III

1.6K 185 45
                                    

«take every chance; drop every fear»

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

«take every chance;
drop every fear»

Altri tre giorni erano passati e i ragazzi venivano fatti passare da una stanza all'altra, per colpa di visite ed esami, terapie. Taehyung ogni giorno si sentiva sempre più stanco, più i medici lo rassicuravano che andava tutto bene, più lui soffriva e sembrava peggiorare. Non parlava molto, non ne aveva voglia. Parlava poco pure col suo compagno di stanza, il quale cercava sempre di rincuorarlo e di tranquillizzarlo.

Jimin invece, erano un paio di giorni che si sentiva meglio. Per la prima volta in due anni si sentiva quasi rinato, ma non poteva affermare che fosse l'effetto delle terapie, sapeva e, sperava, che sotto ci fosse qualcosa di più. Qualcosa di più forte, di magnetico, di strepitoso. Di magico.

La nonna del grigio non era potuta venire a trovarlo, si era beccata l'influenza, molto probabilmente presa proprio in ospedale, il giorno che accompagnò il suo piccolo e adorato nipote. Si sentiva tremendamente in colpa, si era ripromesso di proteggere la sua adorata nonna, a tutti i costi e, per la prima volta, per colpa della sua malattia, l'aveva fatta ammalare.

«Taehyung-ah, dormi?» chiese il biondo, ancora disteso sul suo letto, dall'altra parte della stanza. Il grigio aprì gli occhi, fissando per qualche secondo il nulla «Mmh, sì. Cosa c'è?» rispose, a sua volta, con una domanda. «Volevo chiederti solamente come stai stamattina, mi stai facendo preoccupare...» disse in risposta Jimin, mettendosi su a sedere.

Taehyung lo imitò e in poco tempo si trovavano a guardarsi. Erano entrambi seduti sul proprio letto, uno di fronte all'altro.

«Credo di stare un pochino meglio. Credo.» disse il grigio, facendo così comparire un grande sorriso nel volto del più basso. «Grazie al cielo, lo speravo» rispose, l'altro, facendo sorridere a sua volta il più alto.

«Oggi abbiamo in programma di fare qualche visita o qualche terapia, cioè, ne sai qualcosa?» Jimin scosse la testa «Non credo che in programma ci sia qualcosa. Almeno, quando tu dormivi, così mi hanno detto.» Taehyung annuì gioiosamente nella sua testa, facendo apparire all'esterno solamente un sorriso.

«Andiamo sopra?» chiese poi il grigio, al biondo. Jimin accettò subito, senza esitare.

I due si alzarono e cominciarono a prepararsi, cambiandosi e infilandosi un paio di scarpe. Come la prima volta, andarono ad informare tutti gli infermieri del loro tragitto, e si incamminarono verso l'ascensore che portava in quel posto, nel loro posto.

Aspettarono l'arrivo dell'ascensore e premettero poi il tasto per arrivare all'ottavo piano. Era una giornata nuvolosa, il sole era coperto da grandi nuvole grigie. Sembrava volesse cominciare a piovere da un momento all'altro, ma i due se ne fregarono e si sedettero sotto il gazzebo, evitando la panca. Si sedettero a terra, sull'erbetta piantata tempi orsono.

Stettero in silenzio per parecchio tempo. Piccole occhiate fugaci erano scambiate dai due. In quel momento desideravano solo stare insieme, in silenzio. Era rassicurante, calmo, tranquillo.

Però il biondo decise di spezzare quella piccola atmosfera creata dai due. «Taehyung, devo chiederti un paio di cose» cominciò. Lo sguardo del grigio andò dritto in quello del biondo, facendo poi un cenno per incitarlo a continuare. «Tu sei di Daegu, giusto?» chiese. Taehyung strabuzzò gli occhi «Sì, ma tu... tu come fai a saperlo?» il biondo stette zitto per poi uscirsene con «Beh, sai quando devi uccidere una persona, vuoi prima sapere il suo passato» e gli fece l'occhiolino, facendolo ridere.

«Dai seriamente Jimin» l'atmosfera si tranquillizzò e il biondo tornò a parlare «Ti sei poi trasferito qui a Seoul quando eri davvero piccolo, vero? Hai fatto l'asilo e i primi anni delle elementari qui?» Taehyung aggrottò le sopracciglia, pensando a come facesse a sapere tutte quelle cose su di lui.

«Bene, stando zitto e rimanendo con quell'espressione ho capito che sì, sei tu. Eri tu.» continuò Jimin. «Ero io? Cos'ero?»

«Il mio migliore amico» rispose il biondo, guardandolo intensamente negli occhi. Taehyung rimase sppiazzato, lui era il piccolo Park Jimin che in quei piccoli e preziosi anni viveva quasi sempre a casa sua perché troppo impegnati a giocare ai videogiochi?

«Tu, sei Park Jimin, quel Park Jimin?» chiese. Il biondo annuì, sorridendo. Era felice che si fosse ricordato di lui. «Appena ti ho visto l'altro giorno ho capito subito che il tuo viso fosse davvero familiare. Ma non riuscivo a collegare il nome a nessuno. Poi ho avuto un lampo di genio, il piccolo Kim Taehyung, il mio migliore amico ai tempi dell'asilo, eri proprio tu.» Taehyung sorrise, sorrise a trentadue denti, ricordandosi tutti i casini che combinarono a quella tenera età. Tutte le notti passate chiusi nella sua stanza a giocare, parlare e a cantare.

«Non ci posso credere-» cominciò il grigio «-mi sembrava di conoscerti da una vita. Sentivo che sotto ci fosse qualcosa di grande, tra di noi.» poi scoppiò a ridere. «Allora fanculo le formalità, Jimin-ah» disse cominciando ad usare il tono più amichevole, lasciando gli onorifici da parte.

Jimin si sentì il cuore accelerare, la felicità era davvero tanta. Aveva ritrovato una delle sue persone più care che aveva al mondo. I due piccoli migliori amici combina-guai, erano stati riuniti, dal fato, dal destino o qualsiasi altra cosa in cui le persone potessero credere.

Erano di nuovo insieme, seppur stando male, erano felici. Si erano ritrovati.

Oncology | VminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora