Taehyung e Jimin, due compagni di stanza, in ospedale. La loro vita, per quanto burrascosa sia, insieme, riescono a trovare quel briciolo di serenità, tra una difficoltà e l'altra.
«Taehyung, non mi lasciare! Rimani con me!» Urlò il biondo, scoppian...
Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
«Weaccept the love wethinkwedeserve»
«Jimin-ah, sei strano stamattina. Cosa c'è?» chiese il grigio, aggrottando le sopracciglia. Il biondo scosse la testa «Nulla, nulla» e sorrise. Taehyung adorava quel suo sorriso, così dolce e solare.
Il biondo era intento a fissare ogni piccolo dettaglio del grigio da quando aveva aperto gli occhi. Sapeva che stava andando incontro l'inevitabile, ma sembrava che l'altro non se ne accorgesse. Jimin cominciava a provare qualcosa di più forte per il grigio, qualcosa di inspiegabile, di forte. Qualcosa che gli faceva battere forte il cuore ogni volta che le loro labbra si toccavano. Era felice, ma da una parte il suo corpo cominciava a bramare molto di più. Non gli bastavano più quei baci dati per scherzo, come per gioco. Jimin si era invaghito del suo compagno di stanza.
«Ma la smetti di fissarmi Jiminie, sei inquietante!» rise di gusto il grigio mentre gli dava qualche piccola spinta per allontanarlo. «Ma fermati!» rise a sua volta il biondo, cominciando a spintonare anche lui il più alto.
Erano diretti sempre verso il piccolo ascensore rimasto quasi dimenticato in quell'angolo dell'ospedale. Il corridoio era terribilmente buio quel pomeriggio a causa della mancanza di luci e del cielo grigio e pieno di nubi.
In poco sarebbe scoppiato il putiferio. Avrebbe piovuto sicuramente, ma i due decisero di rischiare e andarsene nel loro piccolo spazio di paradiso. E il loro modo di evadere da quella situazione stancante e scoraggiante. Per la maggior parte del tempo rimanevano in silenzio, con le cuffiette divise attaccate al cellulare con la riproduzione casuale. Alcune volte, invece, si trovavano addirittura a cantare. Avevano gli stessi gusti in ambito musicale e ciò era quasi appagante per entrambi. Avere una cosa in comune di quella grande importanza li rendevano quasi euforici al solo pensiero. La musica era importante per tutti e due, da sempre. Chi per una cosa, chi per un'altra, vivevano di musica.
Un lampo illuminò il buio pomeriggio di quel lontano agosto. Una goccia cadde precisa sulla punta del naso del grigio, facendo sì che Jimin si girasse a guardarlo per immortalare quella scena così carina.
«Quoto di nuovo, sei inquietante oggi Jimin» rise il grigio mentre si asciugò la goccia d'acqua dal viso. «Quanti complimenti Taehyung-ie oggi!» rise di gusto anche lui.
Il loro pensiero fisso era che, in qualche modo, si completavano a vicenda. Erano l'uno il supporto dell'altro. Quando uno si sentiva giù di morale, l'altro riusciva sempre a farlo sorridere. Erano diventati letteralmente indispensabili l'uno per l'altro.
Stavano aspettando la famosa chiamata giornaliera degli infermieri che, tutto d'un tratto, spuntavano da dietro la porta arrabbiati strillando i nomi dei due fuggiaschi.
Cominciò a piovere in modo più fitto. L'aria si rinfrescò in un batter d'occhio e, piano piano, Seoul venne inghiottita dalla tempesta. Il cielo già grigio, s'incupì ancora di più, facendo sembrare quel pomeriggio, notte.
«Jimin-ah, dovremmo tornare dentro» disse con voce ferma il grigio, mentre osservava il suo compagno assopito dai pensieri. Lo scosse un poco per farlo tornare sulla terra e gli ripetè ciò che aveva appena detto. Acconsentì in un istante alzandosi, seguito da Taehyung.
«Sì, ma solo per tornare alla porta diventeremo fradici!» si lamentò il biondo. «Lo so, ma dobbiamo rientrare per forza, qua ci porta via il vento fra poco» sbuffò in seguito il grigio.
«Jimin-ah, veloce» gli prese la mano «al mio tre!» rise, facendo perdere un battito al cuore di Jimin che, appena le loro mani entrarono in cottando cominciò a correre alla velocità della luce.
«Tre!» Taehyung cominciò a correre con le poche forze che aveva, tirandosi dietro Jimin. Era pochi metri, ma bastavano comunque per farli rientrare dentro completamente bagnati.
Chiusero la porta alle loro spalle e si guardarono per poi scoppiare a ridere. «Sei pronto alla morte imminente?» sputò divertito il biondo, riferendosi alle infermiere a cui poteva venire un infarto alla vista di due ragazzi ricoverati, bagnati fradici. «Oh sì, moriremo insieme» rise di nuovo Taehyung.
Si avviarono verso l'ascensore a passo lento, lo chiamarono e aspettarono l'arrivo.
[...]
Si erano fatta le due di notte ed entrambi si erano appena coricati nel proprio letto. Avevano passato il resto del giorno a cantare e a scherzare, dopo essersi presi una bella ramanzina dalle infermiere di turno.
«Buonanotte Jiminie» sbadigliò poi Taehyung. «Buonanotte TaeTae» sorrise.
Durante il giorno avevano spostato i letti della stanza per riuscire a guardare, rimanendo comodi, una serie televisiva sul portatile del grigio. Ora dormivano l'uno al fianco dell'altro.
Taehyung si addormentò subito. Le medicine che aveva appena preso gli mettevano sempre tanto sonno, quindi appena toccava il cuscino con il viso, le palpebre si chiudevano di conseguenza. Come un meccanismo ciclico, ripetuto una volta a notte. Tutte le notti.
Il biondo non riuscì a prendere sonno. Si girava e rigirava nel letto, ma nulla da fare. Alla fine si mise seduto a gambe incrociate a fissare fuori dalla finestra. La pioggia cadeva prepotentemente sul suolo e, le gocce che sbattevano sulla finestra, facevano un gran baccano.
Con un movimento quasi involontario i suoi occhi si posarono sul viso rilassato del suo compagno di stanza che dormiva beato. Si ritrovò, per l'ennesima volta quel giorno, a pensare alla perfezione di quel ragazzo. Taehyung ai suoi occhi appariva come l'essere perfetto, senza eguali.
Istintivamente prese il suo quaderno e una matita e in pochi istanti si ritrovò a disegnare ogni millimetro del volto del suo amico. Cercava di catturare ogni minimo particolare, partendo dai capelli sparsi disordinatamente sulla fronte, al piccolo neo sulla punta del naso che, a parer suo, lo faceva sembrare ancora più carino.
Jimin amava disegnare, lo faceva da sempre ogni volta che ne aveva l'occasione e, in quel momento si disse che per la prima volta stava disegnando qualcosa a lui davvero caro. Quel disegno lo avrebbe tenuto come un tesoro. Si promise che mai l'avrebbe perso.