XXVIII

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«he's your cure»

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«he's your cure»

Il nuovo anno era già entrato da qualche settimana e i due ragazzi stavano proseguendo la loro vita all'interno di quell'enorme e spaventoso edificio. Erano sempre più affiatati e, ogni giorno che passava, il loro amore cresceva a dismisura.

Anime gemelle, separate all'inizio, perse nel mezzo e, alla fine, tornate insieme. Anime gemelle che si erano ritrovate come per fato, per destino.

Nonostante questo, le loro terapie continuavano, le visite si sovrapponevano durante la giornata, tenendo i due ragazzi completamente occupati e con la mente altrove.

«Credo che se non ci fossi tu al mio fianco, avrei già dato di matto da davvero tanto tempo» borbottò Taehyung, sbuffando mentre si allacciava le scarpe per raggiungere poi l'infermiera per l'ennesima visita, programmata all'improvviso.

«Beh, cosa ci vuoi fare, io sono il tuo raggio di sole, non è vero?» lo sbeffeggiò il biondo, sorridendo angelicamente, ricordandosi la grande richiesta che il grigio gli fece tempo addietro.

Sii tu il mio sole

Taehyung arrossì all'improvviso, dando poi le spalle ad un piccolo Jimin seduto sul letto, che se la rideva tranquillamente.

«Che c'è ho detto qualcosa di sbagliato?» continuò a sbeffeggiarlo, cercando di trattenere le risate. Taehyung si passò una mano tra i capelli grigi e si girò, fronteggiandolo. «Chim ti odio» sentenziò guardandolo negli occhi, sentendo di star per scoppiare a ridere anch'esso. Si avvicinò, fino ad arrivare a pochi millimetri dal corpo caldo e minuto di Jimin, gli prese la mano dolcemente e con l'altra gli carezzò la guancia, per baciarlo, infine, delicatamente sulle labbra carnose e rosee.

«Mi odi talmente tanto che non riesci a non baciarmi ogni minuto?» chiese, sorridendogli, stringendo a sua volta la mano, intrecciando le loro dita. «Ti odio talmente tanto che farei le peggio pazzie per te, Chim.» E stavolta fu lui ad arrossire all'istante.

Perchè era vero, Taehyung avrebbe fatto di tutto per il suo piccolo e amato Jimin. E, piano piano, glielo stava dimostrando con tutti quei gesti compiuti nei suoi confronti.

«Ops, forse ho detto qualcosa di sbagliato?» e ridacchiò, allontanandosi dal biondino per prendere una felpa da indossare. Jimin mormorò una frase incomprensibile, trasportato dall'imbarazzo, che Taehyung nemmeno intercettò.

Poco dopo aver scoccato un altro bacio sulla guancia soffice e paffuta di Jimin, Taehyung dovette lasciarlo da solo per seguire l'infermiera che lo avrebbe portato a fare una visita a lui sconosciuta, come la maggior parte delle volte.

Così, il nostro biondino, si stese sul letto e cominciò a pensare, guardando il soffitto, senza mai spostare lo sguardo. Si sentiva completo, quando aveva Taehyung al suo fianco e al solo pensiero si ritrovava a sorridere, sorridere serenamente e spensieratamente, come mai aveva fatto da quando aveva messo piede dentro quella struttura.

Un'infermiera passò nella stanza, avvisandolo che la capo reparto lo avrebbe convocato nello studio medico urgentemente per parlare di questioni delicate, ergo, gli avrebbero detto come il suo organismo stesse reagendo a tutta quella grande quantità di farmaci e stress, se stesse meglio o, se alla fine, fosse peggiorato.

Nel reparto non amavano usare termini specifici, nessuno li usava. Come se fossero un tabù, qualcosa di impronunciabile. Come se una persona malata non sapesse a cosa stesse andando incontro nella sua vita. Ma Jimin ormai ci era abituato e non ci faceva più caso.

Quindi si alzò dal letto e si cambiò velocemente, sapendo che a momenti avrebbe ricevuto la chiamata dall'infermiera e si sarebbe dovuto dirigere dalla donna. E così, infatti, fu.

Pochi minuti dopo si ritrovò davanti alla porta grigia dell'ufficio del medico, dove bussò e aspettò una risposta, prima di entrare.

«Jimin, dillo che ti ero mancata» ridacchiò la donna, invitando il ragazzo a sedersi sulla poltroncina rossa. «In realtà? Affatto» ridacchiò anch'esso, accomodandosi. «Come mai sono qui? Ci sono stati cambiamenti?» chiese affrettato, guardandola negli occhi quasi con timore.

Perchè, diciamocelo, non si è mai pronti a nulla quando ci si ritrova a vivere in ospedale. Nemmeno quando la tua vita è incentrata tutti i giorni lì, da anni. Non ci si abitua mai, a nulla.

La donna prese una grande boccata d'aria, prima di alzarsi e levarsi il camice. «Sono arrivati tutti i referti degli esami» la donna annuì più a se stessa che al ragazzo. «Ma voglio visitarti prima di parlare» disse seria, per poi dire al ragazzo di stendersi sul lettino.

Dopo una decina di minuti Jimin si rialzò e si rivestì, infilandosi frettolosamente la maglia a causa del freddo, sistemandosi poi di nuovo sulla poltroncina rossa, mentre la donna tornò al suo posto, dietro la scrivania.

«Sarò schietta Jimin, perché ormai ti conosco e so che non ti piace quando giriamo intorno agli argomenti così» cominciò, guardando lo schermo del computer.

Jimin stava fremendo dall'agitazione. Si torturava il labbro inferiore con i denti, le sue dita che si sfregavano tra di essere e il respiro pesante.

«Il tuo tumore» spostò lo sguardo negli occhi pieni di confusione e irrequietezza «è regredito.»

E fu così che a Jimin si mozzò completamente il fiato.

«Non ce lo spieghiamo come, nessuno dell'equipe è riuscita a capire come in così poco tempo tu possa aver avuto un successo così» la donna gli sorrise, con gli occhi pieni di lacrime. «Jimin, potresti davvero guarire del tutto» e così una lacrima calda le rigò la guancia, felice come una madre potrebbe esserlo per il proprio figlio.

Jimin era incredulo, non riusciva a realizzare.

«Anzi, un'idea ce l'abbiamo fatta» si asciugò con il dorso della mano la guancia.

«Taehyung.» Annuì, facendo tornare a respirare il ragazzo «Da quando quel ragazzo è qui con te sei migliorato. Jimin lui ti fa bene, lui ti migliora e di conseguenza il tuo organismo reagisce.» La donna si alzò di nuovo, andando davanti al biondino.

«Taehyung è la tua miglior cura.»

Oncology | VminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora