È nella notte più buia che le stelle brillano più luminose

214 8 0
                                    

Erano già passati dieci, lunghissimi giorni da quando Arya aveva per la prima volta riaperto gli occhi ritrovandosi a fissare il soffitto asettico di una delle stanze del San Mungo, dieci giorni durante i quali quel mondo rassicurante fatto di ombre l'aveva di nuovo tenuta avvolta tra le proprie spire, lontana dall'amara realtà che, senza che lei potesse rendersene conto, si preparava di nuovo ad infierire su di lei, a colpire ancora con una crudeltà che Arya, nonostante tutto, non credeva di meritarsi.

"Abbiamo dovuto tenerti sedata, Arya. È stato necessario per permettere al siero di fare effetto ed eliminare tutto il veleno che avevi in circolo, e comunque nelle tue condizioni non c'era nulla che tu potessi fare per lui."

Le aveva spiegato professionalmente, e senza troppi peli sulla lingua proprio com'era nel suo stile, William Johnson, e prima che Arya fosse riuscita a raccogliere le forze necessarie ad aprire la bocca per mandarlo malamente al diavolo, il medimago aveva aggiunto:

"Prima che gli Auror lo portassero via mi ha chiesto di fare l'impossibile per salvarti, perché voi siete l'unica cosa che conti per lui in questa vita, quindi pensaci, pensaci bene Arya prima di fare qualsiasi cosa che potrebbe rendere vano il suo sacrificio."

E così Arya aveva fatto, ci aveva pensato, giorno e notte per altri cinque, interminabili giorni, osservando il paesaggio brullo e desolato oltre una delle finestre della villa degli Ellis-Miller in Scozia dove, secondo Jonathan e Lilith, sarebbe stata al sicuro.

Aveva ripensato a quelle parole ogni singolo istante, mentre le notizie che le venivano riferite su come il Ministero si stesse muovendo sembravano sempre una mezza verità condita da falso ottimismo.

Rufus Scrimgeour stava facendo del suo meglio per far sì che Sirius ottenesse un regolare processo, così come Remus, che incurante del pericolo di venire accusato di essere complice di uno spietato assassino, si stava adoperando con Silente per scovare l'unica prova che avrebbe potuto scagionare Sirius da ogni accusa: Peter Minus. Tuttavia, Arya dentro di sé sapeva che tutti quegli sforzi sarebbero stati inutili: non aveva provato nemmeno per un istante a lasciarsi persuadere dall'idea che Caramell fosse davvero pronto ad ammettere pubblicamente di aver rinchiuso nel posto peggiore sulla faccia della Terra un uomo innocente, così come dubitava che Peter Minus, per quanto vigliacco e codardo, sarebbe stato così sciocco da farsi trovare, ovunque si fosse nascosto.

No, Arya aveva un'unica certezza: non c'era perdono per chi veniva marchiato come assassino e traditore e per chi fuggiva dalla propria condanna non rimaneva che un'unica alternativa: la morte.

E dunque non c'era più tempo, ogni sforzo era stato compiuto e l'indomani Sirius sarebbe stato trasferito dalle celle del Ministero ad Azkaban, ad attendere la sentenza dell'ingiusta giuria chiamata a giudicare i crimini che non aveva commesso. Non c'era più tempo e così Arya si era costretta a pensarci, alla possibilità di un'altra vita senza di lui, e non era riuscita a trovare che un'unica ragione per la quale sarebbe stata disposta a rimanere sdraiata in quel letto sontuosamente intagliato, mentre la giustizia malata del Ministero faceva il suo corso e suo marito veniva costretto a subire una sorte tanto ingiusta quanto crudele.

Quella piccola vita, che nessuno sapeva dire se fosse sopravvissuta alla malvagità degli uomini che l'avevano rapita, rinchiusa e torturata per dei crimini che Arya non aveva commesso. Tuttavia, Arya dentro di sé sapeva che lei era ancora lì, determinata e testarda come sua madre, forte e coraggiosa come suo padre. Poteva quasi sentirlo quel minuscolo, eppure rassicurante calore che pian piano cresceva e si adattava a quel luogo sicuro nel suo ventre, lì dove nemmeno il veleno di Malfoy era riuscito a penetrare. E poi Arya sapeva che l'oscurità le avrebbe protette, l'aveva sempre fatto: nelle sue vene scorreva il sangue dell'Erede di Salazar, la magia oscura era parte di lei e così sarebbe stato per sua figlia, e quel legame era più forte di qualsiasi altra cosa, più di qualsiasi veleno, più di qualsiasi arma o incantesimo. Arya portava fuori e dentro di sé le cicatrici di tutte le prove che la vita le aveva imposto di superare, ma finché quella forza oscura che l'accompagnava ogni istante della sua esistenza non si fosse esaurita, allora anche la giovane vita che portava in grembo sarebbe stata al sicuro.

LumosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora