Una passaporta per Parigi

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Arya era stata solo rare volte al ministero della magia, ma nella sua mente era ben nitida l'immagine dell'atrio imponente in cui una marea di streghe e maghi correvano indaffarati da una parte all'altra, mentre i gufi che solertemente trasportavano la posta in entrata e uscita litigavano con i promemoria interufficio, i quali viaggiavano indisturbati senza preoccuparsi delle basilari regole del traffico aereo. A quell'ora il flusso di uomini in giacca e cravatta e donne in completo da ufficio era tutto sommato contenuto, ma Arya non ebbe alcuna difficoltà a riconoscere quell'ambiente in cui ad ogni angolo campeggiavano araldi con impresso sopra lo stemma del ministero della magia inglese. Tuttavia, non ebbe tempo per soffermarsi a cogliere i piccoli dettagli architettonici e storici che arricchivano quel luogo incredibilmente antico, e che il professor Ruf aveva ampiamente decantato in una delle ultime lezioni di storia della magia, dal momento che suo padre avanzava a passo deciso verso uno degli ascensori, tanto che Arya più volte fu costretta ad accelerare non di poco la propria camminata per stargli dietro, seguita a ruota dal proprio baule che levitava disordinato alle sue spalle, rischiando di investire chiunque si fosse malauguratamente trovato lungo la sua strada. Inoltre, suo padre era stranamente silenzioso e aveva lo sguardo tipico di quando c'era un pensiero fisso che lo assillava, una sorta di grattacapo da cui non riusciva a venir fuori, lo stesso che aveva quando cercava con scarsi risultati di risolvere un cruciverba babbano, ma Arya aveva come l'impressione che le parole crociate avessero ben poco a che fare con l'espressione concentrata di suo padre.

Raggiunsero il primo ascensore libero e vi ci si infilarono, assieme ad un paio di promemoria interufficio che si agitavano svolazzando rasente il soffitto di quel minuscolo spazio. Suo padre premette uno degli innumerevoli pulsanti dorati che indicavano i diversi uffici distribuiti tra i vari piani della labirintica struttura e in pochi istanti l'ascensore prese a muoversi con un sobbalzo, indietreggiando per qualche istante e poi salendo ad una velocità che costrinse Arya a reggersi con una mano alla parete accanto a lei, mentre con la coda dell'occhio vide suo padre accennare un sorriso

-non prendermi in giro, questo coso va troppo veloce! –

Disse risentita, sobbalzando di nuovo quando l'ascensore arrestò improvvisamente la propria corsa per far salire un paio di maghi che discutevano animatamente dei dazi imposti dagli americani sulle esportazioni di vino elfico.

-potremmo invecchiarci qui dentro se andasse più lento... e risparmiati la battuta sul fatto che io sono già vecchio, grazie-

Disse, puntandole un indice minaccioso contro, mentre Arya da parte sua si limitò ad alzare le spalle, sfoderando un sorrisetto furbo

-l'hai detto tu, non io-

E proprio in quel momento, appena un secondo prima che suo padre potesse trovare qualcosa da replicare all'astuta osservazione della figlia, l'ascensore si fermò di nuovo, annunciando stancamente la fermata "ufficio per il trasporto magico internazionale".

Arya, suo padre ed il pesante baule si fecero quindi largo tra i due maghi, che ancora continuavano imperterriti la loro animata discussione, ritrovandosi in un atrio molto simile a quello d'ingresso, ma in scala ampiamente ridotta: Arya si ritrovò a pensare alla facilità con cui chiunque non fosse esperto di quel luogo si sarebbe potuto perdere dal momento che ogni dannato piano era esattamente uguale a tutti gli altri. Suo padre, tuttavia, sembrava piuttosto sicuro della strada da percorrere e dopo aver svoltato un paio di volte a destra aveva imboccato uno stretto corridoio tappezzato da immagini di luoghi più o meno esotici, come le piramidi egizie, la statua della libertà e persino le curiose facce in pietra disseminate sull'isola di Pasqua.

-Barney, grazie per averci fatto avere una passaporta con così poco preavviso-

-oh ma figurati Ed, nessun problema... Parigi dunque? –

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