"Lance! Torna sul pianeta Terra! Gli allenamenti non si fanno con un giocatore nella Via Lattea!"
La voce di Lotor lo riportò nella palestra principale, e non solo la sua voce: anche una bella pallonata sulla schiena. Non che facesse male veramente, ma era più una cosa mentale.
Prima era in un posto, ed ora ne era in un altro. Tutto nell'arco di un secondo.
"Scusa Tor, non so che mi prende, oggi" rispose il cubano.
"Vedi di riprenderti per la partita della prossima settimana. Potete andare, gli allenamenti finisco qui. Domani, stessa ora. No, Lance, tu aspetta"
Tutti i giocatori stavano andando verso gli spogliatoi, ma il cubano no.
Le scagnozze di Lotor ( o le le giocatrici migliori della squadra, come preferivano essere dette loro) si fermarono un attimo, guardando il ragazzo e chiedendosi se sarebbero dovute intervenire.
Si chiamavano Nathalie, Alexandra, Elisabeth ed Astrid, ma loro stesse avevano storpiato i nomi perché non erano abbastanza fighi. Quindi ora le ragazze si facevano chiamare Narti, Acxa, Ezor e Zethrid. Molto inquietante, no?
Lotor fece loro un vago gesto con la mano e le quattro se ne andarono.
"Ora mi dici che ti prende. È già il secondo allenamento che stai con la testa da un'altra parte"
Lance sbuffò, non sapendo che dire.
Il capitano era di due anni più grande di lui, ma nonostante ciò lo aveva sempre trattato come suo pari.
All'inizio Lance credeva che Lotor fosse un tipo molto strano: aveva i capelli lunghi, lisci e bianchi, la pelle scura, gli occhi gialli, altissimo e con un nome inusuale; ma presto era diventato per Lance un grande amico, sebbene un po' di paura il cubano l'avesse ancora.
"Te l'ho detto, non lo so proprio. A volte penso che dovrei solo prendermi una pausa"
"Dal basket? Mai. Senti, tra un paio di giorni i miei partono, non so che viaggio di lavoro strano, e pensavo di dare una festa. Che ne dici?"
Lance, sorrise. "Dico che è un'idea geniale"
"Non portare con te tipi strani, intesi?" fece Lotor, scompigliandogli i capelli e facendolo ridere.
"Idem per te, Tor"
Tanto Lance sapeva benissimo chi il capitano avrebbe portato: le sue quattro guardie del corpo, Rolo (ovvero Ronald), Throk ( che è Thomas), Raht (Raphael, in pratica) e Nyma (Nymera, nome che era strano anche senza essere storpiato).
Insomma: i soliti."Vatti a fare una doccia ora, o nessuna ragazza ti vorrà più!"
Lance stava per andare, ma quest'ultimo continuava a trattenerlo in quella grande palestra dove le parole echeggiavano ed i passi rimbombavano nel più assoluto silenzio.
"Ho notato che giri intorno a Kogane. Stai attento a quel ragazzo. È imprevedibile. Imprevedibilmente pericoloso"
Lance trattene una risata, ma non un sorriso: trovava bello che qualcuno si preoccupasse per lui.
"Tranquillo Lotor, so difendermi da solo, anche se dubito ce ne sia bisogno. Credo mi consideri un suo amico ora, ma non saprei. Con lui è sempre tutto... confuso. Diverso. Non saprei"
Lotor sbuffò, incrociando le braccia forti e muscolose.
"Come no, tu e lui amici. Ricorda quello che ho detto, se ci tieni a te stesso: sta lontano da Keith Kogane"
"Lance! Smettila di fare quello che stai facendo, qualunque cosa sia!"
Era ormai pomeriggio della stessa giornata in cui aveva avuto la conversazione con Lotor.
Lance se ne stava sdraiato sul suo letto, ripensando a quella strana frase che l'amico gli aveva detto in palestra ( anziché ripetere per quell'interrogazione di storia che il professor Shirogane aveva programmato da mesi).
"È imprevedibile. Imprevedibilmente pericoloso. Sta lontano da Keith Kogane."
Che voleva dire? Ci doveva pur essere un motivo se Lotor lo metteva in guardia da Keith, e l'ispanico avrebbe scoperto il motivo. Ma non adesso."Hey Hunk, che ti prende?"
Era normale che Hunk entrasse e uscisse da casa McLain senza essere invitato, ma non era mai successa una scena del genere. Una cosa del tipo: Mani in alto, nessuno si muova! Guardate che sparo!
"Ho ricordato! Miseriaccia, se ho ricordato! Adesso sarà proprio un bel casino!" diceva Hunk con gli occhioni sgranati, girando avanti e indietro il berretto arancione che si portava dietro dalla terza elementare.
"Cosa sarà un casino? Che diamine hai ricordato, Hunk?!"
Ma l'amico non gli rispondeva e continuava a girare in tondo per la stanza. "Miseriaccia, che gran casino, ma come ho fatto a non capirlo prima. Oh, ma perché? Che bisogno c'era? Che casino, miseriaccia, che gran casino..."
Lance prese iniziativa."Hunk, smettila di blaterare e spiega!"
"Okay, ora mi calmo. Respira. Inspira. Respira. Inspira. Sono pronto" disse Hunk, sedendosi a gambe incrociate a terra.
Fece un sospiro. "Pidge Gunderson non è chi dice di essere" iniziò Hunk.
"Come prego?" lo interruppe il cubano, un sopracciglio più sopra dell'altro.
"Oh, è stata sotto il nostro naso per tutto questo tempo, Lance! Allora: non ti è mai venuta la sensazione di averla già incontrata?"
"Beh, sì, ma che c'entr-" disse Lance, stringendo un peluche.
"C'entra! Miseriaccia, c'entra tutto! Okay, ricominciamo, ma non interrompermi più. Neanche se ti faccio una domanda, tu non rispondermi" premise l'amico, poi riprese."Senti: il punto è che noi l'abbiamo davvero già conosciuta! Okay, seguimi: tre anni fa ci misero nei corsi di recupero estivi, no? Tre anni fa, in quello stesso corso che frequentavamo noi, c'era un ragazzo. Era un ragazzo mingherlino, basso, con i capelli corti, occhiali e lentiggini. Ci misero in coppia con lui per molti progetti. Diventammo amici, per tutta l'estate ci incontrammo alla Caffetteria di Marmora, al Moonestone's Beach, al Luna Park che si chiamava Galaxy e che era fuori città, ai giardinetti, praticamente ovunque. Poi arrivò Settembre e non riuscimmo più a contattarlo. Quando credevamo di averlo trovato, una volta, nei corridoi, una ragazzina che era uguale a quel ragazzo ci disse che avevamo sbagliato di certo persona. Ti ricordi i nomi di quel ragazzo del corso di recupero e della ragazzina del corridoio?"
"Beh, la ragazzina era Pidge Gunderson, ovviamente, mentre il ragazzo... mi ricordo che ci aveva detto di chiamarsi Matt Holt. Ma che vuoi dire con questo?"
Hunk strappò dall'armadio di legno di Lance una delle polaroid, la mise proprio sotto il naso dell'ispanico. "Sai dirmi chi è?" disse.
Lance guardò la foto.
Era di tre anni prima, l'estate del loro primo anno, e c'erano lui ed Hunk che mangiavano zucchero filato al LunaPark Galaxy, ma non erano soli: c'era un'altra persona."Mi stai dicendo che Pidge e Matt sono la stessa persona?" disse Lance, scioccato.
"E chi sa se è l'unica nuova identità che si è fatta. Siamo sicuri che sia chi dice di essere? Perché ha mentito?"
"Fammi indovinare: vuoi scoprirlo"
Hunk sorrise. "A costo di finire in un'avventura"
Adesso Lance aveva più di una domanda alla quale non aveva risposta.

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"A Voltron Story"
Fiksi PenggemarErano tutti dei ragazzi normali. Lance McLain era il tipico ragazzo sportivo, non eccelleva nello studio ma amava la musica, sempre sorridente nonostante i dubbi e le insicurezze. Keith Kogane era stato adottato, ma se ne era fatto una ragione da te...