Il passo falso - parte I

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"E ora? Cosa provi ora ripensando al momento in cui hai capito che la vita di quell'uomo era nelle tue mani? "

La voce di Jonathan le rimbombò in testa e Arya per qualche istante ricordò sé stessa in quel momento, una ragazzina di diciassette anni senza più un padre, senza più una direzione certa da percorrere, spaventata e parecchio arrabbiata. Era stata la prima volta in cui aveva parlato con qualcuno di quello che aveva fatto, dell'uomo che aveva ucciso nel disperato tentativo di salvare Edward e la domanda di Jonathan l'aveva costretta a rendersi conto che, per quanto si sforzasse, non riusciva a pensare che quello che aveva fatto fosse sbagliato, e mentre quei pensieri vorticavano nella sua testa, dei passi pesanti lungo il corridoio la strapparono da quei frammenti di ricordi. Quasi ogni dieci minuti uno degli scagnozzi di Malfoy percorreva svogliatamente il corridoio umido fino alla sua cella per controllare che lei fosse ancora al proprio posto o forse che non fosse già morta a causa del freddo e dell'umidità: Arya immaginava che Lucius non si fosse preso il disturbo di studiare a lungo un complicato intruglio velenoso da rifilarle per poi vederla morire di stenti dopo solo poche ore.

Così, quando un viso solcato di cicatrici tra cui spiccava un ghigno sghembo si affacciò tra le sbarre Arya sollevò appena la testa, fissando il proprio sguardo dritto in quello dell'individuo che la osservava in cerca di un movimento che lo rassicurasse del fatto che fosse ancora viva. Non si preoccupava minimamente che lei lo vedesse in faccia, dopotutto perché avrebbe dovuto? Secondo gli infallibili piani di Malfoy non sarebbe uscita viva da quella cella, ma si sbagliava. Si sbagliava di grosso.

Un movimento stanco di Arya convinse infine l'uomo che fosse tutto nella norma, così con un grugnito voltò le spalle alla cella e sparì di nuovo lungo il corridoio. Arya da parte sua attese finché tutto attorno a lei fu tornato ad immergersi in un silenzio denso, interrotto solo dal suono delle gocce di umidità che regolarmente precipitavano dal soffitto della cella, poi abbassò lo sguardo sul proprio braccio, dove una fitta rete scura si era estesa fino a raggiungere il palmo della mano ed era risalita appena sopra l'incavo del gomito, mentre con dei movimenti impercettibili continuava ad espandersi inesorabile. Non aveva idea di quanto le sarebbe costato il proprio piano, ma considerato che l'unica alternativa al momento fosse di rimanere immobile su quel pavimento sporco e umido ad attendere che la rete di sottili fili scuri finisse per ucciderla, Arya aveva deciso che valeva la pena rischiare.

Ci mise così qualche secondo ad alzarsi in piedi e ad assicurarsi che le proprie gambe riuscissero a sostenerla: Bruce non andava mai troppo per il sottile quando si trattava di infliggere una Cruciatus e inoltre Arya avvertiva la sgradevole sensazione del veleno che come un mostro risvegliato da un sonno leggero aveva ripreso a divorarla. 

Non aveva molto tempo, e non aveva idea nemmeno se quel poco che le restava sarebbe stato sufficiente, tuttavia sforzandosi di ignorare il pensiero che il proprio tentativo di fuga avrebbe potuto rivelarsi fatale strinse i denti e serrò le dita attorno al legno ruvido della sedia che Malfoy non aveva avuto l'accortezza di far sparire dalla cella. Raccolse tutte le forze che le erano rimaste e senza preoccuparsi di rompere il pacifico silenzio che aleggiava nel sotterraneo scagliò più e più volte l'oggetto di legno contro il solido muro di pietra: bastarono tre o quattro colpi perché la vecchia sedia finisse per essere ridotta ad un mucchio di schegge. Un istante dopo Arya avvertì un rumore di passi concitati avvicinarsi, così prese una di quelle schegge di legno dalla punta irregolare e si appiattì contro il muro della cella, nell'angolo accanto alla pesante porta protetta da spesse sbarre di ferro dove gli occhi del suo aguzzino non sarebbero riusciti a vederla.

"Non riesci a pentirti di averlo fatto, vero?"

Arya chiuse gli occhi ascoltando nella propria testa la voce di Jonathan mescolarsi al pulsare ritmico del proprio cuore. No, non ci riusciva, non riusciva a pentirsi per aver ucciso quell'uomo allora e non sarebbe riuscita a pentirsi nemmeno ora per aver deciso di prendersi la vita della guardia dal sorriso storto. Doveva farlo.

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