La verità, nient'altro che la verità

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Arya esitò ancora un istante prima di richiudersi piano alle spalle la porta scura della vecchia stanza di Sirius a Grimmauld Place, osservando con un sorriso suo marito che dormiva ancora profondamente mezzo avvolto dalle coperte di quel letto troppo grande per un bambino ma troppo piccolo per due persone adulte, tanto che Arya aveva rischiato di rotolare a terra ogni volta che Sirius si era rigirato da una parte o dall'altra. Tuttavia, aveva evitato di lamentarsi o di tirargli qualche gomitata per farlo tornare nella sua metà di letto quando aveva notato l'espressione pacifica e serena dipinta sul suo volto, un'espressione che le aveva fatto intuire che quella notte gli incubi che lo perseguitavano gli avessero finalmente dato una tregua. 

Si allontanò in punta di piedi, cercando di far scricchiolare il meno possibile le vecchie assi di legno del pavimento e scendendo lungo le scale raggiunse il piano terra, notando la luce che filtrava da sotto la porta della cucina: evidentemente c'era qualcun altro mattiniero quanto lei, ed Arya in realtà non fu troppo sorpresa di trovare Regulus seduto al tavolo della cucina con una tazza di tè ancora bollente davanti: c'era solo una persona che ad Hogwarts riusciva a svegliarsi prima di lei ed era ancora vivido nella mente di Arya il ricordo della prima volta che aveva sorpreso Regulus seduto al tavolo, ancora deserto, dei Serpeverde con davanti una tazza di tè fumante e un sorriso gentile stampato sulle labbra.

-buongiorno-

La voce di Regulus la strappò da quel ricordo e dall'espressione riposata del secondo genito di casa Black, Arya intuì che Sirius non fosse stato l'unico ad andare a letto con la mente alleggerita di qualche pensiero e il cuore arricchito di qualche battito d'emozione in più

-sì, beh, io non ho chiuso occhio- 

Gli rispose Arya di rimando, mentre contorcendosi per sgranchire i muscoli indolenziti prese posto di fronte a lui, ordinando alla teiera di versare una generosa tazza di tè anche per lei, mentre Regulus alzò le mani scuotendo la testa e mettendo su un'espressione fintamente scandalizzata 

-risparmiami i dettagli, grazie- 

-veramente mi riferivo a come tuo fratello si sia impossessato dei tre quarti del letto costringendomi a dormire in un angolo-

Gli disse, avvicinando la tazza fumante alle labbra per nascondere il sorrisetto che aveva fatto capolino sulle sue labbra, consapevole che quella fosse solo una mezza verità: ormai conosceva bene il numero dodici di Grimmauld Place e lo scricchiolio costante delle assi del pavimento era diventato un suono familiare per le sue orecchie, eppure, consapevole che persino Kreacher nel suo nascondiglio del semiinterrato li avrebbe sentiti, non aveva saputo resistere e si era abbandonata nuovamente alle carezze e ai baci di suo marito. 

-comunque, a parte questo, sembrava tranquillo e felice, finalmente-

Continuò poi, allontanando la tazza dalle labbra e la memoria dolce della sera prima dalla sua mente, mentre Regulus, intravedendo il sorriso così limpido e disteso sul viso di lei, fu di nuovo indeciso se parlarle oppure no del vero motivo per cui era tornato in Inghilterra, ma alla fine le parole di suo padre e la consapevolezza che avesse ragione, suo malgrado, lo convinsero a sputare finalmente in rospo: 

-Arya io non voglio darti altre preoccupazioni, ma ti devo parlare di una cosa che ho scoperto e di cui temo di non potermi occupare da solo- 

Le disse ed Arya si fece all'istante di nuovo seria, abbandonando la tazza semivuota di fronte a sé e incitandolo a continuare, e da parte sua Regulus si ritrovò a fare un respiro profondo prima di rivelarle finalmente il segreto che gli aveva tolto il sonno per giorni interi. 


Lo scricchiolio del pavimento. Fu proprio quell'inconfondibile suono da cui Arya l'aveva messo in guardia a svegliare Sirius, che si ritrovò ad aprire stancamente gli occhi impiegando qualche istante a rendersi conto di trovarsi davvero nella sua vecchia e tetra stanza a Grimmauld Place, avvertendo però l'assenza della sensazione di oppressione e pesantezza che quelle quattro mura ricoperte di una triste tappezzeria gli avevano sempre trasmesso. 

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