«you will get through this»
«Ragazzi, svegliatevi» una voce femminile svegliò entrambi. Erano ancora lunghi sul letto di Jimin, l'uno avvinghiato all'altro. Non si erano mossi di un millimetro da quando si erano addormentati.
Il biondo aveva ancora la maglia chiazzata dal bagnato delle lacrime del grigio. Aveva pianto per molto tempo. Si era deciso a smettere solo quando Jimin cominciò a cantare una canzone del suo artista preferito.
Taehyung trovava la voce del suo amico davvero rilassante. Una voce angelica, capace di farti lasciare alle spalle tutti i problemi. Jimin era davvero indispensabile per il grigio. Era la sua colonna portante in quel periodo.
«Siete così carini» la signora strizzò la guancia del biondo, che era seduto sul margine del letto, ricevendo un'occhiataccia come risposta. Taehyung si alzò molto più lentamente. Si stropicciò gli occhi e sbadigliò.
Si vergognava della scenata fatta la sera prima, ma si sentiva al limite. Era al limite della sua sopportazione. Non ce la faceva più.
«Ho qui le medicine, dovete prenderle. Abbiamo già sforato con l'orario stamattina» rimproverò i due ragazzi, la signora.
Al grigio avevano aumentato i farmaci, senza un apparente motivo. Si sentiva stanco, per l'appunto.
Sei pasticche. Ognuna di un colore diverso. Trovava buffa il fatto che avessero dei colori così sgargianti. Colori che mai nessuno avrebbe attribuito alla malattia. Rosso, Giallo, Azzurro, colori vivaci, genuini, attribuibili alla felicità, alla passione. Non ad una 'cosa' che ti logora dall'interno e ti porta fino al confine tra la vita e la morte. Il nero, il grigio e il blu scuro. Quei colori potevano descrivere la situazione attuale dei due compagni di stanza.
Taehyung basava la sua vita sull'arte. Amava collegare ogni faccenda della vita quotidiana ad un colore, ad un quadro. Era sempre stato il piccolo artista della fattoria Kim. Cantava, ballava e dipingeva. Era il suo cavallo di battaglia.
A Jimin invece avevano diminuito le dosi, dicendogli che per ora la situazione era stazionaria e che per il momento non c'era rischio di una ricaduta pesante. Parole che al grigio fecero saltare il cuore fuori dal petto, per la gioia.
«Taehyung, ti avviso di già» sorrise la signora «Nel pomeriggio avrai da svolgere svariati esami. Preparati psicologicamente» ridacchiò sapendo quanto potesse odiare andare in giro nell'ospedale da uno specialista e l'altro.
Il grigio sbuffò annuendo.
La signora uscì, lasciando i due da soli, seduti entrambi sul letto del biondo. Entrambi con lo sguardo fisso nel vuoto.
«Sono un codardo» mormorò Taehyung, rendendo il tono di voce quasi impercettibile. Ma non per Jimin. La voce del grigio arrivò dritta al suo orecchio, per questo decise di spostarsi al suo fianco.
«Nella vita siamo tutti codardi. Abbiamo paura di tante cose e l'unica soluzione che sembra giusta è lo scappare a gambe elevate» spiegò Jimin prendendogli la mano. Taehyung stette zitto. Non voleva replicare, perché sapeva che il biondo non avrebbe mollato.
Si sentiva davvero giù. Aveva paura di tutto, qualsiasi cosa gli passava davanti, qualsiasi cosa gli veniva detta. Aveva paura della sua stessa voce. Aveva paura di svegliarsi e ritrovarsi senza le forze per muovere le braccia o semplicemente per respirare. Aveva paura della sua stessa vita.
Cercava di sembrare tranquillo e sereno per non dar peso alle persone a cui voleva bene. Si preoccupava quando doveva esprimersi. Aveva paura di diventare un peso per tutti.
«Taehyungie, voglio vedere il tuo sorriso» disse guardandolo sorridendo. «Non ce la faccio, non ci riesco» sussurrò tenendo lo sguardo vero il pavimento. Il biondo sospirò «Va bene, diamo tempo al tempo» annuì «però voglio che ti ricordi quanto tu sia diventato importante per me. Sei diventato una delle poche, pochissime persone importanti nella mia vita» mormorò il biondo. Taehyung annuì, rimanendo di nuovo in silenzio.
[…]
Era ora di pranzo e Taehyung venne chiamato, a digiuno, per cominciare tutti quei dannati controlli.
Jimin rimase solo nella loro stanza. Dopo aver mangiato poco e niente del cibo che gli era stato portato, si mise seduto sul letto circondato da colori e matite. Prese il suo sketch book e lo aprì in una pagina bianca.
La conversazione avuta la mattina con il grigio lo aveva ispirato.
Cominciò a disegnare uno scenario cupo, buio. Il nero era il colore dominante. Qualche sfumatura di blu scuro accompagnava quell'atmosfera tetra. Al centro del foglio una figura luminosa, verde chiaro, prendeva posizione. Un salice piangente. I suoi lunghi rami, flessibili, erano rivolti verso il terreno, contornati da foglie strette e lunghe. Disegnò dell'acqua intorno all'arbusto marrone. Il salice era l'albero dell'acqua.
E, come una credenza ebrea diceva, il salice era considerato un albero che aveva il potere di propiziare la pioggia. La pioggia, in grado di lavare, sciacquare e portare via tutti i pensieri negativi. La pioggia che, con quel picchiettio sul terreno, riusciva a calmare entrambi i ragazzi.
Gli sembrava adatto per la situazione. Aveva deciso che, quando il suo amico fosse tornato, quella sera, glielo avrebbe dato, spiegandogli per filo e per segno il suo significato.
Taehyung doveva tornare a sorridere, in qualsiasi modo. E lui avrebbe fatto il possibile per farlo accadere.
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Oncology | Vmin
FanfictionTaehyung e Jimin, due compagni di stanza, in ospedale. La loro vita, per quanto burrascosa sia, insieme, riescono a trovare quel briciolo di serenità, tra una difficoltà e l'altra. «Taehyung, non mi lasciare! Rimani con me!» Urlò il biondo, scoppian...