Ventidue

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Emma








Osservo il palmo della mia mano destra, e rivivo quella scena. Ho ritoccato il suo volto, ormai barbuto, con una sberla. Mi sono fatta del male da sola. Di nuovo. Quello schiaffo ha risvegliato tutto quello che in un anno ero riuscita a placare. Mi ha riportato a tre anni fa.

Appoggio la cicca dell'ennesima sigaretta nel posacenere e tossisco per il troppo fumo.  Al liceo non avrei mai immaginato di ritrovarmi a fumare, cosi tanto, invece adesso è diventata quasi un'esigenza.
È vero, canto e so perfettamente, che potrebbe guastare la mia voce.
Eppure, non ne posso far a meno.
Sarà lo stress.
Saranno le vicende degli ultimi giorni.
Forse sto esagerando, mi conviene davvero tornare a letto, sennò domani in studio di registrazione sembrerò uno zombie.
No, dai aspetto un altro po.

Il soffio del vento mi stordisce, facendomi rabbrividire, e decido di stringermi ancora un po', nel mio maglione di lana. Certo che se continuo avanti così, mi manderanno in un manicomio sicuro. Sono quattro benedetti  giorni che me ne sto chiusa in casa, e mi sento sempre più angosciata.
Credo di aver sbagliato tutto.
Anzi, non lo credo, lo penso sul serio. A casa di Elena é successo un disastro e se all'inizio nei confronti di Stefano provavo solo rabbia, adesso mi sento maledettamente in colpa. Ho 21 anni, me lo riesco  a capire quando sbaglio. E stavolta ho fatto un casino, uno di quelli che non si può recuperare più.
Doveva dirmi che riceveva le lettere molto prima, ma anche lui meritava e merita ancora delle spiegazioni.
Merita di sapere.
Tuttavia per come stanno messe le cose, credo sia impossibile rimediare. L'altra sera sono stata malissimo. Quando ha detto davanti a tutti delle lettere, quando ha osato dirmi che l'ho preso per il culo, ho  sentito il cuore uscirmi fuori dal petto. È stato tremendamente severo, crudele e non doveva permettersi.
Sono fuggita da casa di Elena come una ladra e poco dopo ho sentito Marcello rincorrermi. Il nostro amico mi ha preso il polso, e ha evitato il peggio.
Si, perché quando faccio di testa mia ultimamente le cose non vanno mai bene.
Marcello mi ha fatto tuffare tra le sue braccia, e io sono scoppiata in lacrime: le ho sprecate tutte, non ce la facevo più. Marci mi ha detto che lo sapeva, che quando é andato a trovare Stefano in albergo aveva visto una delle lettere ed era rimasto sconvolto. Ma non ha voluto dire niente prima, perché aveva paura di rompermi.
Ma io già sono rotta.
Quando sono tornata a casa, credo di aver realizzato tutto. Ho ignorato le chiamate dei miei amici, e ho ascoltato solo Francesca, a cui ho dovuto raccontare tutto. Franci non è riuscita a parlare, forse è rimasta sconvolta anche lei. In realtà sono io che non ho voluto dire una parola in questo giorni. Ho pensato, ripensato a quello che mi è accaduto, e tuttavia non sono ancora certa della mia conclusione.
Lo scricchiolio della finestra del balcone, mi fa risvegliare da questo stato di estasi, totale, e mi volto per ritrovare il mio angelo custode.
"Em sono le due, si gela, vuoi rientrare?"e ringrazio mentalmente Dio per aver mandato una persona come lei nella mia vita; altrimenti non saprei nemmeno dove mi troverei adesso.
"Arrivo, arrivo."
Tiro su col naso, e sono poco convinta che il mio lacrimare sia causato dal freddo.
Francesca sta per rientrare, ma si ferma e decide per un po, di prendere spazio su una delle sedie di vimini, poste qui fuori. Caccia, dopo poco, il suo telefono e io alzo un sopracciglio: "Fra davvero, non chiamare nessuno, è tardi, e io starò bene."
La mia manager sembra non ascoltarmi, anzi. Rientra dentro e dopo qualche minuto è di nuovo qui fuori con un tovagliolo e una penna.
Io lo dico sempre che questa donna lavora troppo.
Scrive qualcosa, ma io continuo a non capire.
Mi consegna il pezzo di carta e nel notare un numero di cellulare, alzo lo sguardo: "mi spieghi che stai combinando? Di chi è questo numero?"
Mi sorride, e inizia a spiegarmi: "è il suo numero Em. Ieri sera mi ha chiamato da New York, e lo ha fatto perché ha bisogno di parlarti, anche se non lo dice. Ha bisogno di andare oltre quelle lettere. E so che ne hai bisogno anche tu, altrimenti di tutto quello che hai dentro, non te ne libererai mai."
Riguardo sconvolta Francesca, e poi controllo il numero.
Ma come ha fatto?
Come faceva ad avere il suo numero? E perché Stefano ha chiamato lei?
Che cosa si sono detti?
Vorrei farle centomila domande, ma non ci riesco. E forse resto nel mio, perché so che la mia amica ha ragione. Mi fa male la testa, sono piena di incertezze, e comprendo perfettamente le sue parole. Franci si avvicina a me: "Em, lo so che è difficilissimo, ma lui merita di sapere. Anche dopo tre anni, lui merita di sapere che dentro di te cresceva qualcosa, che era anche sua. Merita di sapere che stavi andando li, da lui quando hai scoperto tutto. Merita di sapere quello che hai passato, perché non è giusto che tu viva tutto questo da sola. Non è più giusto. Buonanotte."
Mi abbraccia e io resto di nuovo qui da sola. Quando realizzo il peso di quello che ha detto, sento un forte bruciore allo stomaco, la gola pizzicarmi, e il volto sempre più caldo a causa della quantità di lacrime, che probabilmente sto solo sprecando. Recupero la tutina rosa al mio fianco e la stringo a me. Ne ho bisogno. Ho bisogno di sentire tra le mie braccia, mia figlia. Ho bisogno di immaginarla. Stringo il pile tra le mie mani e decido di farmi forza. Recupero il cellulare dalla tasca e lo sblocco.
Basta, devo farlo.
Ricopio il numero, in maniera fin troppo precisa e invio il messaggio: "devo parlarti". So che è ripartito, so che sarà quasi impossibile, ma c'è qualcosa che in un modo o in un altro mi spinge ad aspettare che lui risponda, che trovi una soluzione. Decido di tornare dentro e provare a riposare. Mi tuffo sotto le coperte, cercando di trovare anche solo un po' di serenità, ma a calmarmi per un attimo è una notifica del cellulare. Quel numero così sconosciuto e allo stesso tempo familiare, risponde: "Anche io, sabato sarò a Milano."

Devo raccontargli tutto.

Devo.
Ne ho bisogno.
Alla fine non c'è nessuna differenza. Ma non per un obbligo morale, non per la coscienza pulita. Lo faccio e basta perché ho bisogno di dividere un peso. Ho bisogno di capire, se lui può salvarmi.
Perché le ferite si stanno riaprendo.
E stavolta, se non faccio in fretta, non si cicatrizzeranno più.





Ebbene si! Stefano dopo tre anni dal primo e ultimo incontro con Francesca, l' ha chiamata e chissà se quello schiaffo abbia risvegliato in un modo in un altro anche lui. Secondo voi? Emma sarà capace di farsi effettivamente avanti? Stefano torna a Milano dopo poco...lo fa solo per Emma? Fatemi sapere!

Come neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora