di vostro gradimento, scusate per eventuali errori.
Pian piano scoprirete anche chi sono gli altri personaggi e il nome delle persone che ha già incontrato.

Da Odio Ad Amore || Cameron Dallas, Madison BeerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora