Qualcuno da sacrificare - parte I

228 15 30
                                    

16 gennaio 1977, Inverness

Pioveva a dirotto quel giorno ad Inverness, come se a tutta quell'acqua potesse non esserci fine. Il cielo era grigio e cupo, il mare agitato, scuro e minaccioso, ed il vento soffiava incessante e gelido. Era come se la Terra stesse sfoderando ogni sua energia per dare l'ultimo saluto ad Edward, al cui funerale sembrava aver deciso di prendere parte almeno la metà delle istituzioni del mondo magico: era presente l'intero corpo degli auror, vestiti di tutto punto nelle loro divise scure e immobili in pose impostate e rigide. C'erano poi numerosi magiavvocati e altri funzionari di cui Arya non conosceva il ruolo preciso. Persino il Ministro della Magia in persona si era preso il disturbo di venire fin lì ad assistere alle esequie di suo padre.

Si trovavano in un luogo piuttosto singolare in cui celebrare un funerale, una grotta naturale, incredibilmente ampia e maestosa, che in effetti somigliava più ad una sorta di cattedrale dal soffitto infinitamente alto e nella quale ogni più piccolo suono veniva amplificato fino a renderlo spaventoso. Lilith quella mattina aveva spiegato a sua sorella che si trattava di un luogo sacro per chi faceva parte di quella che sua nonna aveva chiamato la "confraternita", e che era proprio in quella grotta fredda e umida che riposava anche il più grande mago oscuro di tutti i tempi, Salazar Serpeverde.

Arya, in piedi in prima fila accanto a sua madre e sua nonna, seguiva distrattamente la funzione, e non solo perché l'anziano uomo che la presiedeva parlava una lingua antica e di cui lei non conosceva le parole. Non riusciva a staccare gli occhi dal corpo di suo padre, che giaceva adagiato su un altare in pietra vecchio di secoli ed inciso con iscrizioni comprensibili a pochi. Arya lo guardava e pensava a tutte le cose che avrebbe voluto dirgli, a tutte le cose che avrebbe voluto chiedergli, e più la sua mente si riempiva di pensieri e domande inespressi, più i suoi occhi si gonfiavano di lacrime.

-non avere paura, perché dovunque sarai, io sarò sempre con te-

Sussurrò, così piano che praticamente nessuno si accorse nemmeno che Arya avesse mosso le labbra. Lo ripeté ancora, come per assicurarsi che quel messaggio arrivasse a destinazione, dovunque suo padre si trovasse in quel momento.

-vieni, tesoro-

Arya si riscosse riemergendo dal piccolo mondo fatto di parole e ricordi in cui si era rifugiata, alzò lo sguardo incontrando quello di sua nonna che la invitava a seguirla. Era il momento dell'ultimo saluto.

Elizabeth fu la prima a salutare per l'ultima volta il marito, Arya la osservò chinarsi su di lui e per un istante temette che potesse spezzarsi sotto il peso di quel dolore così grande. Tuttavia, sua madre dopo un lungo istante di silenzio si rialzò, sfiorò il viso immobile di Edward in un'ultima dolce carezza e gli disse qualcosa che né Arya, né nessun altro dei presenti riuscirono a sentire. Poi si fece avanti Lilith, la quale si sfilò una catenina che portava al collo e ne strinse tra le dita il ciondolo che la impreziosiva, di cui Arya riuscì a distinguere il profilo di due serpenti attorcigliati l'uno sull'altro a formare un cerchio perfetto. Sua nonna recitò  silenziosamente quella che forse era una preghiera, Arya non riuscì a capirlo, poi lasciò la collana con il ciondolo accanto al figlio e, dopo averlo salutato un'ultima volta, anche lei si allontanò.

Arrivò quindi il momento di Arya, che mosse faticosamente quei pochi passi che la separavano dal padre e quando gli fu accanto rimase per un istante immobile, senza sapere cosa fare. Alzò poi una mano con cui sfiorò il tessuto morbido della giacca della divisa di suo padre, sulla quale erano state appuntate numerose medaglie.

-ho pensato che mi piacerebbe diventare una guaritrice-

Gli disse, come se lui potesse sentirla. Solo pochi giorni prima, mentre ridipingevano le pareti della piccola casa sulla scogliera, Edward le aveva chiesto cosa le sarebbe piaciuto fare da grande, ma Arya aveva sbuffato e alzato le spalle, limitandosi a rispondergli con leggerezza che non aveva idea nemmeno di cosa avrebbe fatto il giorno successivo, figurarsi per il resto della vita.

LumosDove le storie prendono vita. Scoprilo ora