Ricordi

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Silente non ebbe bisogno di compiere un oneroso sforzo mentale per capire che il significato dell'affermazione di Arya si spingeva ben oltre il riferimento alla boriosità di Lucius Malfoy e prima che lui potesse impedirlo, la mente lo riportò a quando la notte di Halloween di dodici anni prima era giunta ad Hogwarts la notizia che Lord Voldemort aveva ucciso i Potter e che il figlio di Lily e James era sopravvissuto al male in persona. Il primo pensiero di Albus Silente era stato proprio per il piccolo Harry: si era assicurato che fosse affidato a Petunia Evans, consapevole che solo in quel modo la protezione che Lily gli aveva assicurato, offrendo la propria vita in cambio, avrebbe continuato a sopravvivere.

Solo in un secondo momento si era preoccupato del fatto che Sirius Black avesse tradito i propri migliori amici per porsi al servizio delle forze oscure che fino a quella notte avevano terrorizzato l'intera comunità magica: si era interrogato a lungo sul perché quel ragazzo tanto leale da essere smistato nella casata di Godric Grifondoro, disattendendo ogni possibile previsione dato il cognome che portava, avesse alla fine tradito proprio quelli che erano come dei fratelli per lui. Erano passati dodici anni da allora, tuttavia Silente non era mai giunto ad una qualche soddisfacente conclusione, costringendosi quindi a piegarsi all'evidenza dei fatti.

Infine, l'ultima persona a cui aveva rivolto il proprio pensiero era stata proprio Arya: l'aveva incontrata una sola volta, pochi giorni dopo che suo marito era stato arrestato ed il resto della sua vita era stato stravolto per sempre. Prima di quell'incontro aveva ricevuto una decina di lettere firmate da "Arya Black", in cui la ragazza chiedeva di poter vedere Harry, di poterlo tenere con sé. Aveva chiesto al preside di Hogwarts anche di aiutarla a dimostrare l'innocenza di Sirius Black, perché lei ne era convinta, "Sirius non sarebbe mai stato capace di compiere un crimine così orrendo, non avrebbe mai tradito i suoi amici, non avrebbe mai tradito me", aveva scritto in una di quelle lettere. Tuttavia quelle parole, per quanto si fossero impresse nella sua memoria, non furono sufficienti a smuovere la coscienza del preside di Hogwarts: doveva fare ciò che era giusto, nonostante tutto. Così, quando Arya si era accomodata di fronte a lui nel suo studio, Silente le aveva comunicato che era fondamentale che Harry restasse con gli zii materni e che lei non avrebbe potuto vederlo, almeno finché il bambino non avesse compiuto undici anni, non fosse venuto a conoscenza dell'esistenza della magia e di essere lui stesso un mago, facendole inoltre presente che in ogni caso, almeno sulla carta, lei non aveva alcun diritto di tutela del piccolo dal momento che Sirius era il padrino di Harry Potter, mentre Arya aveva convinto Lily a nominare un'altra persona come madrina del figlio, nel caso fosse capitato qualcosa sia a lei che a Sirius. Arya aveva ascoltato le sue parole in silenzio, senza interromperlo, come se quella fosse stata l'ennesima condanna a cui era stata sottoposta.

-mi dispiace Arya, le cose sarebbero dovute andare diversamente quella notte-
Le disse, spezzando improvvisamente quel lungo silenzio che era calato nell'infermeria. Arya non disse nulla, limitandosi a fissare un punto di fronte a sé, proprio come quella sera, in cui Silente le aveva spiegato che Sirius era il custode segreto dei Potter, pertanto l'unico che avrebbe potuto rivelare il loro nascondiglio. Tuttavia, nemmeno di fronte a quell'evidenza le sue convinzioni avevano vacillato, né allora, né quel giorno di settembre, dodici anni dopo.

-bisogna imparare ad accettare il passato-
-e tu l'hai fatto? –
Arya si sforzò di sorridere quando incrociò lo sguardo di Albus Silente, distogliendo il proprio dalla moltitudine di fini gocce di pioggia che avevano cominciato a spargersi sul vetro: era sempre stata bravissima a distribuire massime di saggezza, nonostante fosse la prima a disattendere le sue stesse parole.
-se l'avessi fatto non sarei qui probabilmente-
Disse ripensando a Jack Hughes e a quando le aveva chiesto di uscire mentre si occupavano di una donna che si era presentata con un'insolita ed alquanto inquietante forma di spruzzolosi. Arya ricordava quella sera in cui per la prima volta dopo anni aveva aperto l'armadio per cercare un vestito adatto ad un appuntamento e non un paio di jeans ed una felpa anonimi. Aveva ispezionato velocemente tutti quegli abiti scartandone uno rosso, che sarebbe stato perfetto se non fosse che si trattava di un'afosa serata di luglio e non il 25 di dicembre. Subito dopo aveva messo da parte anche quello rosa confetto che aveva indossato per il matrimonio della sua amica Corinne, ricordava ancora quanto lei e Willa si erano inutilmente lamentate prima che la sposa le minacciasse di presentarsi ai loro matrimoni vestita da danzatrice di hula.
Per alcuni minuti aveva fatto scorrere uno dopo l'altro tutti quei vestiti finché non era rimasto un tubino blu notte, e Arya aveva indugiato un paio di istanti fissando quel pregiato capo di sartoria, il preferito di Sirius, ma non appena il ricordo di tutte le volte in cui aveva messo quel vestito, fingendo di non riuscire a chiudere la lampo da sola solo per sentire le dita di suo marito scorrere delicate lungo la sua pelle, era tornato vivido nella sua mente, Arya aveva chiuso l'armadio con un colpo secco, pieno di rabbia: non poteva uscire con Jack, perché andare a cena con lui e magari poi passeggiare lungo le rive del Tamigi, avrebbe implicitamente significato che lei si era arresa all'evidenza che le possibilità che Sirius tornasse nella sua vita si erano davvero esaurite, ed Arya questo non poteva permetterselo.
Aveva quindi inviato un gufo a Jack, dicendogli di essersi sentita poco bene e, scusandosi, gli aveva senza troppi giri di parole dato buca, passando quindi il resto della serata a guardare inutili programmi babbani in tv, rannicchiata in un angolo del divano con indosso quel meraviglioso tubino blu notte.

-ho un gran mal di piedi, le spiace se...-
Disse Arya, abbandonando quella sua posa rigida e sperando che il preside la lasciasse finalmente andare: ogni volta che i ricordi riaffioravano nella sua mente, lei veniva travolta da una serie di sentimenti contrastanti, perché ripensare alle dita di Sirius che scorrevano su di lei la faceva stare bene in qualche modo, ma allo stesso tempo la faceva sentire così inesorabilmente triste e sola, e quel vuoto che lui aveva lasciato in lei, tornava ad apparirle più incolmabile che mai.
-oh non volevo trattenerti, immagino tu non veda l'ora di toglierti quelle deliziose scarpe-
Le disse accennando un sorriso, come se fino a quel momento avessero parlato unicamente del tempo o di cosa sarebbe stato servito quella sera per cena. Arya rimase ad osservare l'anziano preside che si incamminava per raggiungere la pesante porta dell'infermeria, indugiando ancora solo un secondo sui propri pensieri e ricordi, prima di togliersi finalmente quelle terribili scarpe e seguire Silente lungo l'ampio e luminoso corridoio.

Sirius riaprì gli occhi, sforzandosi di rimettersi in piedi e di riprendere la propria marcia attraverso la fitta coltre di alberi: ci aveva messo solo un secondo a capire di essersi materializzato proprio nella foresta proibita quella mattina, ci aveva passato così tante notti con i Malandrini che ne conosceva a memoria praticamente ogni palmo.
Avanzò di qualche altro passo, ritrovandosi in prossimità di una radura e pur sapendo che non fosse una buona idea uscire allo scoperto, rischiando che qualcuno, o peggio uno dei dissennatori che perlustravano la zona, potesse accorgersi della sua presenza, mosse un paio di passi davanti a sé, e poi altri ancora, finché i rami e i tronchi degli alberi sparirono finalmente dalla sua visuale e i suoi occhi furono in grado di mettere a fuoco il profilo frastagliato e maestoso del castello che ospitava Hogwarts, quel luogo che per anni era stata la sua casa.
Si concesse qualche altro secondo per ammirare il castello illuminato da quella miriade di luci, mentre il suo pensiero vagava, portandolo a pensare a cosa aveva provato la prima volta che aveva visto Hogwarts, a come aveva osservato quel maestoso edificio a bocca aperta, mentre la barca su cui si trovava ondeggiava placida sulle acque del lago nero.

Quel ricordo dolce gli fece tornare in mente anche una sera di molti anni prima in cui lui ed Arya erano stati a cena dai Potter, e mentre le due ragazze erano impegnate a contendersi i radiosi sorrisi del piccolo Harry, lui e James se ne stavano seduti davanti al caminetto sorseggiando del whisky babbano. Sirius ricordava perfettamente il sorriso con cui James osservava sua moglie e suo figlio, sapendo perfettamente quali sentimenti nascondesse perché erano gli stessi che lui provava ogni volta che il suo sguardo si posava su Arya che, senza preoccuparsi di sembrare assolutamente ridicola, si sforzava di fare le facce più assurde per far sorridere il piccolo Harry.

"Se non potrò farlo io, promettimi che sarai tu ad accompagnare Harry al binario 9 e ¾ quando verrà il momento del suo primo giorno"

Sirius era scoppiato a ridere, dicendo al suo migliore amico di non fare il cretino, ma James nuovamente gli aveva chiesto di promettergli che quel giorno, per il primo "primo settembre" di Harry, lui sarebbe stato là a salutarlo, incoraggiandolo a godersi appieno ogni singolo istante che avrebbe vissuto tra quelle antiche mura di pietra. "certo, te lo prometto", gli aveva detto sorridendogli, senza immaginare cosa sarebbe successo di lì a pochi mesi.

-perdonami James-
Disse in un sussurro, dimenticandosi di essere solo immerso nel silenzio della foresta proibita, e per un secondo gli sembrò di udire la voce del suo migliore amico che con quel suo tono saputo gli faceva la predica per tutto quel tempo sprecato, aggiungendo comunque che, nonostante quei dodici anni di ritardo, c'era ancora tempo per ritagliarsi uno spazio nella vita del suo figlioccio. Nella sua mente, in quel momento, i suoi piani di vendetta furono sostituiti dall'immagine di lui ed Arya sulla banchina a King's Cross, riuscì persino a visualizzare ogni singolo particolare: il treno rosso scarlatto, le urla allegre dei ragazzi che si sporgevano dai finestrini per salutare, il fumo della locomotiva che si disperdeva lungo il binario 9 e 3/4 , il sorriso di sua moglie che si sbracciava accanto a lui mentre l'espresso di Hogwarts si allontanava diventando un minuscolo puntino.
Una ventata d'aria gelida lo costrinse tuttavia a tornare alla realtà, mentre le spettrali figure che fluttuavano nell'oscurità del cielo scozzese lo persuasero a rimmergersi nel fitto della foresta, lasciando che i propri pensieri fossero trascinati via disperdendosi nell'aria di settembre.

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