Capitolo 17

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Jun pov

mia madre..."

"Cosa...?"

Non feci in tempo a dire altro perché quella donna ci aveva raggiunto, aveva preso Soo per un braccio e la stava portando verso l'auto.
La spinse dentro urlandole di salire. Chiuse lo sportello. Salì anche lei e la portò via, sotto gli occhi di tutti con quella mezza scenata.

Rimasi qualche momento lì immobile a ripensare a quello che era successo, poi mi avviai verso casa deciso a parlarle il giorno dopo. Volevo capire cosa stesse succedendo, perché sua madre l'avesse portata via in quel modo e perché mi stesse lontana.

Tuttavia il giorno dopo a scuola fu la stessa storia: per tutto il giorno mi evitò, se mi vedeva per i corridoi si girava dall'altra parte e se ne andava; se io provavo ad avvicinarmi e a rivolgerle la parola o rimaneva immobile e muta o si liberava dalla mia presa e scappava.

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Soo pov

Martedì dopo la scuola mia madre si presentò davanti all'edificio e mi fece montare in macchina urlando, io non reagii lì per lì per evitare scenate davanti a tutta la facoltà e a Jun, ma appena montammo in macchina mi misi ad urlare. Ma chi credeva di essere per potermi portare via così, non aveva alcun diritto di controllarmi ancora a quel modo, io ero maggiorenne da un po' ormai, ma lei si ostinava a controllarmi e a sapere sempre tutto e quando le riversai addosso questo fiume di parole poco gentili e educate, sentii un forte dolore alle labbra: guidando aveva allungato una mano per tirarmi uno schiaffo e mi aveva preso proprio sulla bocca. La sentivo tutta gonfia e dolorante, calda e continuavo a inumidirmi le labbra perché bruciavano.

Questo gesto mi fece zittire; mi voltai verso il finestrino e sentii le lacrime che cominciavano a scorrere senza che io potessi controllarle.
Arrivammo a casa, la casa dove ero cresciuta, e mi fiondai direttamente in camera mia, dove mi chiusi a chiave per non uscirne più se non la mattina dopo, quando lei ancora dormiva, per andare a scuola.

Verso l'ora di cena venne e abbassò la maniglia per entrare (ovviamente senza bussare, come suo solito), ma sentendo la resistenza della serratura bloccata, si infuriò.

Cominciò ad urlarmi contro che sotto il suo tetto io non avevo alcun diritto ad una stanza che fosse mia, che era comunque roba sua e che avrei dovuto aprire la porta o non avrei cenato.
Io, con quello che era successo, avevo anche perso l'appetito, così le risposi, con tono di chi se ne frega altamente del proprio interlocutore, che non avevo fame e poteva mangiare lei fino a strozzarsi.

Dopo questo, lei cominciò a dare dei forti colpi alla porta come se volesse buttarla giù. Sapevo che non c'era pericolo perché di sicuro, piccola com'era, non avrebbe certamente avuto la forza di farlo.
Mi faceva stare male essere trattata in quel modo da mia madre, io le volevo bene, ma dalla morte del mio patrigno, il nostro rapporto era degenerato fino a quel punto; già prima non era dei più belli, nel senso che spesso mi urlava contro e pretendeva troppo da una ragazzina della mia età, ma dopo che lui morì, non so se la incolpassi o se lei si incolpasse, in ogni caso, il nostro rapporto divenne quello che era: lei che urlava e mi insultava e, quando aveva la scusa e l'occasione, mi picchiava. Ecco perché io scappavo spesso da Yun.

Il giorno dopo uscii per andare all'università, quando mia madre ancora dormiva, così potei fare le mie cose con calma.
In facoltà continuavo a vedere Jun ovunque, ma non avevo intenzione di fermarmi a parlare con lui. Non so se mi vergognassi per quello che era successo il giorno prima, o semplicemente non volevo dover parlare di mia madre; probabilmente entrambe.

Fu difficile evitarlo tutto il giorno, ma alla fine, anche se era riuscito a bloccarmi qualche volta, non gli rivolse né uno sguardo né la parola.

Anche quel giorno, a fine lezioni, uscii dal cancello e trovai mia madre che mi aspettava in macchina. Montai sul sedile posteriore ignorando i richiami di Jun.

"Chi è quel ragazzo Soo?"

"Nessuno..."

Mi chiese altro, ma io non la ascoltai neanche.
Arrivammo a casa e andai in camera mia, ma quando feci per chiudermi a chiave, vidi che la chiave non c'era più.

Andai da lei e le feci una scenata, perché avevo tutto il diritto di chiudere dal momento che lei entrava nelle stanze degli altri senza bussare.
Ci fu uno scambio di insulti e poi io scappai a chiudermi in camera, bloccando la porta con quello che avevo: il cassettone dei vestiti, il letto, la scrivania, un po' tutto. Si avevo praticamente distrutto la stanza per bloccare la porta.

Per fortuna non riuscì ad entrare neanche quella sera, che andò esattamente come la precedente. Il giorno dopo sarebbe stato l'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di natale. Io non avevo voglia di passare il Natale con quella strega.

Ricevetti un messaggio verso le undici e mezza della sera, poco dopo aver sentito mia madre andare a letto urlandomi qualche insulto prima di chiudere la porta. Era Jun.

<Ciao,
Non so cosa sia successo, ma credo che ne dovremmo parlare... domani non evitarmi. Mi ha fatto davvero arrabbiare oggi.>

Io non risposi neanche, lessi il messaggio e poi spensi subito il telefono. Mi misi le cuffiette e mi buttai a letto ancora vestita e mi addormentai.

SalvamiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora