Taehyung e Jimin, due compagni di stanza, in ospedale. La loro vita, per quanto burrascosa sia, insieme, riescono a trovare quel briciolo di serenità, tra una difficoltà e l'altra.
«Taehyung, non mi lasciare! Rimani con me!» Urlò il biondo, scoppian...
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«Stop overthinking things and just do.»
run
Jimin si paralizzò sul posto, non riusciva a muoversi, non riusciva a parlare. Taehyung stava lentamente stringendo la sua mano. Una stretta debole, quasi inesistente, impercettibile, ma c'era. Taehyung stava davvero reagendo di sua spontanea volontà, senza stimoli esterni.
All'improvviso i monitor cominciarono ad emettere suoni, bip acuti e ritmici, fastidiosi, ma giusti e buoni. I battiti del cuore, ormai sfinito del grigio, stavano tornando ad essere regolari. Il cuore cominciava a battere regolarmente.
Jimin aveva l'affanno, come se avesse corso per miglia, sotto il sole cocente, senza una goccia d'acqua. Era spaesato e confuso, scioccato.
"T-Taehyung, p-puoi sentirmi?" la voce usciva spezzata, a stento si stava trattenendo dallo scoppiare in lacrime. Doveva essere forte per Taehyung, doveva essere forte per la sua persona. Ma nemmeno quella volta non ce la fece e crollò in un pianto silenzioso.
*
L'unica cosa visibile era uno scenario buio, scuro. Senza un punto di luce, senza nessuno spiraglio di sole. Buio e freddo.
Sembrava un brutto sogno o, meglio, un incubo. Un incubo senza fine, un incubo stancante e terrorizzante. Una corsa verso la fine del tempo, una corsa contro il tempo. Una gara di velocità, per arrivare prima dello scadere del tempo.
Una gara per la lotta alla vita.
"T-Taehyung p-puoi sentirmi?"
Sì, Taehyung poteva sentirlo, poteva sentire la sua voce, il suo tocco, le sue lacrime calde scendere, fino a cadere, toccando la sua pelle fredda, creando un contrasto fastidioso, ma allo stesso tempo appagante.
Si immaginava la figura esile del suo ragazzo, rannicchiato sulla sedia, al suo fianco, mentre gli stringeva la mano. Il suo sguardo che scritava ogni minimo centimetro della sua figura, in attesa di qualche risposta.
Ormai conosceva Jimin, meglio di come conosceva sé stesso. E ne andava fiero, davvero fiero.
Perchè lui sapeva di non aver finito lì, sapeva di avere molto altro da dare a questo mondo distrutto e sfinito, proprio come lui. Ma, cosa più importante, sapeva di poter dar molto di più al ragazzo che amava.
Doveva farcela, ce la stava mettendo tutta. Ogni minimo briciolo di forza che gli fosse rimasto in corpo.
"Taehyung, so che puoi sentirmi,ti prego, ho bisogno di te, abbiamo tutti bisogno di te, non mollare, rimani con noi, torna da noi" e, fu così che il grigio cominciò a vedere in lontananza una piccola luce, fioca, quasi invisibile all'occhio umano. Ma era lì e doveva raggiungerla il prima possibile, prima che sparisse, facendo finire tutto, per sempre.
E cominciò a correre, più veloce che mai. Al buio, al freddo. Correva in direzione di quella piccola luce, ma, più gli sembrava di aver corso, più la luce sembrava distante. Come scappasse dalla rincorsa che Taehyung aveva preso per arrivare a lei.
Ogni passo era sempre più difficile, faticoso. Irraggiungibile.
'PERCHÉ!? PERCHÉ DEVE ESSERE COSÌ DIFFICILE?!" urlò dentro di sé, fermandosi ad osservare quel piccolo barlume di speranza che sembrava volesse allontanarsi da lui. 'P-Perchè non posso svegliarmi, perché non posso vivere la mia vita come un normale ragazzo?!' gli sembrava di piangere, voleva scoppiare in un pianto liberatorio, perché gli sembrava davvero finita.
La piccola luce stava svanendo, il bagliore era sempre più fioco, come se stesse davvero scomparendo, facendogli capire che fosse davvero finita.
'M-Mi dispiace Jimin, non volevo finisse così' voleva urlare, sfogarsi. Ma l'unica cosa che gli passava per la testa era di lasciar perdere, perché la sua speranza se n'era andata. 'È tutta colpa mia.'
'Mi dispiace."
*
La stanza fredda e luminosa della terapia intensiva, sembrava restringersi. Era soffocante, claustrofobica. Jimin stava facendo di tutto per non crollare.
Voleva con tutto il cuore che il suo ragazzo aprisse gli occhi e che puntasse il suo sguardo nel proprio, ma gli sembrava così distante come evento che non riusciva più a crederci davvero. Sì, era speranzoso, ma la realtà era che le convinzioni che lui chiamava 'speranza', erano solo scuse per convincere sé stesso che sarebbe tornato tutto alla perfezione e che avrebbero vissuto insieme amandosi fino alla fine, felici e contenti, mettendo su famiglia e conoscere cosa vuol dire vivere davvero.
"Taehyung ti supplico, non posso vivere senza di te" scosse la testa, continuando ad osservare la mano che ancora teneva stretta la sua. E non sembrava essere intenzionato a lasciarla.
Il suo sguardo vagava lento e vivido, per il corpo inerme del ragazzo, sulla sua pelle nivea. Dalle mani, proseguendo per le braccia magre, fino ad arrivare alle sue labbra, secche ma ancora rosee e delicate, fino ad arrivare ai suoi occhi, chiusi, adornati dalle lunghe ciglia nere.
Si fermò un istante prima di realizzare cosa stesse davvero vedendo. Accertandosi che non fosse davvero un'allucinazione.
Le palpebre chiuse del ragazzo si stavano leggermente muovendo, le lunghe ciglia ballavano con il movimento e, in pochi istanti, i loro due sguardi si incontrarono. Di nuovo.