Capitolo 20

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Soo pov

"Buongiorno piccola"

I ragazzi erano tutti lì. Jun mi presentò agli altri e poi chiese di lasciarci soli.
Mi fece sedere sul divano.

"Sehyoon ha parlato con tua madre ieri. Soo, tu sei già maggiorenne, non ti costringe nessuno a stare con quella donna. Questo è quello che le ha detto e anche che se lei avesse chiamato la polizia, se avesse detto che ti avevamo rapita, noi avremmo raccontato tutto e i tuoi lividi sarebbero stati la nostra prova."

"Jun ti prego..."

"Potrai restare qui, Donghun non c'è e abbiamo un letto in più. Per le tue cose non preoccuparti, le riavrai in qualche modo e quello che non riuscirai a riprenderti lo potremo ricomprare ok? Non ti devi preoccupare più di nulla.
Vieni qui."

E mi abbracciò. Io, sentendo il calore del suo corpo e la forza delle sue braccia che mi stringevano la vita e le spalle, mi lasciai andare, appoggiai la testa sulla sua spalla ed esplosi in un forte pianto liberatorio. Venni invasa da mille sensazione diverse, mille sentimenti contrastanti. Ero così sollevata e felice, ma avevo paura, ero terrorizzata e volevo scappare, ma allo stesso tempo speravo che non mi liberasse più da quella stretta così tenera e salda. Ma quando i singhiozzi e le lacrime si furono fermati, si allontanò da me per guardarmi negli occhi.
Il suo sguardo era tenero e pieno di compassione.
Provava pena per me.

Mi asciugò con un dito le ultime lacrime che ancora si ostinavano a voler scorrere sulla mia pelle e mi rivolse un sorriso.

"Va meglio ora?"
Feci segno di si con la testa e lui mi diede un rapido e dolce bacio sulla fronte.
Lo guardai negli occhi e sorrisi anche io.

"Mi dici cosa ti ha fatto per ridurti così?"
Stava indicando i lividi che macchiavano il mio corpo.

"Non quello che credi tu..."
Non mi uscì che un filo di voce quasi impercettibile.
"Abbiamo discusso e andandomene sono inciampata e caduta dalle scale..."

Alzò un sopracciglio come a dire che non era per nulla convinto, ma anche se non mi credeva, quella era la verità. Avevo litigato con lei, le avevo risposto male, me ne ero andata e, arrivata in cima alle scale, mancai l'ultimo scalino, persi l'equilibrio e rotolai giù per tutta la rampa.

Si era alzato ed era andato in cucina dai ragazzi per poi tornare con dei fazzoletti e una tazza di caffè.

"Asciugati le lacrime, bevi il tuo caffè, vestiti e vieni con me."

Spalancai gli occhi. Andare con lui? Dove?
Sorrise divertito e mi spettinò i capelli.

"Ti avevo promesso un appuntamento speciale no? Beh vestiti e andiamo."

Decisi di non discutere, magari mi avrebbe fatto bene uscire, anche se non avevo nessuna voglia.
Mi vestii un po' a caso: maglione bianco di lana, con il collo alto e dei jeans chiari e sopra la mia solita giacca nera, la sciarpa bianca e il cappello. Scarponcini neri ed ero pronta. Quello che vedo addosso quando mi sono venuti a prendere a casa di mia madre.

"Andiamo?"

"Si, sono pronta."

Salimmo in macchina e partimmo per una meta a me ancora sconosciuta.

"Dove mi stai portando?"

"È una sorpresa."
Sorrise compiaciuto vedendo con la coda dell'occhio la mia smorfia contrariata. Credevo non potesse vedermi perché stava con gli occhi fissi sulla strada e avevo borbottato qualcosa con quella smorfia infastidita. Non mi piacevano le sorprese, non quando non riuscivo neanche a intuire cosa potesse essere.

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