42- Gli Holt

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Forse un giorno la primavera sarebbe tornata per davvero e quei giorni misti tra squarci di sole e gelo sarebbero finiti.

Questo era quello che pensava Pidge, rannicchiata sul pavimento a scrutare le macchie di umido sul soffitto.

Basta, ma che stava facendo! Sprecare una giornata normale a non fare nulla, che follia.

Si alzò, iniziò con determinazione a sistemare la casa; Matt sarebbe tornato a breve.
Prese un secchio dalla piccola botola per quelle cose là, lo riempì d'acqua e ci intrise lo straccio per la scopa. Poi sistemò i piatti, spolverò le credenze, buttò la spazzatura.

E giunse il momento di entrare nel regno proibito, la camera di Matt.

C'era stata solo due volte in tutta la sua permanenza in quella casa, da allora niente.

La porta cigolò sotto la stretta di Pidge, che a cauti passi entrò.

La paura di aver varcato un luogo sacro svanì presto, sommersa sotto i vestiti da piegare di suo fratello. Sembrava una pila infinita.

Poi giunse il turno di spolverare i cassetti, e quella stanza ne era piena. Iniziò a frugare nelle credenze cercando di lasciare tutto intatto, ma pochi cassetti dopo la ragazza si rese conto che era un'impresa impossibile.

C'erano carte, foto, cose inutili, alcuni cassetti erano pieni di oggetti di scarso valore, altri racchiudevano un solo ninnolo e basta.

Era il caso di quel cassetto, quello in fondo a tutto nella terza cassettiera.
Conteneva una busta sgualcita, con dentro pochi pezzo di carta sottile. Dovevano essere lettere, ma non c'era scritta né data né mittente.
Pidge iniziò a leggere.

'Non chiami più, non scrivi più: sei forse morto? Lo so che sei emozionato all'idea di vivere da solo, ma non mi pare che questo ti dia l'autorizzazione per non sentire la tua famiglia! Voglio sapere tutto, Matt, ogni singolo momento nella nuova scuola! Dovresti essere in camera con un ragazzo più grande, di lui che mi dici? Spero tutto bene.
P.s: Ricordati che il mese prossimo ci sono le vacanze e che verremo a trovarti. Guai a te se non ti vedo in aeroporto.'

'Matt Holt, sei in guai seri! Come ti salta un mente di diventare un ribelle! Credevi che non l'avremmo scoperto, ma le lettere dai tuoi insegnanti arrivano eccome! Se non fosse per i tuoi voti, verrei a prenderti per le orecchie e ti riporterei a casa immediatamente! Ma che ci dobbiamo fare se sei intelligente, che dobbiamo fare! Potresti almeno cercare di non farti espellere dalla scuola, per favore? Grazie.'

'Matt... la scorsa lettera mi ha fatto riflettere molto. Non voglio farti un rimprovero, se è questo che credi, ma voglio solo dirti che sei una persona coraggiosa. Non immagino neanche lo sforzo che hai fatto per scriverci di te; conoscendoti, direi che avrai accartocciato parecchi fogli. È tutto okay, Matt. Davvero. Sei felice, no? Non mi basta sapere altro. Se Takashi ti rende così felice come mi hai detto, chi sono io per giudicare? Sei il mio bambino, Matt, nonostante sei cresciuto molto. Non vedo l'ora che arrivi l'estate.'

'Dì la verità: non è facile tornare a casa, o mi sbaglio? Mi dispiace Matt, ma tutto finisce prima o poi, e... beh, la parte più egoista di me vuole il suo bambino indietro. Dubito che dopo quest'anno tu sia ancora un bambino. Lo sai, anche Katie non è più una bambina: ha restaurato la sua stanza, si è sbarazzata di qualche ninnolo, non vuole più i nostri abbracci, legge tutti i giorni. Spero solo che non siate cambiati troppo, voi due, o non vi riconoscerete neanche.'

Non lo aveva sentito entrare, doveva essersi preoccupato non avendola vista sbucare.

"Mettile a posto" disse Matt, prendendo i fogli dalle sue mani e stringendoli. Scricchiolarono.

"Ma sono lettere, è la loro calligrafia" disse Pidge, sentendo ancora la carta sotto le dita.

"Sono di tanto tempo fa" rispose freddo l'altro.

Ora la ragazza capiva perché le lettere erano chiuse: erano pericolose. Serbavano nostalgia.

"Ci pensi mai a loro?"

Non rispose subito. "Continuamente"

"Papà era con te. Cosa gli è successo?" continuò lei.

La sensazione di essere sospesi nel vuoto continua a persistere, le dita continuavano a pizzicate.

Matt Holt non era obbligato a parlare, si ridisse la ragazza in seguito, ma lo fece lo stesso.

"Lui lo aveva capito sin da subito come funzionavano le cose per i Galra: non volevano dei prigionieri, ma delle cavie. Come i porcellini d'India. All'inizio ci andava bene, non è che succedesse molto. Ma poi... ha iniziato ad indebolirsi. Ci credo, faceva sempre freddo, senza la luce del sole, senza un letto decente. Lo portarono via, lontano da me e da Shiro. Non lo so che fine ha fatto Pidge. E questo mi fa male" disse, sedendosi a terra.

Neanche la primavera poteva colmare quel gelo.

"Tu come hai fatto a fare tutto quel che hai fatto?" chiese, guardandolo.

Matt ricambiò, fece un leggero sorriso. "Fortuna: quando fui ulteriormente separato anche da Shiro, sono finito in una sede per esperimenti. Con me c'era questo tipo anziano dall'aria simpatica, gli diventai caro. Era il primo capo dei Ribelli; 'mi verranno a prendere', diceva, 'e ci salveranno tutti'. Dio, aveva ragione. I Ribelli organizzarono una spedizione e liberano quante più cavie possibile, me compreso. Venimmo qui a Voltron"

"Diedero a tutti due scelte: combattere con loro o andare via. Furono pochi quelli che restarono, ma gli occhi del loro capo mi avevano già detto tutto. Dovevo restare, che ne avessi voglia o no. Ero uno dei suoi strateghi, non dubitava mai di nessuna delle mie intuizioni. Ma lui era vecchio e malato: gli avevano diagnosticato un cancro, non sarebbe sopravvissuto comunque. Ed il comando lo lasciò a me. Capisci, a me! Non me lo disse finché non fu in punto di morte. 'Matt Holt', disse, 'sarai tu a salvarci tutti; guida i Ribelli e aiuta i Paladini di Voltron per condurli alla vittoria'. Da allora non ho mai lasciato a città. Per me eravate tutti morti"

Pidge gli mise una mano sulla spalla, poteva sentire tutti i sensi di colpa dalla sua voce. Era riuscito a non pensarci per molto, ma quelle lettere... I ricordi di una vita passata facevano male, lei lo sapeva.

"Non avevi scelta"

Quella frase era la colonna sonora della vita dei cittadini di Voltron.

"E la mamma? Non la vedo da... troppo" disse con una leggera risatina Matt.

Fu il turno di Pidge di ricordare. "Non lo so. Sono scappata per fuggire dai Galra, ci siamo divise. Credo sia scappata anche lei"

Matt su alzò di scatto. "E tu l'hai lasciata da sola?!"

Anche Pidge si alzò. "E che dovevo fare?! Voi avevate lasciato sole noi, lei diceva che eravate morti! Voleva andare in Italia dai nonni, voleva rinunciare! Non potevo seguirla, Matt, non potevo smettere di sperare! E poi cosa vuoi da me, anche tu potevi seguire papà!"

"Sarei morto!"

"Ed io come te!"

I due fratelli piombarono in uno stato di tristezza cosmica, rendendosi conto delle colpe di cui erano macchiati.

No, la primavera non sarebbe arrivata mai più, non per loro. L'estate sarebbe stata solo un ricordo, l'autunno anche. Per gli Holt solo inverno, freddo e buio inverno.

"Ed ora siamo rimasti io e te"

Due assassini.

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