Ore 16:30 e ore 18:00

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12 gennaio 1977, ospedale San Mungo. Ore 16:30

C'era qualcosa di spaventoso in ciò che Arya provava, era un misto di insana euforia e di rabbia incontrollabile. Ma cercò ugualmente di resisterle, di opporsi a quella voce imperiosa che le sibilava ordini a cui non voleva obbedire, non più. Forse era per questo che si sentiva così stanca, ignorare quella voce poteva essere estenuante, Arya cominciava a rendersene conto.
Non era più sdraiata sull'erba bagnata del campo da Quidditch, ma non avrebbe saputo dire esattamente quanto tempo fosse passato da quando Colin McPherson se n'era andato assieme al resto della squadra. Poi, all'improvviso, un lampo di scintille rosse la sfiorò, poi un altro e un altro ancora: Arya si guardava intorno, ma ogni volta che si voltava trovava di fronte a sé il nulla incorniciato dal silenzio pacifico ed ovattato del campo da Quidditch.
Provò l'impulso di piangere, perché tutto le sembrava così assurdo eppure reale, perché quei lampi taglienti la sfioravano ma non la colpivano mai come in una sorta di estenuante circolo vizioso, perché quella voce le martellava sempre più prepotentemente in testa, ma lei si ostinava a non darle ascolto, limitandosi a voltarsi in modo confuso e disordinato verso una direzione e poi un'altra.
Poi, quando le sembravano passate ore, o forse giorni interi, uno di quei lampi di luce la colpì in pieno ed accasciandosi a terra Arya provò un senso di sollievo perché la voce aveva smesso di assillarla, le scintille avevano smesso di fendere l'aria e lei poteva finalmente addormentarsi sull'erba umida. Aveva cominciato a piovere? Se sì, Arya non se n'era accorta e a dire la verità non le importava. Voleva solo chiudere gli occhi e dormire.

"Non chiudere gli occhi, Arya, non farlo ti prego, resta con me"

Sirius. Arya compì uno sforzo enorme per spostare lo sguardo accanto a sé dove non vide altro che l'erba zuppa d'acqua e di fango. Eppure, lei avvertiva quel calore rassicurante avvolgerla, il calore del corpo di Sirius.

"Ti prego, non mi lasciare"

"è troppo tardi", pensò Arya con amarezza. E tutto tornò, attorno e dentro di lei, a farsi buio.

Quando Arya riaprì gli occhi, di nuovo ci mise qualche istante a rendersi conto di non trovarsi più ad Hogwarts ma in un letto del San Mungo. Tuttavia, questa volta alzare una mano per stropicciarsi gli occhi stanchi non le sembrò un'azione fuori dalla sua porta, così come anche tendere i muscoli per sgranchirli e risvegliargli dal torpore delle ultime ore. Le ultime ore: Arya guardò fuori dalla finestra dove il cielo limpido si era imbrunito e sembrava pronto ad accogliere il blu scuro ed uniforme della sera.

-va meglio? –

Arya spostò lo sguardo dal frammento di cielo che si intravedeva attraverso il rettangolo della finestra a suo padre che sembrava non essersi mai alzato dalla poltrona dall'aria scomoda accanto al suo letto. Arya annuì, sforzandosi di accennare un sorriso che tuttavia scomparve dal suo viso quando i frammenti dei suoi ricordi ripresero a vorticarle confusi in testa

-che c'è tesoro? –

Le chiese suo padre, sporgendosi verso di lei e sistemandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Arya esitò un istante prima di sollevare di nuovo gli occhi fino ad incrociare quelli di suo padre

-ho fatto del male a qualcuno? –

-no, no Arya tu non hai fatto del male a nessuno-

Le disse Edward con il suo consueto tono rassicurante, ma Arya non si sentì soddisfatta da quella risposta:

-ma io ho... -

-lo so, ne parliamo a casa-

La bloccò tuttavia suo padre, aprendosi poi nuovamente in un sorriso

-ora andiamo, che dici? –

Le chiese infine e, nonostante i dubbi che continuavano ad assillarla, Arya fu felice di sapere che finalmente poteva lasciare quella stanza asettica e quello scomodo letto.
Dopo che anche il guaritore Johnson ebbe dato la propria approvazione perché tornasse a casa, Arya si liberò della triste e scomoda camicia che aveva addosso e riprese possesso dei suoi vestiti mentre suo padre la aspettava fuori dalla stanza con il resto delle sue cose: non aveva capito esattamente perché gli elfi di Hogwarts avessero raccolto fino all'ultimo dei suoi oggetti personali, includendo persino la sua scorta segreta di dolci, e li avessero stipati nel suo baule, forse sarebbe dovuta rimanere per un po' a casa, nonostante si sentisse ormai in perfetta forma. Non era così, forse? Arya osservò i minuscoli e ormai pressoché invisibili taglietti sparsi un po' a caso sulle sue braccia, ma prima che la sua mente compisse un altro sforzo per ricordare e rimettere assieme i pezzi di quel puzzle complicatissimo, suo padre si affacciò alla porta, chiedendole se fosse pronta.

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