Emma
12 dicembre 2017, Milano
Il freddo. Quello che in una mattina di dicembre, senti entrare dalla finestra, di una stanza che palesemente dall'odore non è la tua. Apro gli occhi.
Dio che brutta sensazione. Guardo fuori, o almeno tento, e vedo neve. Credo che non la vedevo da un bel po, e si nota che mi trovo a Milano per la prima volta, dato che qui in inverno, la neve è un'abitudine. La vedo scendere soffice, fredda. Come me ora.
Ed è questa immagine, cosí fredda, glaciale che mi fa rendere conto.
Mi rendo conto solo ora di cosa ho passato. Di cosa abbiamo passato.
Ora sono sola...e nemmeno quello che mi era rimasto c'è più.
E non era qualcosa e basta. E pensarci ora in questo modo, mi uccide. Uccide anche me.
Tento di muovermi, ma probabilmente il mio cervello ha dimenticato dove mi trovo.
Ha dimenticato che sono in clinica e che ora mi sono risvegliata, ha dimenticato quello che è successo negli ultimi due giorni.
Avete presente l'istante preciso in cui la neve tocca terra e si scioglie, diventando del tutto liquefatta?
Io ieri mi sono sentita esattamente così. Ora non sono più niente, proprio come la neve, dopo che una volta diventata acqua, si asciuga.
Ho perso, abbiamo perso. Sono arrabbiata perché ho fatto l'ennesima cazzata.
"Franci.."sussurro chiamando l'unica mia ancora di salvezza, l'unica che mi sta accanto da sei mesi in questa vita "nuova" a Milano. L'unica che sa davvero come sono andate le cose e forse se sono ancora viva é grazie a lei. Lei sa che ho passato in questi mesi, sa che ci ho messo tutto in qualsiasi cosa abbia fatto, a partire da Luglio fino ad adesso. Nella musica, nella vita, per la sua vita, ho sfoggiato il mio sorriso migliore.
Ti svegli una mattina tutto sembra perso e vinci.
Ti svegli una mattina, hai il mondo in mano, e perdi tutto.
In 6 mesi ho toccato il fondo, e sono risalita, ma adesso non ne vale più la pena, adesso non mi rialzo più.
"Tesoro"si alza da quella sedia che come il resto della stanza, sembra tutto, tranne quella di una clinica. Viene verso di me, intenerita e mi accarezza. Ci teneva anche lei. Ci tenevamo entrambe, anche se lui non c'è , ci tenevamo entrambe, eravamo contentissime. Anche appena l'ho scoperto. Ero felice. E ieri, prima che succedesse tutto, ero pronta ad abbattere quel muro, che io stessa ho alzato, e a partire per New York, dicendogli tutto. Sarebbe stato tutto perfetto, saremmo stati felici, forse.
Francesca mi dice che va un attimo a chiamare il medico, lo avviserà che sono sveglia e tra qualche ora torneremo a casa.
E resto di nuovo sola.
E sarò sola. Perché nessuno mi potrà capire. Nessuno.
Non so che si fa adesso. Io potrei anche non fare nulla e lasciarmi andare. Perché nessuno potrà farmi star bene, nessuno mi porterà da lei, che è l'unica che potrebbe farmi stare bene.
Sola.
Come un'ora fa in sala operatoria. Solo che un'ora fa lei c'era ancora, ora non c'è più e io mi sento sempre più vuota. La mia mano destra, tocca la pancia e sente il vuoto. E poi penso che la vita è solo una presa in giro. Sarei potuta essere la persona più felice del mondo, invece mi ritrovo a diciott'anni a vivere l'esperienza più brutta di sempre, crescendo troppo in fretta, diventando troppo matura.
Sola.
Sola perché adesso l'unica che mi è vicino, è Francesca.
I miei, sanno tutto, ma non li ho voluti ora con me. Doveva essere una cosa mia.
Lo stesso vale per i miei amici del liceo.
E poi sono sola, perché lui non c'è. Il problema è che l'ho allontanato io, a Luglio. Lui mi odia, ma se avesse saputo, per come è fatto sicuramente mi sarebbe stato accanto. Alla fine è lui che mi ha fatto un regalo bellissimo. Ma d'ora in poi devo rimuovere tutto.
Che ne vorrà sapere di me?
Gli ho distrutto l'unica cosa che forse avrebbe potuto riconciliarci.
Di scatto mi volto, quando vedo il medico, con l' infermiera entrare, seguito da Franci.
Mi fa un sorriso quasi da pena, sicuramente sarò uno dei suoi casi rari.
"Come stai Emma?"mi chiede mentre controlla il macchinario che è alla mia destra, e mentre l'infermiera mi sistema la flebo, che mi fa un male cane.
"Male, va tutto male" mi sorride ancora e deve ringraziare che io sia debole adesso, perché con quel sorriso da ebete lo ammazzarei. Lo odio.
Controlla qualcosa, e senza che io chieda nulla, parla come se niente fosse. Capisco sia abituato, ma tutta questa freddezza non la reggerebbe nessuno.
"Allora Emma. Ascoltami bene. Il raschiamento ha avuto il suo effetto. Per adesso non senti nulla, dato che sei ancora sotto sedativo. Tra un po torni a casa e devi solo riposare. Poi tonerai per un controllo e soprattutto per i punti. Ricordati che è stata una cosa non dovuta a te, né a quello che hai mangiato. Semplicemente è stata una cosa dovuta alla tua fisicità, ancora troppo piccola. E mi dispiace, perché è una gravidanza che poteva andare davvero avanti.L'importante ora"dice abbandonando totalmente da me lo sguardo e voltandosi verso Francesca "é che le stiate vicino e che tu Emma ne parli con qualcuno. Il prima possibile."Mi sorride nuovamente e va. Ho capito di cosa sta parlando. Vuole mandarmi da uno psicologo?
Ma realmente in questi casi uno psicologo può essere una cura?
Non c'è una cura.
Francesca mi si avvicina con l'infermiera per aiutarmi ad alzarmi. E io sprofondo tra le sue braccia. Non è giusto. Penso. Penso che non mi ci vorrà una psicologa, non mi basterà, a me bastava la mia bambina.
E piango. Ininterrottamente pensando alla mia piccola bambina, che adesso non c'è più e che io non ho mai conosciuto.Sei mesi fa, faceva caldo. Io cercavo di andare avanti, dopo aver rinunciato a Stefano, e di affermarmi sempre più come cantante.
Era luglio. E dalla nostra ultima notte assieme erano passate si e no tre settimane. Le mie continue nausee, e sbalzi d'umore, portarono Francesca a credere davvero che fossi incinta di lui.
E c'aveva azzeccato.
Ero incinta.
Ma Stefano, non c'era.
Era a New York, ed ero io ad aver assecondato questa scelta.
Quando la ginecologa me lo disse, scoppiai in lacrime, proprio come ora. Ma mai avrei pensato di affezionarmi tanto a quel bambino. Lo comunicai ai miei, ai miei amici, ma non a lui. Stefano aveva chiuso qualsiasi contatto con me e pur di non avere una porta sbattuta in faccia, sono stata zitta e ho chiesto a tutti di fare altrettanto. Poi pian piano fui felice. Io amavo ciò a cui avevamo dato vita. L'idea di crescere un bambino mi è sempre piaciuta. E poi il fatto che fosse anche di Stefano, mi rendeva fiera e curiosa, perché sapevo che sarebbe stata una bellissima creatura, la nostra creatura.
Poi sono passati 5 mesi. E con loro tante cose: le tutine, la scoperta del sesso-sarebbe stata una bellissima bambina-la felicità, che ieri mi stava portando all'aeroporto per volare a New York, dal suo papà, per dirgli tutto, dopo la visita ginecologica.
La visita ginecologica.
Cosa è successo ieri?
Ero con Francesca, iperfelice, come ogni mese, e su quel lettino, tutto si è spezzato. Bloccato.
Anche il cuore della nostra bambina si è bloccato. Non batteva più.
La dottoressa non sapeva come dirmelo. Dovevo sentire il suo cuoricino come sempre, ma non lo sentivo più. Ho visto lei abbassare lo sguardo. E ho capito tutto da sola. Ho chiesto come fosse possibile, che mi sarebbe successo e l'unica risposta è stata che avevo un corpo troppo esile e poco sviluppato. Il pericolo "aborto" doveva essere ormai superato dopo il terzo mese. E invece no.
Avevo bisogno di un raschiamento urgente; mi avevano anche proposto di partorire naturalmente. Ma come si fa a farlo con una creatura che non esiste? Che non nascerà? Che non sentirà, non vedrà?
Ho voluto un cesareo, volevo essere addormentata. Di dolore, bastava il mio, non volevo vivere la morte. Non so che fine ha fatto la mia bambina, non voglio rivederla, dicono che esiste un cimitero per questi "bambini mai nati."
Non so se riuscirò mai ad andarci, ma ho chiesto a Francesca di occuparsi di questa cosa. Per adesso. È l'unica con cui davvero riesco ad aprirmi.
Ho avuto un raschiamento.
Quello che loro chiamano raschiamento è in realtà un intervento per rimuovere la mia piccolina da dentro di me, perché non respira più, è morta.
Quelli che loro chiamano tessuti...quella è la nostra bambina.
E tutto questo non è giusto.
Non potevo non svegliarmi più da questa anestesia?
Non potevo andare via con lei?
Che senso avrà vivere?
Perché torno a pensare a Stefano ora?Mi sento così, come neve.
Ecco a voi il primo capitolo di questa nuova avventura! So che magari il primo capitolo non è proprio come lo immaginavate, ma é importante partire da qui.
Grazie a tutte🎈