Era notte, più precisamente l'una e mezza, e se al Wishes's Beach le stelle erano luminosissime, sulla Houstone Alley non lo erano affatto.
Solo grazie alla luce dei lampioni Pidge e Matt erano potuti arrivare a casa senza perdersi.
Casa. Quella non era mai stata una casa vera, ma ci poteva andare vicino. Aveva delle abbastanza stanze, i tetti reggevano ancora, a terra c'erano tutte le mattonelle e non faceva freddissimo: era un luogo abitabile, in fin dei conti.
Quando erano arrivati, Matt aveva subito detto a Pidge di andare a dormire perché era tardi, lei era piccola e aveva bisogno di dormire. Nonostante alla ragazzina l'idea non piacesse affatto, seguì gli ordini.
Andò in quella che era la sua stanza, una specie di stanzino con un letto ed una cassettiera, ma quando si infilò nel suo pigiama e si mise sotto le coperte il sonno non arrivò. Rimase per un po' a girarsi da una parte all'altra, nel disperato tentativo di prendere la via per i sogni e per gli incubi, ma più il tempo passava, più lei sentiva che quella notte sarebbe rimasta sveglia.
Allora zampettò fuori dalle coperte, rimise gli occhiali tondi e sgattaiolò per il corridoio, che portava nel salotto/cucina e poi per la camera che per tanto tempo era stata riservata a Matt. A dire il vero suo fratello non era nella stanza, ma in salotto, facendo le pulizie (inutilmente).
"Mat-"fece per dire Pidge, ma proprio mentre stava per uscire da dietro il muro del corridoio, bussarono alla porta.
"Ciao Holty"
Era Shiro, ovviamente, ma allo stesso tempo non era lui. Era strano.
Pidge si nascose dietro al muro.
"Dio Shiro, che diavolo ci fai qui? Non è che mi hai portato altro gelato?"disse Matt, con aria divertita. Non sembrando notare quello che invece aveva notato lei.
Shiro lasciò cadere a terra una bottiglia di birra, non frantumandola per miracolo, sorrise, si avvicinò a Matt.
"Qualcosa mi dice che non sei qui per il gelato"
Il giovane uomo era tutto sudato e puzzava da far salire i conati di vomito. Pidge non lo aveva mai visto conciato così male, mai; neanche alla fine dell'anno scolastico, quando c'erano gli esami dei maturandi.
Andò verso la parte dedicata alla cucina, e Pidge si nascose un po' di più dietro alla parete, stando attenta a non stringere troppo forte il muro facendo cadere via la carta da parati arricciata. "Possibile che tu non abbia niente? Dico, proprio niente" disse lui, con la testa nel frigorifero. Vi si era aggrappato per non traballare troppo.
"Vivo in questa topaia da mezz'ora. Non ho avuto molto tempo per preoccuparmi degli alcolici"disse Matt, incrociando le braccia.
Shiro tirò fuori il capo dal frigo, facendo cadere delle lattine di tonno in scatola e facendo un rumore tremendo. Si stese sul divano, chiuse gli occhi e mugolò.
"Mi farai finire nei guai. Di nuovo" sospirò Matt, mettendo un plaid ammuffito sul suo amico, che gli prese il braccio lentigginoso.
"Che ne dici se ti siedi accanto a me?" fece Shiro con un paio di singhiozzi e sorrisi insensati.
Il ragazzo era iniziato a diventare rosso, giusto sulle gote. Aveva fatto in modo che l'altro lo lasciasse, e stava per andare nell'altra stanza, che Shiro gli urlò dietro.
"Credevo fosse quello che volevi"
Matt si fermò, rossissimo, ma non si mosse.
Alternava lo sguardo tra l'altro e la porta, faceva un passo verso il giovane uomo e poi tornava verso la porta della sua stanza, poi ricominciava, mordendosi il labbro e stringendo i pugni."Fa così caldo qui dentro"
Il giovane uomo ubriaco si tolse il plaid di dosso, si fece un po' d'aria con le mani, si guardò intorno con fare distratto, confuso, come se si stesse chiedendo dove fosse.
Shiro prese tra le mani i bottini della sua camicia nera, lasciando che ogni gesto corrispondesse ad un aumento di rossore del fratello.Pidge non osava muoversi.
"Oh cazzo" disse Matt, che si era acceso di un rosso fiamma paragonabile sono al bordeaux delle magliette di Keith o al colore di peperoni e pomodori, fate voi.
Shiro si alzò cercando di raggiungere l'altra stanza, barcollando, e cercò appoggio sul povero Matt, che si era messo le mani sugli occhi per svariate ragioni: per coprire il rossore e per evitare che il suo sguardo indugiasse su quel bel ragazzo a torso nudo che era a meno di un metro da lui.
Il ragazzo lentigginoso indietreggiò, ma Shiro, che aveva avuto un moto di risate, si avvicinava sempre di più, e provava a mettere le mani sui suoi fianchi o sulla sua schiena.
"Shiro, sei ubriaco, torna a casa" disse in un povero tentativo di far ragionare l'altro. Non poteva. Era andato troppo oltre con gli alcolici per fermarsi, doveva capirlo oramai.
"Dici?" gli rispose l'altro con un sopracciglio alzato, la mano che lo fermava al muro.
"Noi non...diamine, tu hai una ragazza favolosa e ti pare mai che noi..." iniziò a gesticolare Matt, lo sguardo rivolto al divano o al soffitto, la voce tremolante. Pidge non era sicura che il fratello lo pensasse davvero.
Shirogane lo prese in contropiede, gli mise velocemente una mano sul collo, tra i capelli mielati, ed una sul fianco; così che Holt non potesse andare via, non potesse più rimandare l'imminente.
"Tu sei più importate di lei" disse Shiro, a pochi centimetri dall'altro, un sorriso del tutto privo di senso. C'era un non so che si romantico in quella frase, ma era stata rovinata dalla puzza di sudore e dal sorriso di Shiro, che sembrava un ghigno.
"Non ci casco di nuovo, Shirogane"
Era un frase inutile. Ci cascò, eccome se ci cascò. Ci era sempre cascato lui, Pidge poteva vederlo nei suoi occhi, e forse avrebbe continuato a cascarci, il povero Matt. Non era del tutto colpa sua: chi non ci sarebbe cascato?
Shiro lo baciò e lui non fece niente per fermarlo.
Anzi, superato un momento non fece che peggiorare la situazione: gli mise le mani dietro la schiena, come potrebbe fare un bambino al Luna Park con il proprio grande panda di peluche, proprio dopo averlo vinto.
Quello che successe dopo nessuno lo sa, perché Pidge con uno scatto fulmineo si chiuse in camera sua, il respiro veloce ed il cuore ancora più veloce. Prese il suo telefono, strisciò il pollice sullo sfondo con l'alieno sopra e scrisse un messaggio a Keith. Più di uno.
-Keith, ho bisogno di parlarti-
-È molto molto importante. Non so cosa devo fare-
-Sono la tua migliore amica, non so dove andare-
-Ti prego-
-Keith!-Niente. Keith non leggeva i messaggi.
Pidge si mise le sue vecchie converse ed un maglione enorme, salì sopra la cassettiera.
Se solo Matt Holt non fosse stato così impegnato, avrebbe notato che la finestra della camera di Pidge era stata aperta e che la ragazzina non c'era più.
STAI LEGGENDO
"A Voltron Story"
FanfictionErano tutti dei ragazzi normali. Lance McLain era il tipico ragazzo sportivo, non eccelleva nello studio ma amava la musica, sempre sorridente nonostante i dubbi e le insicurezze. Keith Kogane era stato adottato, ma se ne era fatto una ragione da te...