Ventotto

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Emma


Me l'avevano detto.

Me l'aveva detto Franci, mia madre, Arianna, la psicologa. Quel momento sarebbe arrivato. Non me lo sarei aspettata. Forse non l'avrei nemmeno potuto immaginare, me lo sarei sentito dentro. Non avrei potuto più reggere quel peso.

Quel momento é arrivato. Lo sento adesso, mentre sono stesa sul letto e Stefano mi stringe il fianco, senza mollare la presa. Vorrei dire che abbiamo sbagliato, che quello di stanotte é stato un errore, me non è così. Io sono stata bene, non stavo così bene da anni. Mi sono svegliata e ho sorriso. Mi sono sentita me stessa, mi sono ritrovata, mi sono sentita amata. E l'amore è così forte che non ci riesco. Non riesco a pensare di dover mentire ancora alla persona che stanotte ho amato di nuovo, al padre della mia bambina. Stanotte si è dimostrato un uomo buono, leale, in ogni suo tocco c'era la brama, la passione, il desiderio di avermi per sè. Si é dimostrato maturo nell'aspettarmi, aspettare che gli dicessi di sì, senza forzare, proprio come la prima volta. La nostra prima volta. 

Mi giro verso di lui e lo osservo. Sembra rilassato, ha le labbra secche, e i capelli scompigliati. Vorrei lasciarlo dormire ancora, ma io non ce la faccio più.

"Ste"lo chiamo sottovoce, ma non apre gli occhi.

"Stefano"niente. Si smuove un po' e si avvicina a me.

Tiro su un sorriso mentre lentamente apre gli occhi e mi stringe tra le sue braccia. Non ricambio. Metto la testa nell'incavo del suo collo e per un po' rimaniamo così.

"Buongiorno"sussurra, e da quelle parole, non posso far altro che percepire serenità, qualcosa che fino a ieri non riuscivo a considerare. Inizia a far scorrere le sue dita sotto la canotta che indosso, e mi irrigidisco per i brividi creati.

"Ste.."gemo e tento di staccarmi piano piano. Lui continua. Sembra non volersi fermare e vorrei tanto vedere, vorrei tanto riprovare ciò che ho provato stanotte, ma non posso. 

"Stefano no"divento fredda, approfitto della sua titubanza per staccarmi da lui, e alzarmi dal letto. Dopo un lieve capogiro, stringo i pugni mentre decido di farmi forza.

"Ho bisogno di parlarti. Ė urgente." Vado verso la cucina, e sento i suoi piedi scattare fino a quando non mi prende la mano e ha gli occhi lucidi: "non é stato un errore vero? Non vai via?"

Ha evidentemente paura, e vorrei dire lui che non é così, che non deve avere paura, perché in ogni caso sarà lui a mandarmi via. Non vorrà una persona bugiarda, non mi vorrà più guardare in faccia. 

"Non è stato un errore, però ho bisogno di dirti tutto" sospira leggermente e il suo tocco si rilassa.  "Ora sento di essere pronta."

Muove il suo sguardo da destra a sinistra, riflette, mi osserva e so bene che sta provando a leggermi dentro: "facciamo così. Sediamoci e facciamo colazione. Io sono qui e ti aspetto."



Dopo poco siamo seduti sulla penisola. Il mio caffè si è ormai congelato, mentre la mia mente continua a cercare un modo per iniziare questo discorso tanto pesante. Mi viene da piangere al solo pensiero. Guardo il liquido scuro nella tazza, per distogliere lo sguardo da lui, lui che mentre io sto con la testa altrove, dice per la prima volta il nome di sua  figlia, lasciandomi senza parole: "Em, chi è Chiara?"

Resto interdetta. Cerco di non pensare a quello che ha detto: "tu..come lo sai?"

Lui sembra tranquillo, sereno, mentre io sto tremando, per la paura.

Come neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora