Ma prima dimmi di te

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24 settembre 1976, South Kensington

Il suono della pioggia che senza tregua si frangeva contro i vetri delle finestre del suo studio non era sufficiente a coprire il rumore dei pensieri di Edward Ellis-Miller, che, rimescolando stancamente i cubetti di ghiaccio rimasti sul fondo del bicchiere che teneva in mano, fissava le parole impresse con inchiostro rigorosamente nero sulla piccola pergamena pregiata che giaceva sulla sua scrivania.

La sua mente smise per un attimo di contorcersi ed arrovellarsi, mentre un caldo sorriso si dipinse sul suo volto quando, dopo una serie di squilli a vuoto, all'altro capo del telefono la voce della sua secondogenita, la piccola Sophie Ellis-Miller, trillò allegra

-ciao tesoro mio, anche tu mi manchi tantissimo-

Le disse, abbandonando il bicchiere di whisky, ormai vuoto, sul piano in legno ingombro di carte di fronte a sé. Erano passati quattro mesi da quando sua figlia Sophie e sua moglie Elizabeth erano andate a vivere in Francia: avevano rimandato la data della partenza il più a lungo possibile, nella speranza che qualcosa si smuovesse e che quel clima di odio nei confronti di chiunque non potesse vantare di essere un "sanguepuro", cessasse, almeno in parte, di terrorizzare Londra e non solo. Tuttavia i casi di misteriose sparizioni e morti inspiegabili di anonimi ed innocenti babbani l'avevano infine convinto che non c'era altra soluzione: sua moglie e sua figlia non erano più al sicuro in Inghilterra.

-amore ti prometto che ti chiamerò anche domani, ora però passami la mamma per favore-

Le disse a malincuore, consapevole di non avere molto tempo a disposizione. Dopo qualche secondo di silenzio sentì la voce lontana di Sophie che chiamava la mamma dicendole che papà la aspettava al telefono e poi, dopo una serie di altri rumori indefiniti, finalmente uno dei suoi suoni preferiti, quello della voce di sua moglie Elizabeth, giunse alle sue orecchie

-Ed, tutto bene? Arya come sta? –

Gli chiese con una chiara nota d'impazienza nella voce: cercavano di sentirsi spesso ma il tempo che avevano per parlare senza che Sophie li interrompesse o pretendesse di avere il telefono tutto per sé, non era mai sufficiente a colmare tutti quei chilometri di distanza che li separavano.

Edward sospirò e chiudendo gli occhi per un secondo cercò di figurarsi l'immagine di sua moglie, i suoi capelli biondi, gli occhi castani e profondi, le lentiggini che punteggiavano il delicato naso alla francese: sorrise quando nella sua mente riaffiorò il ricordo di una figura fasciata in un vestito tempestato di brillantini che decisamente lasciava poco all'immaginazione dato il profondo spacco dal quale emergeva una gamba candida e affusolata. Non aveva mai dimenticato quella sera in cui, un po' per noia, un po' per curiosità, era entrato in quel anonimo locale babbano ed aveva finito per passare l'intera serata ad ascoltare Elizabeth suonare, seduta davanti a quel pianoforte a coda tre volte più grande di lei. Era rimasto lì, ipnotizzato dai movimenti fluidi e dinamici delle sue dita sui tasti bianchi e neri, incantato da quella ragazza che gli avrebbe cambiato la vita.

-Arya è a scuola e per ora non mi sono arrivate lettere in cui mi convocano perché ha combinato qualche disastro quindi direi che va tutto bene, tu come stai? –

La breve risata di Elizabeth in risposta alle sue parole fu sufficiente a scaldargli il cuore. Come sempre ogni volta che si sentivano per telefono, le loro prime parole erano per lei, per Arya: quando Elizabeth aveva scoperto di essere incinta, Edward non era altro che un ragazzo spavaldo che aveva appena ottenuto un buon lavoro al Ministero della Magia grazie alle conoscenze e all'influenza del padre, George Ellis-Miller. Tuttavia, non aveva avuto dubbi quando inevitabilmente si era ritrovato a scegliere tra la sicurezza che la sua nobile e rinomata famiglia poteva garantirgli, e quella sensazione di pienezza che solo Elizabeth sapeva dargli. Quando poi, poco meno di nove mesi dopo, si era ritrovato a stringere tra le sue braccia Arya, la sua prima figlia, se n'era innamorato immediatamente: non riusciva ad immaginare qualcosa di più bello e perfetto di quel esserino appena più grande di una sua mano. Aveva posato le labbra sulla fronte della sua bambina, percependo un tiepido calore che si era diffuso in ogni parte di lui, fino a raggiungere anche il punto più profondo e remoto della sua anima.

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